La scuola italiana ha bisogno di computer e si moltiplicano coloro che cercano di portarceli, in gran numero e possibilmente in tempi rapidi: tra questi i promotori di Progetto Butterfly , fautori di nuove forme di recupero di vecchi PC e creazione di reti scolastiche a bassissimo costo. Tra i benefici anche la sottrazione alla dismissione, spesso assai inquinante , di computer obsoleti. Un Progetto che ha già iniziato a riscuotere grande interesse e che presto potrebbe essere presentato al Governo.
Ne abbiamo parlato con Massimiliano Corvino , laureando in informatica all’Università di Salerno e direttore del progetto per conto della Technoworks S.C. di Foggia.
Punto Informatico: Rivitalizzare aule informatiche piene di PC non più aggiornati e trasformarli in videoterminali di un server centrale. In cosa consiste sul piano tecnico? Quali sistemi software e hardware vengono utilizzati?
Massimiliano Corvino: L’obiettivo materiale coincide con l’obiettivo ideale ed istituzionale: recuperare ad un uso proficuo apparecchi considerati obsoleti e comunque oramai inutilizzati o trascurati, pertanto l’hardware interessato dall’operazione è costituito dagli esemplari di PC e workstation risalenti a periodi in cui le realtà operative erano molto diverse, sia come capacità elaborative sia come servizi all’utenza; ovviamente la considerazione di componentistica utile non può spingersi troppo, pertanto è possibile recuperare PC obsoleti fino a 12 di vita (non più vecchi di un Pentium I).
PI: Il “parco software” andrà adattato…
MMC: I programmi di sistema ed applicativi, installati comunemente sulle macchine di largo utilizzo, sono prodotti commerciali ed onerosi (vedi Microsoft Office, Autocad, etc.), concepiti solitamente per postazioni autonome ed autosufficienti, che richiedono esosi requisiti elaborativi; per i PC “rigenerati” dal Progetto Butterfly, questi sistemi vengono sostituiti da un ambiente operativo essenziale e compatto strutturato per assolvere ad un’unica funzione: essere una postazione videoterminale per l’elaborazione locale di sessioni operative distribuite da un elaboratore centrale, facente funzioni di server di dati, sessioni utente, servizi ed applicativi.
Il sistema operativo utilizzato presso i PC mutati in terminali è GNU/Linux.
PI: Eppure sul vostro sito dichiarate: “L’ambiente Linux è ancora indietro rispetto a Windows in quanto a facilità d’uso, supporto di parte di personale non esperto”
MC: L’architettura di ambiente operativo realizzata dal progetto è di tipo terminal server: un elaboratore centrale, ad elevate prestazioni, fornisce sessioni operative per gli utenti, accessibili mediante i PC ripristinati, funzionando da videoterminali.
Il server fornisce anche applicativi e dati, che pertanto sono elaborati unicamente su di esso e di lì distribuiti alle postazioni costituite dai terminal.
I modelli di ambiente operativo distribuito mediante terminali che sono stati sviluppati durante la storia dell’informatica sono svariati, ciascuno basato su un proprio protocollo, e di volta in volta hanno offerto soluzioni per sessioni operative in sola modalità a caratteri o anche grafiche, e per trasmissioni dei dati in chiaro (partendo dalla presunzione di reti strutturalmente messe al sicuro) oppure criptate.
Protocolli di sessioni operative in modalità a soli caratteri sono lo storico telnet ed il recente SSh, che aggiunge la criptazione dei dati trasmessi, mentre protocolli per sessioni terminali grafiche sono lo storico XWindow cui si aggiunge il recente VNC, che sono funzionali per Unix e derivati (GNU/Linux, varianti di BSD ecc.), e il Remote Desktop Protocol (RDP, in Windows Terminal Services) di Microsoft e l’ICA di Citrix, che offrono la distribuzione di sessioni utente in ambiente operativo NT-Windows di Microsoft.
PI: Quindi Linux per la flessibilità…
MC: I programmi integrabili nel sistema GNU/Linux che rende attivi come terminali i PC recuperati supportano tutti questi protocolli, e pertanto in particolare consentono di sfruttare il Windows Terminal Service implementabile fin dalla versione di base di MS Windows 2000 Server o MS Windows 2003 Server, permettendo così di offrire agli utenti presso le postazioni terminali l’ambiente operativo obiettivamente dominante e già familiare alla stragrande maggioranza dei fruitori, che di conseguenza non si troverebbero spiazzati da un differente contesto per loro nuovo (vedi Linux).
Un’altra implementazione interessante è quella delle sessioni terminali basate su XWindow, che consentono la distribuzione dell’ambiente operativo grafico di GNU/Linux o di una delle varianti libere di BSD, pure permettendo l’accessibilità ai più evoluti ambienti desktop di KDE e GNOME, e che trovano una soluzione pratica già pronta nella distribuzione GNU/Linux K12LTSP , basata su RedHat-Fedora e che integra LTSP (Linux Terminal Server Project) in una implementazione GNU/Linux già pronta all’uso.
Entrambe le soluzioni sono previste dal Progetto Butterfly, è possibile quindi avere sia l’ambiente Windows sia l’ambiente Linux. PI: Quindi non pensate ad un Linux per le singole postazioni
MC: Riguardo la questione dell’alternativa fra Windows o Linux come sistema che offra l’ambiente di lavoro all’utente, è obiettivo il divario di immediatezza d’uso ed ancor più di implementazione di programmi settoriali e non “generalisti”. Mi riferisco cioè a banche dati installabili dall’utente per la giurisprudenza, la medicina, la letteratura ecc., o a gestionali per scopi particolari, oppure ad interfacce d’interazione con molti prodotti tecnologici di consumo. Un divario che tuttora persiste tra l’ambiente operativo Windows e tutti gli altri.
PI: Chi installa materialmente la nuova rete ad esempio in un’aula di informatica, ci pensate voi? Quanto costa alla scuola un intervento di questo tipo? Se i PC non ci sono li fornite voi?
MC: L’intervento sui PC Obsoleti è molto semplice ed è illustrato sul nostro sito web, a questo indirizzo .
Per ora non abbiamo ancora una procedura standard per l’installazione della parte Server e la trasformazione del Client. Grazie alle esperienze maturate nell’attuale fase di sperimentazione stiamo delineando una procedura standard che potrà essere applicata da chiunque con un minimo di competenze informatiche.
Per ora le installazioni vengono effettuate da nostri tecnici.
A breve termine saranno organizzati mini-corsi di formazione per poter eseguire le procedure di installazione direttamente da parte dei fruitori o degli eventuali consulenti o tecnici di riferimento.
Per ora non esistono listini. Quando verranno creati prevederanno unicamente il costo del servizio di installazione per ogni singolo client, più il costo del supporto di memoria (DOM).
PI: Parlate di un “chip” che trasforma il PC in un videoterminale. Di cosa si tratta esattamente, come funziona e come viene prodotto? Perché utilizzarlo?
MC: Il termine “chip” da noi utilizzato ha valore riassuntivo e schematico, con il fine di offrire un’indicazione pratica di un aspetto della revisione dell’hardware da noi effettuata anche per chi non possiede una preparazione specifica e nozioni tecniche nel campo e pertanto non è avvezzo a certe categorie tecnologiche.
Il recupero e riuso delle vecchie macchine richiede una procedura di revisione, rigenerazione e collaudo, allo scopo di individuare solo componentistica tutt’ora valida e funzionante, eventualmente apportando dei rimpiazzi oltre alle solite operazioni di ricostituzione.
Di tutti i componenti di un PC, quelli con parti meccaniche in movimento sono i più suscettibili di usura e perciò di guasti, e tra questi il disco fisso è in assoluto il componente sollecitato più intensamente e per questo il più soggetto a decadimento funzionale: per tali ragioni come dispositivo di memoria di massa ospitante il sistema ricorriamo ad una DOM, unità di memorizzazione ATA/IDE di ridotta capacità (comunque esuberante rispetto alle necessità del caso) senza parti in movimento, ed in questo modo assicuriamo ai beneficiari una ragionevole affidabilità delle macchine ripristinate.
PI: Chi c’è “dietro” Progetto Butterfly, vi ponete come un’iniziativa non profit?
MC: La nostra azienda si occupa di consulenza informatica. Il progetto Butterfly nasce direttamente dalle esperienze sistemistiche maturate dai nostri tecnici sia in ambiente Windows che Linux. Attualmente per le installazioni viene richiesto un contributo minimo da parte dell’utilizzatore che copre i costi di consulenza e di installazione.
In base ai risultati della sperimentazione, valuteremo se creare un ente non profit che raccoglierà hardware obsoleto per creare aule da regalare a centri di aggregazione giovanile o contro la dispersione scolastica.
PI: Il progetto è ormai attivo da diverso tempo, in quante scuole siete intervenuti? Quanti PC sono stati “rivitalizzati”?
MC: Il Progetto è attivo da circa 6 mesi. Abbiamo installato fino ad oggi 7 aule informatiche, 3 delle quali presso istituti di pubblica istruzione, per un totale di 103 computer (dei quali 54 forniti da noi e 49 presenti negli stessi istituti). PI: Qual è la reazione dei dirigenti scolastici alle vostre proposte?
MC: Solitamente i dirigenti nutrono diversi dubbi riguardo l’effettiva possibilità di poter riutilizzare PC obsoleti. Di solito questi PC risultano già dismessi e “accatastati” presso magazzini (aree che potrebbero essere sfruttate per uso didattico…).
PI: Come superate questa diffidenza?
MC: Abbiamo approntato una procedura dimostrativa piuttosto convincente: direttamente presso la scuola, facciamo scegliere il PC più “vecchio” e “lento” presente in un’aula informatica, lo trasformiamo in client, lo colleghiamo ad un portatile dove è installato il sistema server sfruttato dal Progetto Butterfly, e così mettiamo in opera il nuovo ambiente operativo per l’utenza e dimostriamo l’efficienza e le differenze con la situazione precedente.
PI: È un’operazione semplice…
MC: Per effettuare la trasformazione del PC come dimostrato sul sito web, serve un tempo variabile fra 5 e 10 minuti. Otteniamo in questo modo un consenso immediato, anche se è molto difficile in fase di contrattazione far capire quanto sia importante il valore aggiunto ottenuto dai servizi derivanti dalla nostra opera: eliminazione dei costi per la rottamazione, riduzione dei costi per le licenze software, riduzione del TCO e maggiore sicurezza e stabilità del sistema.
È proprio questo che fa la differenza rispetto ad una soluzione tradizionale (acquisto di nuovi PC, ovvero “Fat Client”). Il vero problema è che la tipologia di architettura di sistema costituita da “Thin Client” connessi in rete con un Server non è molto diffusa in ambito scolastico.
Proprio per le caratteristiche funzionali richieste da un’aula didattica, questa soluzione si adatta meglio di quella “tradizionale” dei Fat-Client, purtroppo è comune e diffusa la mancanza di interesse ad approfondire temi
tecnologici presso la maggior parte degli istituti scolastici italiani.
PI: Un progetto di riuso delle risorse informatiche nelle scuole molto celebre è il Progetto Lazzaro, in che modo vi differenziate? Avete rapporti con i promotori di quell’iniziativa?
MC: Non abbiamo rapporti con i promotori del Progetto Lazzaro, ma esso costituisce un’operazione che non solo ci è nota ma ha pure costituito per noi oggetto di studio ed analisi funzionale. In effetti possiamo dire che il Progetto Butterfly si colloca nei confronti del Progetto Lazzaro in posizione di evoluzione ed anche antagonismo.
PI: In che senso?
MC: In definitiva, il Progetto Lazzaro è monodimensionale, mirando esclusivamente all’uso di ambienti operativi grafici in GNU/Linux mediante la distribuzione di sessioni XWindow presso PC facenti funzione di terminali per quell’unico ambito, ed inoltre è di implementazione più rigida, basandosi sull’allestimento di “isole” di elaboratori (5 terminali più un piccolo server per questi) e su interventi di revisione più invasivi per le vecchie workstation, considerato che non prescinde dalla distribuzione via rete dello stesso sistema operativo dei terminali mediante protocollo PXE e rinuncia alla possibilità di tenere installato in pianta stabile su ogni macchina un sistema compiuto e flessibile.
Il Progetto Butterfly invece offre la possibilità di scegliere l’ambiente operativo che si desidera, fra XWindow e MS-Windows, ricorrendo ad interventi sull’hardware più circostanziati ed assistiti dall’implementazione di un nuovo server, ovvero dalla riconversione di un potente server già a disposizione dell’ente, il che costituisce comunque un buon investimento di lungo periodo.
PI: Avete pensato di interessare il Ministero dell’Istruzione alla vostra iniziativa? Con quali risultati?
MC: Per ora il progetto è ancora in fase di sperimentazione. Appena terminata questa fase (altri 6 mesi), valuteremo se coinvolgere il Ministero dell’Istruzione.
a cura di Lamberto Assenti