Pedoporno, rotta verso l'ignoto

Pedoporno, rotta verso l'ignoto

di Gilberto Mondi - Affranti dalle varie urbanate sparate negli anni, gli utenti italiani avrebbero meritato qualcosa di più riflettuto. Invece si ritrovano con una legge che combatte la pornografia infantile e una serie di altre cose
di Gilberto Mondi - Affranti dalle varie urbanate sparate negli anni, gli utenti italiani avrebbero meritato qualcosa di più riflettuto. Invece si ritrovano con una legge che combatte la pornografia infantile e una serie di altre cose


Roma – Update ore 18, vedi in calce – Se c’è un argomento di cui è difficile parlare per le tensioni che genera in tutti noi è la pedofilia, ma è ancora più difficile dialogare serenamente di pornopedofilia associata ad Internet, in quanto in ballo spesso e volentieri non c’è solo la tutela dei più piccoli ma anche quella delle libertà civili di noi tutti. Quanto è accaduto nei giorni scorsi alla Camera dovrebbe far riflettere: è passata una legge dai contorni inquietanti e quasi nessuno ne parla, come si ci stessimo tutti pian piano abituando al regresso del diritto e alla cecità di molti parlamentari. L’atto C.4599-B , disponibile qui in pdf, è stato approvato in via definitiva e diverrà legge dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni.

Per chi non ne sapesse alcunché, e ne avrebbe ben donde visto il poco spazio che le è stato dedicato, alla legge ci si è arrivati dopo un iter piuttosto complesso al termine del quale emergono pene molto più aspre per chi produce, spaccia o commercia questi ignobili materiali. Se non venissero prese in mezzo anche attività del tutto innocue difficilmente si potrebbe obiettare sulla bontà del testo.

Le modifiche che erano state apportate al provvedimento lo scorso settembre sono infatti rientrate e dunque è tornato ad essere punibile anche chi produce e diffonde il cosiddetto pedoporno apparente , vale a dire immagini pornografiche che hanno giovani o giovanissimi protagonisti del tutto inventati , realizzati con programmi di grafica o disegni. “Per immagini virtuali – dichiara il testo – si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali”. Si sta dunque parlando di un tipo specifico di pornografia che non è frutto di alcun abuso, che non nasce quindi dalla violenza unanimemente condannata, ma è semmai frutto di fantasie che, per quanto potenzialmente orrifiche per l’immaginario comune, rimangono tali.

In questo senso è di sicuro interesse il fatto che nella relazione introduttiva alla legge si parli di una punizione per chi produce “realistiche immagini virtuali” ma solo se ritraggano “oltre ad un minore reale anche persone reali che sembrino essere minori”: nell’articolato questa “specifica” è sparita , finendo quindi per punire qualsiasi cosa “sembri”.

Non è tutto qui. Viene punito, con una pena ridotta ma con una censura ugualmente pesante, chiunque produca materiali pornografici che utilizzano persone che sembrano minorenni : sebbene in Italia, al contrario di quanto accade negli altri paesi europei, sia già vietato produrre pornografia di qualsiasi genere, il Legislatore ha ritenuto opportuno ribadire un divieto “rafforzato” se nella produzione c’è qualche faccia “troppo giovane”, anche se appartiene a persone adulte, consenzienti e magari regolarmente retribuite per il proprio lavoro. La pena scatta se questo materiale viene “ceduto” o “diffuso”, come a dire che si può fare, basta che rimanga un fatto privato.

La legge è anche impegnativa per i provider perché, oltre a denunciare qualsiasi atto illecito in ambito pedopornografico, dovranno anche installare i filtri che verranno indicati dal Governo: “strumenti tecnici”, come vengono definiti dalla legge, che dovrebbero evidentemente impedire agli utenti l’accesso a materiali illegali. L’approccio, ribadito in fase di presentazione della legge, è dunque quello di uno Stato che limita le attività dei propri cittadini adulti perché potrebbero dar adito ad operazioni illecite: sebbene sia ovvio che chi si trovasse su un sito che spaccia pornopedofilia farebbe bene a denunciarlo (vedi le modalità sul sito della Polizia di Stato ), è altrettanto ovvio che impedire “di default” l’accesso ad una “lista nera di siti” equivale ad una forma di censura preventiva . Chi mantiene quella lista? Chi l’ha giudicata? Vista la propensione delle autorità a bloccare l’accesso a siti di varia natura, come quelli dei casinò online , è naturale chiedersi dove ci porterà questo genere di approccio.

In un paese nel quale non l’atto pedofilo ma il pedofilo in quanto tale è condannato a priori, al punto che nulla e nessuno può rappresentarne pubblicamente i problemi e le patologie senza rischiare una denuncia, il semplice inasprimento delle pene previsto da questa normativa, condito da disposizioni ambigue che prendono di mira non solo i fatti ma anche l’atto del pensare , non può che lasciar interdetti. Non solo si è persa un’occasione per attuare politiche preventive e conciliatorie, ricorrendo invece alle sole e più propagandabili misure repressive, ma si è anche compiuto un passo in più verso il controllo della rete e del modo in cui ne fruiscono gli utenti. Forse, dopo una raffica di urbanate che ha caratterizzato numerose normative, la rete italiana avrebbe meritato qualcosa di meglio.

Gilberto Mondi

Gli articoli di G.M. sono disponibili qui

Update : come mi ha gentilmente segnalato la redazione di PI e alcuni lettori, ho letto un testo datato (a mia parziale discolpa cito la mancata chiarezza nelle indicazioni sul sito della Camera): in particolare, come si può leggere sul sito Parlamento.it il testo definitivo diverge da quello commentato in un punto: le immagini di adulti che “sembrano minori” non sono infatti più oggetto del provvedimento. Rimane naturalmente aperto il discorso più rilevante, quello sul “pedoporno apparente” e sui filtri degli ISP. Le mie più sincere scuse ai lettori e alla redazione di questo splendido giornale.

Gilberto Mondi.

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Pubblicato il
26 gen 2006
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