Il watermarking che spiffera tutto

Il watermarking che spiffera tutto

Digimarc ha brevettato un sistema di watermarking capace di monitorare il traffico multimediale e di segnalare ogni volta che vengono fruiti i contenuti marchiati
Digimarc ha brevettato un sistema di watermarking capace di monitorare il traffico multimediale e di segnalare ogni volta che vengono fruiti i contenuti marchiati

La statunitense Digimarc ha depositato un brevetto sul watermarking digitale che potrebbe archiviare il “capitolo” DRM, per come almeno sono utilizzate oggi le tecnologie anticopia. Secondo gli esperti si tratta di una soluzione che permetterebbe la libera circolazione di file multimediali: i proprietari dei diritti verrebbero ricompensati solo all’effettiva riproduzione degli stessi.

Il documento depositato presso lo US Patent and Trademark Office indica “un metodo per il monitoraggio online della distribuzione di immagini, video e/o audio”. Sarebbe quindi in grado di scandagliare il web ed individuare i watermark digitali contenuti nei file. Una volta riconosciuti i “marchi” identificativi, i legittimi proprietari verrebbero informati, permettendo così l’eventuale accreditamento.

Digimark ha annunciato ora la registrazione del brevetto, richiesto però nel novembre 1998, prima dell’avvento delle piattaforme di media-sharing. “Il sistema potrebbe essere di aiuto nel costruire modelli di business praticabili in un’arena così complessa”, ha dichiarato Bruce Davis, CEO dell’azienda. “Rivoluzionando di fatto la distribuzione e la fruizione nel settore dell’intrattenimento”.

“La maggior parte dei contenuti di YouTube, ad esempio, comprendono estratti sotto copyright”, ha dichiarato Davis in un comunicato. “Se i siti di social networking implementassero un software per controllare lo streaming potrebbero identificare il materiale con copyright, creare report, negoziare la compensazione per la catena del valore e vendere spazi pubblicitari per beni e servizi specifici. Non vi è bisogno di ostacolare i consumatori. Infatti, l’identificazione dei contenuti potrebbe attivare la correlazione con beni e servizi capaci magari di migliorare lo stesso intrattenimento”.

L’implementazione del sistema, però, ha bisogno del coinvolgimento di più attori, ad ogni livello. I broadcaster dovrebbero integrare i watermark alle loro trasmissioni, in collaborazione con i detentori del copyright. Solo in seguito sarebbe possibile l’identificazione in fase di fruizione o condivisione da parte dell’utente. L’unico limite della tecnologia Digimarc, al momento, sarebbe dato dall’impossibilità di operare su reti P2P o hub privati di file sharing; il tutto funziona solo su siti “pubblici”.

Dario d’Elia

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Pubblicato il
1 mar 2007
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