Coloro che hanno vissuto come spettatori i gravi malesseri che la società italiana ha attraversato nei cosiddetti “anni di piombo” ricorderanno i dibattiti e gli accesi scontri che le “leggi speciali”, emanate al tempo per la lotta al terrorismo, causarono a tutti i livelli ed in tutte le “fazioni” coinvolte. Personalmente, come sostenitore dei diritti civili in Rete e fuori (allora ovviamente solo fuori), avevo un atteggiamento molto preoccupato per le conseguenze delle leggi speciali dell’epoca.
L’avvento della Rete, salutato da tutti come un passo verso un luminoso futuro ha, particolarmente in Italia, provocato il ricorso a legislazioni nuove, spesso non particolarmente “illuminate” ma piuttosto cupe, che si preoccupavano principalmente di “difendere i cittadini onesti dagli abusi possibili con le nuove tecnologie, perpetrati da criminali, pedofili e terroristi”.
Personalmente io traduco questa affermazione nella più veritiera e descrittiva “implementare particolari accorgimenti tecnici e legislativi per utilizzare le nuove tecnologie come economici ed efficienti strumenti investigativi, e come nuovi e potentissimi strumenti di controllo sociale”.
Interpretazione personale, ovviamente.
Da qualche tempo pero’ diversi telepersonaggi (una volta li chiamavano “politici”) non di primo piano, o di primo piano ma in crisi di popolarità mediatica, hanno cominciato a utilizzare ogni fatto di cronaca, gravissimo o grottesco che fosse, per richiedere con voce tonante l’emanazione di leggi speciali per la difesa dei cittadini, della morale e della società civile.
Ogni volta che sento la locuzione “leggi speciali” mi preoccupo, in qualsiasi situazione e con qualunque giustificazione. Al contrario, nell’ultimo caso che ho sentito, quello legato al mondo del calcio, la mia reazione è stata diversa dal solito, e questa è appunto la scusa che utilizzo questa settimana per scrivere la rubrica.
Per quanto personale, è forse una reazione indicativa.
Non mi sono preoccupato. Non ho avuto paura. Mi è venuta la nausea.
Forse la misura (questa misura, alcune misure) è colma; magari io sono il termometro di un cambiamento e forse questo succederà presto ad altri. Speriamo.
In questo caso, cari telepresenzialisti, siete avvertiti. Anche solo proporre la prossima legge speciale potrebbe essere controproducente e ledere la vostra preziosa immagine. Trovate un altro modo di cercare popolarità. Tanto le leggi speciali, quelle vere, quelle preoccupanti, oggi non le chiamano nemmeno più così.
Le attuano altrove e senza troppa pubblicità, per esempio riformando il codice penale o “recependo” un oscuro trattato internazionale.
Poi non dite che non vi avevo avvertito.
Marco Calamari
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