Telelavoro? Una moda passeggera

Telelavoro? Una moda passeggera

di S. Manfredini - Basta dare uno sguardo ai siti dedicati, in particolare a quelli istituzionali, per capire che del telavoro interessa poco a pochi. Interessano ancora meno le sue conseguenze economiche, sociali ed ambientali
di S. Manfredini - Basta dare uno sguardo ai siti dedicati, in particolare a quelli istituzionali, per capire che del telavoro interessa poco a pochi. Interessano ancora meno le sue conseguenze economiche, sociali ed ambientali

Apprendo con soddisfazione di una iniziativa di Confcommercio in Veneto con cui a 44 persone di 12 diverse sedi della confederazione sarà consentito di lavorare da casa, dall’ufficio Confcommercio più vicino, da dove insomma ritengono più opportuno. In una parola: telelavoro.

Si tratta di un progetto sperimentale, più che altro perché in Italia, nonostante la buona volontà di certi parlamentari, non si è mai investito seriamente sul telelavoro, al punto che un’iniziativa meritoria ma modesta, che coinvolge poche decine di persone, viene annunciata come il trionfo del genio italiano. La verità è che in Italia non si è mai fatto del telelavoro il cardine di una rivoluzione nella produzione dalle conseguenze potenzialmente vastissime.

Non mi dilungherò sui vantaggi per le famiglie, sulla riduzione degli spostamenti delle persone con conseguente risparmio economico, energetico ed ambientale, né tornerò su quello che chi è telelavoratore sa bene, cioè che a casa si produce di più e meglio. Ma è certo clamoroso che in pieno 2006 siano ancora così scarse e rare, oltreché sperimentali, le iniziative di telelavoro in Italia.

Nel 2004 fu firmato un accordo tra imprese e sindacati basato su normative europee con cui, in buona sostanza, a chi svolge il telelavoro sono riconosciuti “gli stessi diritti e le stesse tutele di chi svolge l’attività lavorativa tradizionale”.

Un passo avanti. Lo spiega anche l’ INPS , che tratta estensivamente il problema della sicurezza del telelavoratore. Dal sito dell’ente si apprende che attivare un telelavoratore nella propria azienda non è facilissimo, occorrono patti tra azienda, sindacati e lavoratori, ad esempio per accedere all’abitazione del dipendente per verificare la sussistenza di una serie di requisiti. Tra questi le condizioni igieniche, le caratteristiche della postazione di lavoro (per la postura, o la distanza del monitor dagli occhi), la verifica dell’impianto elettrico ed altre faccende. C’è insomma bisogno di buona volontà, ok, ma si può fare.

C’è anche chi ricorda come “il telelavoro negli anni 90 sembrava una soluzione alla mobilità di molti lavoratori. Basti pensare che tutti i lavoratori di call center potrebbero svolgere la propria attività in casa. In Telecom fu avviato in via sperimentale per alcuni lavoratori disabili del 12, ma poi la cosa è rimasta solo un esperimento”.

Ma se per i privati si può sperare nella buona volontà, c’è da chiedersi cosa osti affinché del telelavoro facciano tesoro, cardine di sviluppo e di efficienza, le pubbliche amministrazioni. Tra i tanti, c’è un sito del Formez interamente dedicato a questa tematica, che propone anche una serie di link. Ad esempio al Progetto Mirti (1996-1998) ma anche ad uno studio sul telelavoro in Francia aggiornato al 2004. In evidenza c’è anche la notizia che da settembre 13 lavoratori ISTAT sono divenuti telelavoratori nell’ambito, tanto per cambiare, di una sperimentazione.

La sensazione, insomma, navigando nei (pochi) siti dedicati al telelavoro nella PA, è che l’attività in questo senso sia ridottissima, che molti “test”, chiamiamoli così, si siano conclusi senza alcun seguito, che l’interesse per il telelavoro sia scarsissimo.

Sono anni che chi si occupa di telelavoro denuncia l’assenza di un sufficiente impegno di Governo e Parlamento. Ed ora, che tecnologie come VoIP ed instant messaging consentirebbero a buona parte dei dipendenti della PA di lavorare da casa, ci ritroviamo a contare sulle dita di poche mani il numero di telelavoratori sperimentali. Né di telelavoro si parla nella Finanziaria 2007 in via di approvazione in queste settimane.

Se a fronte di tutto questo vi vengono i capelli dritti, è perché non abbiamo parlato minimamente di quanto la PA risparmierebbe, cioè noi tutto risparmieremmo, se un gran numero di dipendenti pubblici lavorassero da casa. Non ne parliamo, altrimenti i capelli diventano bianchi.

Saverio Manfredini

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Pubblicato il
23 nov 2006
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