Martedì sono rimasto colpito e compiaciuto della lettera pubblicata su PI Mio figlio non giustifica la censura di un genitore che riusciva a parlare in maniera completa, equilibrata ed argomentata del suo ruolo di padre e del valore della libertà in Rete; alla lettera mancava solo l’applauso finale che gli ho subito mentalmente attribuito.
Ieri in maniera altrettanto positiva ed argomentata rispondeva Carlotta Sami di Save the Children Italia. Nella sua risposta, che in larga parte condivido, ritrovo purtroppo l’atteggiamento, ancor più deleterio perchè certamente involontario, che porta in due veloci passi alla descrizione della Rete come ritrovo di terroristi, stupratori e pedofili.
Parto dal punto di vista di chi partecipa ad un’organizzazione, il Progetto Winston Smith , che vuole difendere la libertà ed in diritti civili in Rete di tutti, minori inclusi, in maniera equilibrata ma anche con molta efficacia.
La risposta di StC appare rispettosa del diritto di tutti, minori inclusi, di non essere soggetti a limitazioni della libertà in Rete, e si sofferma in particolare sugli aspetti censori. Ma cosa significa “promuovere, sia presso i gestori e produttori di telefonia e di servizi Internet, sia presso il Ministero della Comunicazione, una nuova attenzione a questo problema”? Cosa significa “collaborare con le Forze dell’Ordine”? Cosa significa “fare pressioni sulle Istituzioni affinché si facciano carico del problema e sensibilizzare il settore dell’Industria Internet e Telefonia mobile”?
Sono certo che la maggior parte di coloro che si occupano dei problemi dei minori in Rete, ed in particolare StC, lo fanno con lodevoli intenzioni e con la massima onestà intellettuale. La storia pero’ è piena di giustissime cause che sono state strumentalizzate ed usate per fini opposti. Ed è talvolta questo il ruolo oggettivo in cui vengono “costrette” le organizzazioni che lottano contro l’abuso sui minori.
Mostruosità come la memorizzazione di tutti i dati di comunicazione in Rete, che grazie al decreto Pisanu viene attualmente perpetrata, sono dai suoi istitutori difese in primis invocando la necessità di reprimere reati odiosi come quelli contro i minori; il valore di tecnocontrollo pervasivo che questa “data retention” ha per i poteri forti della società viene invece completamente taciuto. Chi interagisce con istituzioni ed industrie su questi temi rischia quindi costantemente di essere strumentalizzato a questi fini.
La Rete non è luogo di regole e di servizi inscatolati da un palinsesto deciso a priori. Se fosse così sarebbe solo un altro canale televisivo, senza possibilità di dialettica, di confronto, di esplorazione e di scoperta.
Non sarebbe stato l’evento epocale che alcuni ancora stentano a riconoscere.
Non sarebbe quel potentissimo strumento di liberazione e di crescita che è stato in questi trent’anni, anni che io ho avuto l’incredibile fortuna di vivere interamente e che forse mi permettono più di altri di percepirne la prospettiva.
La Rete è una risorsa che va salvaguardata per tutti, minori in pericolo inclusi.
Non puo’ essere regolamentata ed inscatolata come un territorio di provincia che ogni stato al mondo vuole fare proprio e piegare ai suoi costumi ed ai suoi bisogni.
È un luogo radicalmente diverso, come l’Antartide, la Luna o lo spazio esterno; la sua natura fa sì che, come per questi altri luoghi debbano essere elaborate regole diverse, e magari la regola che non ci sono “regole” nel virtuale. I criminali sono esseri reali che commettono azioni nel mondo reale, dove ci sono tutte le regole che servono per combatterli.
Dopo aver difeso i minori in pericolo nelle loro case, per le strade e nei luoghi di ritrovo è opportuno pensare anche a come difenderli in Rete. Ma visto che lo scopo della difesa di un minore è anche quello di farlo crescere e di renderlo autonomo ed in grado di difendersi da solo, non posso che concordare con l’autore di “Mio figlio non giustifica la censura”.
La prima linea della difesa è l’educazione e l’aiuto dati ai minori per capire la realtà della Rete e del mondo. Ove questa manchi o sia carente non sono certo in Rete i pericoli maggiori per i bambini e gli adolescenti, come le stesse azioni di StC testimoniano. Il guazzabuglio di disonestà intellettuali che si leggono in giro sulla Rete, descritta solo in termini di pedofili e terroristi in agguato, non appartiene certo alla scala di valori di StC. Se rischi devono essere alla fine corsi (e la vita è un rischio continuo) probabilmente anche StC preferisce correre i rischi derivanti dalla libertà piuttosto che quelli derivanti dalla sua negazione.
Quindi una accorata richiesta. Prendete le distanze da chi vuole distruggere la libertà presente e futura dei minori e di noi tutti.
Per prendere i pochissimi criminali in Rete che attentano ai nostri bambini non serve la schedatura di massa, non servono gli strumenti del Grande Fratello, non serve azzerare la privacy in Rete, e poi usare la Rete per azzerare quella fuori dalla Rete.
Servono intelligence, investigazioni, quello che da che mondo è mondo è stato usato per questi scopi, e che funziona allora come adesso senza bisogno di scorciatoie repressive.
Quindi, con la massima umiltà vi chiedo, con il suo approccio interdisciplinare e nei rapporti con le istituzioni StC si ponga anche questo problema: come rifuggire dalle facili e continue strumentalizzazioni di cui le attività in difesa dei minori cadono spesso vittima.
Marco Calamari
I precedenti interventi di M.C. sono disponibili a questo indirizzo