Come proteggere il design di un sito?

Come proteggere il design di un sito?

di A. Canova (Patnet.it) - Quando si può ricorrere contro qualcuno che ha copiato un sito senza riconoscere all'autore alcun diritto di paternità? Come difendersi contro certi abusi? Il quadro normativo
di A. Canova (Patnet.it) - Quando si può ricorrere contro qualcuno che ha copiato un sito senza riconoscere all'autore alcun diritto di paternità? Come difendersi contro certi abusi? Il quadro normativo


Roma – Si può ormai considerare unanimemente accettato il fatto che anche un sito internet sia ricompreso tra le “opere dell’ingegno di carattere creativo” ai sensi della legge n. 633 del 1941 (articolo 1) e quindi tutelato mediante la disciplina del diritto d’autore. Non sembrano esservi dubbi infatti che, per le scelte tecniche e/o estetiche del web designer, anche questo tipo particolare di opera possa presentare un grado di creatività tale da meritare questa forma di protezione giuridica.

Ma quanto deve essere creativo un sito per poter essere protetto dal diritto d’autore?
Per usare le parole della Suprema Corte, “per la protezione d’autore è sufficiente la sussistenza di un atto creativo se pur minimo suscettibile di estrinsecazione nel mondo esteriore, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consista in idee e nozioni semplici comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia” (Corte di Cassazione – Sez. I civile – 12 marzo 2004 n. 5089).

Visto dalla peculiare angolazione dei web designer, quanto affermato può apparire confortante, dal momento che il diritto d’autore nasce automaticamente con la semplice creazione dell’opera (articolo 6 della legge citata, da ora LDA – Legge sul Diritto d’Autore) ed a prescindere dal grado di complessità del sito internet realizzato. Così affermando, si può validamente argomentare che ogni sito internet che possa definirsi creativo (nel senso appena accennato) ed originale (cioè non copiato) è tutelabile contro eventuali abusi.

Il problema, tuttavia, è che quanto più si abbassa la soglia di creatività richiesta per la tutela di un’opera dell’ingegno (la Cassazione proposta parla, lo ribadiamo, di un “atto creativo seppur minimo” ) tanto più deve essere simile all’originale l’opera che si assume abusiva. Vale a dire che se la creatività richiesta per la nascita del diritto è minima, la somiglianza richiesta per l’ enforcement dello stesso diritto deve essere massima, fino a sconfinare nel concetto di “copia pedissequa”.

Nel caso di siti internet (ma il discorso è valido per qualunque opera dell’ingegno), questo significa che l’esistenza fin dalla creazione di un diritto d’autore potrebbe di fatto tramutarsi nell’impossibilità di tutelare il proprio sforzo creativo nel momento in cui un terzo realizzasse un sito anche molto somigliante ma comunque minimamente originale e quindi non “copiato”. A conferma, ancora la Suprema Corte ha affermato che “il requisito dell’originalità va interpretato in chiave soggettiva, nel senso che è sufficiente che l’opera sia frutto di uno sforzo intellettuale indipendente” (Cassazione Penale, 24 Aprile 2002).

Esiste dunque modo di tutelare la creatività estetica di un sito web contro forme parassitarie che non sconfinino in una copia pedissequa?

Una possibile soluzione per ampliare lo spettro di tutela oltre i ristretti limiti del diritto d’autore potrebbe essere quello di ricorrere alla disciplina della concorrenza sleale ex artt. 2598 e seguenti del Codice Civile. In particolare, l’articolo 2598 cita: “ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi (2563 e seguenti) e dei diritti di brevetto (2584 e seguenti), compie atti di concorrenza sleale chiunque:
1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un concorrente (…)”.

In tal senso, anche la copia minimamente creativa di un sito internet potrebbe divenire tutelabile in quanto imitazione servile e parassitaria di un prodotto della concorrenza. Non a caso l’articolo 102 LDA afferma che “è vietata come atto di concorrenza sleale, la riproduzione o imitazione sopra altre opere della medesima specie, delle testate, degli emblemi, dei fregi, delle disposizioni di segni o caratteri di stampa e di ogni altra particolarità di forma o di colore nell’aspetto esterno dell’opera dell’ingegno, quando detta riproduzione o imitazione sia atta a creare confusione di opera o di autore” .

La disciplina della concorrenza sleale, tuttavia, è invocabile solo quando tra le parti vi sia, appunto, un “rapporto di concorrenza”, il che presuppone che entrambe siano imprenditori operanti in settori merceologici quantomeno affini. Ad esempio, il Tribunale di Modena (ordinanza 23 ottobre 1996) ha affermato che “il moderatore di un sito Internet gratuitamente aperto alla categoria degli avvocati e dei procuratori italiani per la discussione di tutte le problematiche specifiche inerenti all’esercizio della professione forense non è qualificabile come imprenditore e non risponde dunque per concorrenza sleale nei confronti di un editore (per uso di un domain name confondibile con il titolo di una rivista dell’editore)” .

Come evitare che il cosiddetto “look & feel”, magari particolarmente curato e riuscito, di un sito internet personale sia sostanzialmente copiato da un terzo non in rapporto di concorrenza, pur con quei citati margini di creatività che impediscono l’enforcement del diritto d’autore?

A parere dello scrivente, una soluzione innovativa, almeno per il panorama italiano, potrebbe essere la registrazione dell’aspetto estetico di un sito internet come modello di design, ai sensi del Regio Decreto 25 agosto 1940, n.° 1411, come recentemente novellato dal decreto legislativo n.° 95 del 2001 (“Attuazione della direttiva 98/71/CE relativa alla protezione giuridica dei disegni e dei modelli”).

Nel vigore della precedente disciplina, infatti, la registrazione dei cosiddetti “modelli ornamentali” presupponeva l’esistenza di “uno speciale ornamento” (articolo 5 del citato Regio Decreto), requisito che raramente può rinvenirsi nell’aspetto grafico di un sito internet. Non solo: tipicamente il modello ornamentale aveva ad oggetto l’estetica di “prodotti industriali” (sempre articolo 5), ovvero qualcosa di materiale a cui difficilmente può accostarsi un sito internet.

Con la novella del 2001, invece, “possono costituire oggetto di registrazione i disegni e modelli che siano nuovi ed abbiano carattere individuale” (articolo 5, comma 1, come modificato dal decreto legislativo n.° 95), dove “per disegno o modello s’intende l’aspetto dell’intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale e/o dei materiali del prodotto stesso e/o del suo ornamento” (comma 2) e “per prodotto s’intende qualsiasi oggetto industriale o artigianale, compresi tra l’altro i componenti che devono essere assemblati per formare un prodotto complesso, gli imballaggi, le presentazioni, i simboli grafici e caratteri tipografici, esclusi i programmi per elaboratore” (comma 3).

La dottrina giuridica ha immediatamente fatto rilevare un abbassamento della soglia di pregio estetico che permette la registrazione e, conseguentemente, la tutela di un disegno o modello. Per quanto attiene la presente analisi, come abbiamo anticipato, deve rilevarsi come nel vigore della precedente disciplina difficilmente si sarebbe potuta sostenere la presenza di uno “speciale ornamento” nell’estetica di un sito internet. Oggi invece è indubbio come moltissimi siti possano definirsi “nuovi” e aventi “carattere individuale”.

È sempre la legge a precisare questi due requisiti: “Un disegno o modello è nuovo se nessun disegno o modello identico è stato divulgato anteriormente alla data di presentazione della domanda di registrazione ovvero, qualora si rivendichi la priorità, anteriormente alla data di quest’ultima. I disegni o modelli si reputano identici quando le loro caratteristiche differiscono soltanto per dettagli irrilevanti” (articolo 5-bis). Inoltre, “un disegno o modello ha carattere individuale se l’impressione generale che suscita nell’utilizzatore informato differisce dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno e modello che sia stato divulgato prima della data di presentazione della domanda di registrazione” .

La registrazione del “look & feel” di un sito internet come modello di design avrebbe dunque l’immediata conseguenza di ampliare lo spettro di tutela, dal momento che per la concretizzazione di un abuso non sarebbe più richiesta una “copia pedissequa” ma potrebbe essere sufficiente anche la creazione di un altro sito che, per l'”impressione generale” che suscita, non differisca dal sito/modello registrato.

A differenza della tutela mediante il diritto d’autore, la registrazione di un disegno o modello è tuttavia onerosa (nell’ordine di poche centinaia di euro) e ha una durata più limitata nel tempo (5 anni, prorogabili fino ad un massimo di 25), comunque ampiamente sufficiente a coprire tutto il ciclo di vita di un sito internet.

Tuttavia, oltre alla tutela concettualmente più ampia, grazie al criterio dell'”impressione generale”, rispetto al diritto d’autore la registrazione di un disegno o modello ha il vantaggio dell’esistenza di un regime di pubblicità legale e non compromette una protezione mediante il diritto d’autore o mediante la disciplina della concorrenza sleale. Da un lato, infatti, la riforma del 2001 ha eliminato il divieto di cumulo di tutele ed ha inserito “le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico” all’interno delle opere tipicamente protette dal diritto d’autore (articolo 2 LDA). Dall’altro lato la giurisprudenza ha affermato che “è ammissibile il concorso tra tutela reale per violazione di diritti d’autore su opere del design e tutela personale concorrenziale per imitazione servile delle medesime” (TRIBUNALE DI ROMA – ordinanza 26 marzo 2004 – Thun s.p.a. c. Sais s.r.l.).

Il suggerimento per le aziende o per i professionisti è quindi quello di prendere seriamente in considerazione l’ipotesi di una registrazione dell’estetica di un sito internet, quando questa sia particolarmente importante e distintiva e si vogliano evitare pratiche di avvicinamento confusorio da parte di terzi.

Alessio Canova
www.patnet.it

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Pubblicato il 8 apr 2005
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