Contrappunti/ Il Legislatore è sbronzo

Contrappunti/ Il Legislatore è sbronzo

di Massimo Mantellini - Non c'è molto di cui esser fieri: parlamentari perlopiù digiuni di nuove tecnologie, legge Urbani, Pisanu contro i dati degli italiani.. Eppure qualche segnale di cambiamento per la rete italiana c'è
di Massimo Mantellini - Non c'è molto di cui esser fieri: parlamentari perlopiù digiuni di nuove tecnologie, legge Urbani, Pisanu contro i dati degli italiani.. Eppure qualche segnale di cambiamento per la rete italiana c'è


Roma – Italia solatia
Nel 2005 in Italia nulla di nuovo. Siamo in fondo alle classifiche europee dello sviluppo della rete: eppure continuiamo a far finta di nulla. Nelle situazioni meno edificanti andiamo in giro a vantare la nostra modernità contro ogni evidenza, come è accaduto al Ministro Stanca in più occasioni nel corso dell’anno appena terminato. Per tutti però, tranne che per il Ministro della Innovazione, siamo al 25esimo posto in Europa. Ed insomma non c’è molto di cui essere fieri. Il parlamento continua ad essere abitato da incolti digitali. Sono pochissimi i nostri rappresentanti alla Camera ed al Senato a saper organizzare un reply ad una mail. Ma non sembra essere un grosso problema: le mailbox della Camera e del Senato spesso e volentieri restituiscono un messaggio di avviso a chi cerca di comunicare con i propri rappresentanti. Il messaggio informa che la casella è piena (nessuno legge la posta) ed il messaggio non può essere recapitato.

Don’t be evil
Nessun dubbio che l’anno appena trascorso sia stato l’anno di Google. Per le decine di iniziative intraprese. Per le polemiche e le preoccupazioni scatenate. Per i fenomenali guadagni spuntati in borsa. È bastato questo singolo exploit perché a qualcuno venisse in mente l’ipotesi di una seconda bolla speculativa dopo quella di 5 anni fa. Altri hanno sottolineato come Google si appresti a diventare la Microsoft del 21esimo secolo. Specie nella accezione negativa del termine. Quello che è certo è che i 175.000 computer che formano oggi la rete Google sono già ora una anticipazione molto evidente del web che verrà. Un’enorme palla della quale i nostri terminali sono una variabile sempre meno importante.

Tutti on line
Nonostante tutto, sempre più italiani sono on line. Non ha molta importanza conoscerne il numero (siamo comunque rispettosamente lontani dalla media europea), basta ascoltare i discorsi per strada per accorgersene, sentire i ragazzi all’uscita dai licei, leggere i giornali dove Internet viene trattata con maggior rispetto e competenza dai giornalisti rispetto a qualche anno fa. Si tratta di una piccola buona notizia: vale la pena sottolinearla.

Il gruppo TMP
Le libertà digitali sono in grave pericolo. Il 2006 sarà un anno importante da questo punto di vista. Si attendono sul mercato (molti produttori li hanno già annunciati e mesi in produzione) nuovi computer dotati di TMP (Trusted Module Platform): si prevede che gran parte delle macchine disponibili il prossimo anno saranno dotate del cippettino di controllo pensato da un consorzio di grandi produttori software (MS) e hardware (AMD, HP, IBM ecc). C’è stata molta attenzione per far passare TMP come un semplice add-on dedicato alla sicurezza nel mondo business ed ufficialmente tale piattaforma dovrebbe essere differente dal defunto progetto Palladium. Eppure è evidente che le cose non stanno esattamente in questi termini. Le possibilità di controllo sui computer di nostra proprietà e sulle nostre vite attraverso TMP sono amplissime e ben documentate . Lo scenario che si apre è inquietante e prevede la consegna della nostra vita digitale a soggetti “altri” che potranno essere, a seconda dei contesti, i fornitori dei software del nostro PC, i produttori dei contenuti, i governi e le autorità di controllo. Curioso che per una simile operazione si trovi il coraggio di tirare in ballo la fiducia. I produttori di PC, di software e di contenuti ci chiedono di fidarci di loro. Eppure loro non si fidano di noi. Soluzione: non comprare macchine TMP ready e rifiutare gli “ambienti sicuri” gestiti attraverso tali piattaforme.

Il legislatore è sbronzo
Se Internet diventa sempre più importante nelle nostre vite è necessario che anche le leggi e i provvedimenti legislativi che la regolano crescano di pari passo e siano di buon livello. Il Decreto Urbani è un ottimo esempio di quali siano gli approcci sbagliati e superficiali ai grandi e nuovi problemi della nostra prossima stagione digitale. Colpisce che mentre in Italia legislazioni importanti per Internet vengano approvate in oscure commissioni con esperti del calibro di Gabriella Carlucci e sotto le pesanti ingerenze di molti diversi gruppi di potere, in Francia il dibattito parlamentare sul diritto d’autore ai tempi di Internet e sulla liceità del file sharing abbia interessato il governo ai massimi livelli. È cronaca di questi giorni. Ci sono editoriali e articoli sulle prime pagine di tutti i grandi quotidiani, da Le Monde a Le Figaro ed il Primo Ministro è stato costretto a rimandare la discussione in attesa di ulteriori approfondimenti. Di fronte a grandi problemi servono grandi impegni. Qualcosa di completamente diverso da quanto accade da noi: basti pensare alle leggerezze del Ministro Pisanu che con una marginale clausola ad una normativa antiterrorismo ha di fatto azzerato gli accessi pubblici ad Internet nel nostro paese o all’ultima vagheggiata iniziativa contenuta nella legge finanziaria per impedire l’accesso ai navigatori italiani di siti web dediti al gioco d’azzardo. L’unico paese nel quale le truffe dei dialer hanno prosperato per anni si dota di normative censorie di stampo cinese per proteggere i propri cittadini dal vizio del gioco? Sembra una barzelletta, vediamo se lo sarà davvero.

il giornalismo dei cittadini
Si riducono le distanze fra produttori e consumatori dell’informazione. Migliaia di italiani hanno un weblog. I quotidiani on line ormai da tempo hanno aperto parte dei propri siti ai contributi digitali dei lettori. Avviene nella emergenza di eventi tragici che sempre più spesso sono documentati direttamente dai testimoni del momento per poi rimbalzare in rete su weblog, hub di condivisione di immagini come Flickr ma anche sui siti web della grande stampa. Gli editori da parte loro vanno perdendo con estrema lentezza le reticenze dei propri primi dieci anni sul web e lo fanno iniziando a dar conto, attraverso contributi occasionali e semplici link esterni, del mondo digitale che li circonda e che fino a ieri ignoravano completamente. Non basteranno questi timidi segnali a farci parlare di giornalismo collaborativo o di informazione dal basso. Occorre del resto considerare che abitiamo in un paese dove esiste un Ordine dei Giornalisti ed un iter formativo che “autorizza” alcuni ad informare il prossimo su ciò che i nostri occhi semplicemente vedono. L’Albo dei Giornalisti sta a Internet come la bicicletta al palombaro, eppure siamo lo stesso di fronte ad una graduale apertura di nuovi spiragli informativi che esulano dalla struttura piramidale della “vecchia informazione”. Ed è un segnale importante.

Futurologi e 2006
Molti esperti di nuove tecnologie hanno prodotto in questi giorni le loro illuminate previsioni sul 2006. Le abbiamo chiuse con rispetto dentro un cassetto per andarle a leggere fra 365 giorni. Un po’ di circospezione è del resto necessaria perché la professione di futurologo sulle nuove tecnologie è un mestiere rischioso L’Italia doveva essere, nelle previsioni di tutti solo 5 anni fa, il paese che avrebbe chiuso il proprio gap sull’accesso alla rete Internet attraverso l’UMTS. Tutti su Internet, velocemente e senza fili. Una affermazione che detta oggi solleverebbe giustificate ilarità. Ed infatti dell’UMTS non parla più nessuno. Attendiamo ancora del resto la fine della carta, il successo degli e-book, la conversione dei device tecnologici verso i tablet pc. Ci manca poi la navigazione Internet sul televisore con set-top-box a prova di illetterato informatico; e siamo in attesa poi del formidabile successo prossimo venturo della televisione su IP, del cinema sul telefonino e di altre delle innovazioni tecnologiche che porteranno alle nostre compagnie telefoniche lauti guadagni. Personalmente per il 2006, smettendola di scherzare sulle miopie faraoniche dei nostri tecnologi, mi accontenterei di vedere gli accessi a Internet a larga banda disponibili anche nei piccoli centri a costi non esorbitanti. Vorrei vedere sempre di più Internet dentro le scuole e nelle Università per non dover leggere, come è accaduto giusto in questi giorni nel rapporto Istat appena pubblicato, che molti italiani non usano la rete non perché costa troppo ma perché “non è utile e non interessa”. La questione culturale legata alla rete delle reti ha radici antiche in questo paese. Speriamo che il 2006 ci serva, con l’aiuto di tutti, a superarla.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
30 dic 2005
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