La UE cancella la cancellazione dell'equo compenso
Ci si attendeva una raccomandazione da Bruxelles che avrebbe dovuto ridimensionare le tasse sui supporti di registrazione. Ma non è arrivata e forse non arriverà mai
Bruxelles - L'Unione Europea tergiversa: l'equo compenso ancora non si riforma, c'è bisogno di una riflessione più approfondita. A seguito di consultazioni che si protraggono da anni, fra strattoni in direzioni opposte da parte di opposte lobby, il ridimensionamento della tassa sui supporti di registrazione avrebbe dovuto concretizzarsi in una Raccomandazione della Commissione, attesa per il prossimo 20 dicembre. Ma non arriverà.
La posta in gioco appare troppo alta, la Commissione rallenta. SIAE e corrispettivi esteri continueranno a raccogliere i balzelli preventivi su dispositivi e supporti vergini allo scopo ufficiale di compensare gli artisti per i mancati introiti di eventuali copie private del loro materiale nonché per rimpinguare le casse dello Stato. L'industria elettronica, che sperava nella tanto ventilata riforma, ora minaccia di portare la questione all'attenzione della Corte di Giustizia europea.
Le maglie larghe della Direttiva comunitaria EUCD del 2001 hanno consentito ad ogni stato membro un recepimento scoordinato e una regolamentazione "personalizzata" dell'istituto dell'equo compenso. Ad ogni modo, la Direttiva prevedeva che, con il progredire delle tecnologie DRM e con la loro progressiva introduzione, il balzello su supporti vergini e dispositivi di registrazione avrebbe dovuto ridursi progressivamente, dato che la sua stessa funzione sarebbe decaduta.
La Raccomandazione prevista per i prossimi giorni avrebbe dovuto limare le diseconomie che rendono l'equo compenso poco conveniente per tutti; avrebbe dovuto rendere più trasparenti prelievi e redistribuzioni; avrebbe dovuto bilanciare gli squilibri fra gli stati membri, nella prospettiva di un mercato europeo uniforme. E magari avrebbe potuto prospettare l'eliminazione dell'equo compenso, per sostituirlo con meccanismi retributivi meno iniqui.
L'industria, rappresentata dalla Copyright Levies Reform Alliance (CLRA), giudica il tergiversare dell'Unione Europea una non-mossa che legittima un balzello iniquo e sconveniente per tutti. Le domande che si pone sono quelle di sempre: perché chi ha pagato per la copia al momento di un download legale dovrebbe pagare una seconda volta nel momento in cui acquista un lettore sul quale travasare i file? Perché dovrebbe sobbarcarsi un tale balzello chi utilizza un supporto vergine per archiviare dati di produzione propria? Perché, con l'implementazione dei sistemi anticopia, l'utente dovrebbe pagare per un diritto alla copia che sempre più gli viene negato?
L'equo compenso, inoltre, testimonia CLRA dati alla mano, innesca una reazione a catena che costa all'Unione Europea il doppio di quel che il prelievo le fa rastrellare: aumentando in modo innaturale il prezzo di vendita, gli utenti esitano nell'acquisto dei beni, il che comporta conseguenze per gli artisti, per l'industria, per gli stati membri.
Gli artisti, che difendono strenuamente il diritto all'equo compenso, saranno i primi ad esserne danneggiati, dicono i produttori tecnologici: la compressione degli acquisti di player musicali si riflette in un corrispondente mancato acquisto di musica.
Il balzello, accusano, è una barriera al diffondersi dell'innovazione. "I consumatori dovrebbero iniziare a chiedersi perché i prodotti arrivano più tardi in Europa", afferma in modo provocatorio Mark MacGann, rappresentante dalla CLRA, facendo riferimento all'avvento di nuovi standard quali il Blu-ray. In Europa, i prodotti gravati dall'equo compenso vengono venduti ad un prezzo finale decisamente più alto rispetto agli USA. Per questo l'industria non si sente di rischiare investendo su prodotti il cui decollo è pregiudicato da un prezzo sul mercato sproporzionato rispetto alla capacità di acquisto dell'utente.
Il che si ripercuoterà sulle casse degli stessi stati membri della UE, fatta eccezione per UK, Irlanda, Malta, Cipro e Lussemburgo che non raccolgono l'equo compenso. I mancati acquisti dovuti ad un mercato che non si rinnova, ai prezzi proibitivi e all'intersecarsi di questi due elementi, priveranno di denaro le casse statali.
Sono inoltre abissali gli squilibri tra i diversi paesi della UE: in Finlandia sono due gli euro di equo compenso che incidono sul prezzo di un iPod 30 Gb, in Spagna la tassa mascherata nel prezzo del dispositivo corrisponde a decine di euro. L'occasione è ghiotta soprattutto per i commercianti, che sempre più si rivolgono al mercato estero. Le conseguenze? In Italia per i soli CD e DVD vergini si evadono, tra IVA e equo compenso non corrisposti, 125 milioni di euro. E molti italiani comprano all'estero mettendo in crisi i produttori nostrani.
Ma molti paesi UE respingono le motivate preoccupazioni del CLRA. E ribattono. Ecco come.
La posta in gioco appare troppo alta, la Commissione rallenta. SIAE e corrispettivi esteri continueranno a raccogliere i balzelli preventivi su dispositivi e supporti vergini allo scopo ufficiale di compensare gli artisti per i mancati introiti di eventuali copie private del loro materiale nonché per rimpinguare le casse dello Stato. L'industria elettronica, che sperava nella tanto ventilata riforma, ora minaccia di portare la questione all'attenzione della Corte di Giustizia europea.
Le maglie larghe della Direttiva comunitaria EUCD del 2001 hanno consentito ad ogni stato membro un recepimento scoordinato e una regolamentazione "personalizzata" dell'istituto dell'equo compenso. Ad ogni modo, la Direttiva prevedeva che, con il progredire delle tecnologie DRM e con la loro progressiva introduzione, il balzello su supporti vergini e dispositivi di registrazione avrebbe dovuto ridursi progressivamente, dato che la sua stessa funzione sarebbe decaduta.
L'industria, rappresentata dalla Copyright Levies Reform Alliance (CLRA), giudica il tergiversare dell'Unione Europea una non-mossa che legittima un balzello iniquo e sconveniente per tutti. Le domande che si pone sono quelle di sempre: perché chi ha pagato per la copia al momento di un download legale dovrebbe pagare una seconda volta nel momento in cui acquista un lettore sul quale travasare i file? Perché dovrebbe sobbarcarsi un tale balzello chi utilizza un supporto vergine per archiviare dati di produzione propria? Perché, con l'implementazione dei sistemi anticopia, l'utente dovrebbe pagare per un diritto alla copia che sempre più gli viene negato?
L'equo compenso, inoltre, testimonia CLRA dati alla mano, innesca una reazione a catena che costa all'Unione Europea il doppio di quel che il prelievo le fa rastrellare: aumentando in modo innaturale il prezzo di vendita, gli utenti esitano nell'acquisto dei beni, il che comporta conseguenze per gli artisti, per l'industria, per gli stati membri.
Gli artisti, che difendono strenuamente il diritto all'equo compenso, saranno i primi ad esserne danneggiati, dicono i produttori tecnologici: la compressione degli acquisti di player musicali si riflette in un corrispondente mancato acquisto di musica.
Il balzello, accusano, è una barriera al diffondersi dell'innovazione. "I consumatori dovrebbero iniziare a chiedersi perché i prodotti arrivano più tardi in Europa", afferma in modo provocatorio Mark MacGann, rappresentante dalla CLRA, facendo riferimento all'avvento di nuovi standard quali il Blu-ray. In Europa, i prodotti gravati dall'equo compenso vengono venduti ad un prezzo finale decisamente più alto rispetto agli USA. Per questo l'industria non si sente di rischiare investendo su prodotti il cui decollo è pregiudicato da un prezzo sul mercato sproporzionato rispetto alla capacità di acquisto dell'utente.
Il che si ripercuoterà sulle casse degli stessi stati membri della UE, fatta eccezione per UK, Irlanda, Malta, Cipro e Lussemburgo che non raccolgono l'equo compenso. I mancati acquisti dovuti ad un mercato che non si rinnova, ai prezzi proibitivi e all'intersecarsi di questi due elementi, priveranno di denaro le casse statali.
Sono inoltre abissali gli squilibri tra i diversi paesi della UE: in Finlandia sono due gli euro di equo compenso che incidono sul prezzo di un iPod 30 Gb, in Spagna la tassa mascherata nel prezzo del dispositivo corrisponde a decine di euro. L'occasione è ghiotta soprattutto per i commercianti, che sempre più si rivolgono al mercato estero. Le conseguenze? In Italia per i soli CD e DVD vergini si evadono, tra IVA e equo compenso non corrisposti, 125 milioni di euro. E molti italiani comprano all'estero mettendo in crisi i produttori nostrani.
Ma molti paesi UE respingono le motivate preoccupazioni del CLRA. E ribattono. Ecco come.