Bastava leggere ieri l’ articolo pubblicato da Corriere.it , che anticipa l’ultimo numero di Vanity Fair , per prevedere quale putiferio si sarebbe scatenato. L’ex ministro del Welfare ed esponente della Lega Nord, Roberto Maroni , ha infatti candidamente confessato che: “Scarico illegalmente musica da Internet. Mi autodenuncio, così il caso finisce finalmente in Parlamento”.
Maroni, che pure ha fatto parte di quella maggioranza che ha proposto e approvato la famigerata Legge Urbani nella scorsa legislatura, non si è fermato qui, dichiarando al celebre magazine: “Scarico da Internet perché la musica deve essere libera ed accessibile a tutti. Occorre da una parte salvaguardare il diritto dell’autore e dall’altra cancellare le barriere che impediscono di diffonderla”. “Bisogna – continua Maroni – trovare un modo per togliere dall’illegalità questo sistema. Non è un problema legislativo ma una questione sociale. È uno scambio da privato a privato, non c’è sfruttamento commerciale, io sento l’iPod..”.
Ma Maroni non è l’unico esponente politico che in queste ore sembra interessato ad intercettare la montante consapevolezza sulla necessità di un cambiamento. Anche Francesco Caruso , deputato di Rifondazione Comunista, che scarica da sempre pur non avendo, forse, le idee chiare sulla storia di Internet, ha dichiarato: “Sono dieci anni che lo faccio, quando la rete non c’era ancora. C’ho di tutto: CD, documentari, film… soprattutto le ultime uscite… è più comodo. I pescecani delle multinazionali hanno fatto della musica una merce, ma si mettano l’animo in pace: il copyright se lo possono dimenticare. È impossibile impedire il file sharing. Io scarico dai new melodici napoletani alla musica punk”.
Maroni come soluzione propone che le “grandi case discografiche facciano una iniziativa, coinvolgendo la comunità web, magari anche qualche hacker, per trovare una soluzione, in modo da passare dalla repressione, che non serve, alla collaborazione”.
Illusioni? Secondo il socialista Bobo Craxi , oggi sottosegretario agli Esteri, scaricare da Internet “è un furto” sebbene ammetta che gli sia capitato di farlo: “Ma la rete non è la mia fonte: ho scaricato qualche rarità o performance live che non si trovano in commercio, ma mai un intero CD. Di solito compero dischi, libri e film. Sono per l’oggetto tradizionale, perché non è un problema di libera fruizione dell’arte, quanto di tutela dei lavoratori che stanno dietro al prodotto”.
È d’accordo con Craxi anche Marco Rizzo , eurodeputato dei Comunisti italiani, che dichiara di soffrire di “una sorta di feticismo dell’oggetto, quindi compero i CD e ho ancora i vecchi padelloni. Ho trovato due vecchie raccolte dei Clash, il complesso punk rock inglese della fine degli anni 70. I miei figli mi hanno regalato un iPod, che però è fermo a poche registrazioni. Ma non scarico brani dalla rete: una prassi che non giustifico ma che comprendo, la musica è cara e per i giovani è un investimento, lo era anche per noi. Ora però ho una stipendio sufficiente… Certo ci vorrebbe una riduzione dell’Iva”.
Dissidi invece in casa di Alleanza Nazionale. Giorgia Meloni di Azione giovani, che fa capo ad AN, ammette di aver scaricato qualche brano, “in genere cerco in rete la canzone singola, del resto non ho molto tempo”, ma sottolinea “attualmente la musica è considerata un bene di lusso, con l’Iva sui CD al 20% il risultato è la pirateria. Chiunque preferisce un CD originale, ma per i ragazzi i costi sono proibitivi. E come Azione giovani siamo sensibili al problema”.
Non la pensa così l’esponente di AN ed ex ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri , secondo cui “il diritto d’autore va salvaguardato, anche se i giovani sono per il tutto gratis. Io uso l’iPod, ma nella legalità. L’esperta in casa è mia moglie, è lei che mi carica i brani”. Ciò nonostante Gasparri ammette che “la musica dovrebbe essere meno cara, aiuterebbe contro la pirateria”.
Che certi esponenti politici si esprimano a favore del download, ed addirittura dichiarino di farlo in prima persona, non è cosa destinata a piacere ai produttori di contenuti. E infatti ieri puntualmente è arrivata la replica di Federico Motta , presidente dell’ Associazione Italiana Editori (AIE) , secondo cui è “sconcertante che ex ministri e politici abbiamo un atteggiamento verso l’illegalità di questo tipo. È un’ammissione pura di “legittimità al furto” e del mancato rispetto delle leggi. Mai vista una cosa simile, succede solo in Italia”.
“Il problema – continua Motta – non è la musica ma il rispetto del diritto d’autore. Questi “signori” non hanno capito che eliminare il diritto d’autore ? perché di questo si sta parlando ? significa privare in prospettiva il pubblico delle produzioni della proprietà intellettuale. Per noi, per la musica, il cinema, l’editoria, il mondo dei contenuti è un tema centrale perché senza il rispetto del diritto d’autore noi non possiamo produrre nulla. Siamo determinati: faremo tutto il possibile per garantire il rispetto di queste leggi. Ma non è finita qui: il tema sarà al centro anche dei nostri Stati generali dell’editoria, che organizziamo la prossima settimana (21 e 22 settembre) a Roma. Sul rispetto del diritto d’autore non si scherza”.
Sull’intera questione da segnalare il post pubblicato sul suo blog dall’avvocato Daniele Minotti, esperto di cose della rete e da sempre attento osservatore del mondo dello sharing.