Videogame off limits e niente TV se domani c’è scuola. Joypad roventi? Bocciature in arrivo. È questo il responso di alcuni studi fatti nel Regno Unito e negli USA per approfondire la relazione tra entertainment e scuola. In compenso prende sempre più piede l’ipotesi di includere attività videoludiche nelle ore di lezione.
Rendimento scolastico in calo a causa delle troppe ore passate davanti a tv e videogiochi, stando a quanto pubblicato su Pediatrics . Sono questi i risultati di un’indagine svolta su un campione di circa 4.500 studenti di scuola media nel Vermont e nel New Hampshire ai quali è stato chiesto di auto-valutare il proprio impegno scolastico in una scala di giudizi che va da “sotto la media” fino ad “eccellente”.
Il responso è perentorio: più tempo si passa davanti allo schermo durante le sere dei giorni feriali, meno si rende a scuola. Discorso diverso per i weekend, durante i quali, pur passando diverse ore davanti al tubo catodico non si riscontrano sostanziali correlazioni con il calo di rendimento.
Poca TV ma buona, in sostanza, la ricetta degli esperti dell’ American Academy of Pediatrics : non più di due ore al giorno di programmi selezionati per i più grandi e divieto assoluto di guardare la TV per coloro al di sotto dei due anni. Bollino giallo per i videogame, il cui utilizzo e durata devono essere supervisionati dalla presenza di un adulto.
È l’inizio di una ennesima battaglia contro l’home entertainment? Improbabile, visti i risultati di altri studi made in UK che promuovono l’utilizzo dei videogame durante le ore scolastiche, come supplementare metodo di apprendimento. Il rapporto Teaching with Games – patrocinato da Electronic Arts e sviluppato da FutureLab, con la collaborazione tra gli altri di Microsoft, Take Two e dell’ Interactive Software Federation of Europe (ISFE) – riporta dati chiari: il 62% degli studenti intervistati si è detto favorevole all’uso dei videogiochi come complemento didattico, una percentuale che scende al 59% tra gli insegnanti.
Rimangono comunque molti i “ma” ed i “se” tra i docenti, generazionalmente lontani dall’era delle guerre di bottoni e, soprattutto, temono un aumento dei comportamenti di aggressività da parte degli studenti. Chi invece si frega le mani sono le aziende produttrici di videogame, le quali ripongono nel settore didattico nuovi interessi commerciali. Occhi puntati al futuro quindi: “Con le moderne console portatili, l’attuale hardware e quello di nuova generazione all’orizzonte, non c’è mai stato così tanto lavoro. Ora più che mai la gente inizia a rendersi conto dell’importanza dei videogame; culturalmente, artisticamente ed economicamente”, dichiara alla BBC Jules Clarkson, international marketing director di EA.
Vincenzo Gentile