Provider USA non cancella il DeCSS

Provider USA non cancella il DeCSS

Alle majors di Hollywood non basta più una diffida per cancellare i siti che difendono il codice considerato craccaDVD. Perché Verio cambia le carte in tavola e si schiera per la libertà di sviluppo. Svolta in arrivo?
Alle majors di Hollywood non basta più una diffida per cancellare i siti che difendono il codice considerato craccaDVD. Perché Verio cambia le carte in tavola e si schiera per la libertà di sviluppo. Svolta in arrivo?


Web – Non era ancora accaduto che gli studios di Hollywood riuniti nella MPAA chiedessero ad un provider di rimuovere un sito che pubblica il DeCSS ottenendo un rifiuto. Ora è accaduto, visto che il provider americano Verio ha deciso di non dare seguito alle diffide della MPAA consentendo ad un proprio cliente di continuare a postare quel codice, inviso agli studios perché capace di superare le protezioni imposte dai produttori sui DVD.

La battaglia per la libertà di espressione e di lavoro che si conduce sul fronte del reverse engineering sembra destinata dunque a passare attraverso un altro cardine fondamentale dei “rapporti” sulla Rete: la responsabilità dei fornitori di servizi Internet sui materiali pubblicati dai propri utenti sul proprio network.

Verio, provider americano controllato dalla giapponese NTT, già in passato si è distinto per non aver obbedito a diffide provenienti da chi chiedeva la rimozione di materiali pubblicati online dai propri utenti. E la diffida inviata dall’associazione delle majors, la MPAA, è stata rispedita al mittente.

Nella diffida la MPAA chiedeva a Verio di togliere dal Web le pagine del celebre sito Cryptome , in cui il DeCSS era listato per esteso all’interno di un documento giuridico. La diffida era stata inviata sulla scorta delle sentenze che avevano limitato la distribuzione del codice del DeCSS, frutto di reverse engineering sulle protezioni dei DVD, e che avevano messo alla gogna il sito 2600.com, “reo” di aver non solo pubblicato il DeCSS ma anche una lista di link a siti che lo pubblicavano.


Ma Verio ha deciso di non porsi come giudice tra il proprio cliente John Young – che gestisce Cryptome e che ritiene legittime le proprie azioni – e la MPAA. E ha quindi scritto a Young chiedendogli di rispondere alla MPAA rassicurandolo sul fatto che “fino a quando non riceveremo una notifica che la MPAA ha presentato formale denuncia contro di te, noi non ti chiederemo di rimuovere quei materiali né impediremo l’accesso al tuo sito”.

Il caso dunque si sposta sulla possibilità che un provider venga ritenuto responsabile per i contenuti dei siti dei propri clienti. Annuncia il legale di Verio, Susan Gindin: “Stiamo cercando di definire un equilibrio, che consenta a chi si lamenta di qualcosa di procedere giudizialmente e ai webmaster di dire la loro prima che il sito venga oscurato”.

Già, perché al di là del DeCSS sono innumerevoli i casi nei quali siti vengono rimossi o chiusi dai provider che ricevono lettere “minatorie” dalle industrie. Non tutti i provider, infatti, hanno i mezzi o la voglia di mettere i bastoni tra le ruote ad agguerriti uffici legali.

La speranza di molti difensori della libertà di espressione e del diritto alle operazioni di reverse engineering, sempre più in pericolo , è che l’esempio di Verio venga seguito da altri e che anche su questo fronte, sul genere cioè dei rapporti che vengono stabiliti con i propri clienti, i provider arrivino a farsi concorrenza. Robin Gross, legale della EFF, associazione storica che si batte perché il DeCSS venga riconosciuto come legale, sostiene che Verio non è nuovo a questo genere di iniziative: “E’ l’unico provider che conosco che non esegue passivamente quanto richiesto. In questo caso la MPAA dovrà solo trattenere il proprio respiro fino a diventare blu”.

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Pubblicato il
29 gen 2001
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