Il Progetto Privacy Box un anno dopo

Il Progetto Privacy Box un anno dopo

Sono ormai 6 i box di seconda generazione (quello di terza è in arrivo) che assicurano agli utenti una serie di servizi, garantendo strumenti di sicurezza e vera privacy
Sono ormai 6 i box di seconda generazione (quello di terza è in arrivo) che assicurano agli utenti una serie di servizi, garantendo strumenti di sicurezza e vera privacy


Roma – Nell’ottobre 2004 è stato lanciato il progetto Privacy Box ; l’idea era quella di creare una “scatola” che svolgesse tutte le funzioni necessarie continuativamente su una rete domestica, liberando il/i pc dalla schiavitù di dover restare accesi 24 ore al giorno, con i conseguenti rumori e consumi elettrici.

Un normale pc infatti consuma anche più di 100 watt e tiene svegli, se installato in camera; una pbox (abbreviazione per Privacy Box) di ultimo modello consuma 7 watt e non produce nessun rumore, non avendo parti in movimento. Una pbox sempre collegata permette di realizzare servizi utili al proprietario, quali un server di posta locale, un server web per ospitare il proprio sito gratuitamente, un firewall ed un proxy per mantenere la privacy durante la navigazione. Inoltre possono essere forniti servizi pubblici utili alla comunità della Rete nel suo complesso, come un router Tor od un remailer Mixminion.

Per tutto questo serve una ADSL flat e la voglia fare un po’ di spippolamento, seguendo istruzioni abbastanza semplici, reperibili sia sul sito che sugli archivi dalla mail list del progetto.

Dopo un anno abbondante di lavoro è tempo di fare il punto sullo stato del progetto sia in termini di realizzato che in termini di prospettive.

Per cominciare, l’importanza e la validità “filosofica” del progetto, che si propone anche di spostare i servizi internet per la privacy dai datacenter alle case dei privati si rivela azzeccata, quasi profetica.

Infatti alcune recenti “novità” legislative (“Pacchetto Sicurezza”) hanno dato una mazzata alle risorse per la privacy gestite da associazioni e/o allocate in datacenter, obbligandole alla realizzazione ed al mantenimento dei log degli accessi alla Rete od a ridiscuterne l’opportunità economica e di gestione.

Una conseguenza è stata che degli 8 remailer italiani del 2004 ne sono rimasti attivi solo 5, dei quali oltretutto 1 ha avuto un lungo blackout ed un altro è stato declassato a remailer middleman. L’unico nuovo remailer Mixmaster italiano degli ultimi 24 mesi è nato proprio in questi giorni su una pbox….

Se vi è capitato poi di vedere, in qualche associazione privata, tipo circoli o palestre, un cartello che recitava più o meno “Collegamento ad internet non disponibile per la legge antiterrorismo” avete appunto avuto sott’occhio uno degli effetti negativi (ce ne sono stati di positivi?) del “Pacchetto Sicurezza”.

Ma torniamo al progetto.
Cominciamo dal conteggio delle pbox realizzate; ad oggi risultano realizzate (per quanto pubblicamente noto) 6 pbox:
– 2 pbox modello I (Xbox modificate)
– 1 pbox modello II (Soekris 4501 solo flash)
– 3 pbox modello III (Soekris 4801), di cui
– 1 con solo flashcard
– 1 con flashcard ed hdu
– 1 con flashcard, hdu e wireless

Tutte le pbox sono installate presso privati, vengono utilizzate come proxy (Tor+Privoxy) e mettono a disposizione della Rete un remailer Mixminion registrato ed operativo.

Sempre per quanto reso pubblico dai possessori, gli ulteriori servizi sono:

– 1 pbox mette a disposizione un remailer Mixmaster, un server web Apache, ed un pinger Echolot
– 4 possiedono server di posta POP3/SMTP/IMAP utilizzati dalla rete interna
– 1 pubblica un sito web via apache
– 1 fornisce servizi di firewall alla rete locale.

Come statistica di installazione, 5 delle pbox utilizzano modem/router ethernet, e una controlla direttamente un modem USB e agisce quindi come firewall di rete.

La pbox modello III con scheda wireless non è stata ancora configurata come access point e/o rete mesh, essenzialmente per problemi di tempo.

Nessuna delle pbox che girano da flashcard ha manifestato problemi di wearing della flash, probabilmente anche grazie alle particolari precauzioni prese in fase di configurazione del sistema operativo (GNU/Linux Debian “Sarge”).

Nessuno ha ancora realizzato pbox con l’impiego di schede ITX, probabilmente per problemi legati ad assorbimento elettrico, ventole e prezzo, ma sarebbe comunque una strada da esplorare, se non altro per l’hardware crittografico che alcune di esse possiedono.

Non sono per ora previsti nuovi modelli di pbox, in attesa della comparsa di schede embedded con maggiore Ram e Cpu o della definizione di una pbox ITX/MiniITX.

Sul numero di dicembre di Internet Magazine è uscito un articolo riguardo le pbox a cura del progetto; malgrado alcuni interventi redazionali che ha subito, resta molto interessante. Sulla mail list è circolata una bozza del testo. Dopo l’annuncio del Progetto Privacy Box, pubblicato da Punto Informatico , anche l’Espresso gli ha dedicato un trafiletto; se ne sono poi occupate varie altre testate informatiche.

Infine va detto che il progetto pbox ha fino ad ora vissuto quasi esclusivamente del tempo e dei fondi forniti da membri del Progetto Winston Smith; sarebbe un buon segno se riuscisse a rendersi autonomo. Quindi, se qualcuno volesse attivarsi formalmente e in qualche modo portare avanti o finanziare il progetto, questo sarebbe un buon momento. I risultati sono buoni per un’attività nata solo un anno fa e che è vissuta grazie alle poche ore di tempo messe a disposizione da pochissime persone.

Marco A. Calamari
Progetto Winston Smith

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Pubblicato il 19 gen 2006
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