Videogiochi violenti: genitori a scuola

Videogiochi violenti: genitori a scuola

Microsoft lancia una campagna per spingere le famiglie ad occuparsi di più del passatempo preferito dei figli. Intanto un giudice impone una prima assoluta: 100 ore di gioco da far vedere in tribunale
Microsoft lancia una campagna per spingere le famiglie ad occuparsi di più del passatempo preferito dei figli. Intanto un giudice impone una prima assoluta: 100 ore di gioco da far vedere in tribunale

Basta alla violenza via console: negli USA Microsoft propone una campagna per stimolare nei genitori una più stretta supervisione sull’uso che i figli fanno dei videogiochi violenti, mentre per la prima volta un videogame sarà giocato per 100 ore davanti ad un magistrato che ne vuole giudicare la “commerciabilità”.

Sono questi gli effetti più recenti dell’infinita querelle sui contenuti violenti di alcuni videogame. Se da una parte non sono sopiti gli echi della tragedia della Columbine High School , dall’altra Microsoft tenta di tracciare una nuova rotta per risolvere il problema: avvicinare gli adulti al mondo delle console in modo da azzerare il digital divide tra genitori e joypad. Il che, per i più maliziosi, potrebbe anche esser visto come un’abile mossa commerciale, utile ad incrementare le vendite della console ammiraglia di casa Microsoft.

Ma può bastare una campagna di informazione? Ogni dubbio è lecito, visto che spesso entrambi i genitori lavorano e passano poco tempo libero con i pargoli. Ma in casa Gates una ne pensano e cento ne fanno: come nella precedente versione di Xbox, e in molti prodotti concorrenti, anche su Xbox 360 sono previste impostazioni di sicurezza che permettono di delimitare i contenuti ai quali i ragazzi accedono sia online che offline. Molti titoli sono provvisti di protezioni attivabili che vietano l’accesso a contenuti x-rated o violenti. Nonostante ciò, per Robbie Bach, presidente della Microsoft Entertainment and Devices division il ruolo chiave è l’educazione. “Non vediamo nella censura dei contenuti un business. Dovremmo spendere meno tempo nel fare norme e molto più nell’educare, poiché l’educazione è la chiave del problema” – afferma a Reuters .

Il problema è molto sentito, e la mossa di Microsoft arriva tra incalzanti pressioni sugli organi legislativi perché si mettano al bando violenza e sesso nei prodotti destinati ai ragazzi. Le polemiche sono più che mai accese e mentre il massacro di Columbine viene trasposto in 3D , alcuni scienziati affermano che non ci sarebbero legami diretti tra videogame e l’acquisizione di comportamenti violenti . In questo scenario incuriosisce la decisione di un giudice della Contea di Dade, Florida, che per prendere una decisione sul controverso videogioco Bully ha deciso che la Corte dovrà visionare 100 ore di gioco: a prendere in mano il joypad non sarà “vostro onore” ma un impiegato della casa di produzione del titolo. Ultimata la visione starà alla Corte decidere se il gioco è commerciabile (attualmente il lancio è previsto per il 17 ottobre) o se necessita di qualche piccolo ritocco all’insegna del politically correct.

Gongola Jack Thompson , da tempo impegnato nella battaglia contro i giochi violenti: “È un’enorme vittoria contro l’industria dei videogame violenti, qualsiasi sia il verdetto finale del giudice” – afferma il moderno Don Chisciotte . Thompson d’altra parte considera Bully un nuovo “Columbine simulator” mentre Rockstar Games , nell’introduzione al gioco, ne parla come di un difficile percorso “tra gli ostacoli della peggior scuola del mondo”.

Vincenzo Gentile

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Pubblicato il 13 ott 2006
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