Come accade ormai da qualche anno, saltuariamente tornano in voga le voci che vedono ormai prossimo il passaggio di Mac OS X ai processori x86. Ad alimentare questi rumor stavolta ci si sono messi anche nomi importanti, quali Andrew Neff e lo stesso Steve Jobs.
Andrew Neff è un analista molto accreditato nel mondo dell’informatica: fu lui a prevedere la fusione tra HP e Compaq prima ancora che i principali esponenti delle stesse società pensassero ad un’eventualità del genere. Secondo Neff, in un periodo compreso tra i 2 e i 4 anni, Apple migrerà ad Intel, e sarà una scelta tanto coraggiosa quanto vantaggiosa, soprattutto agli occhi di un mercato, quello informatico, che ha sempre favorito le aziende che assecondano le loro esigenze anche al costo di cambiamenti drastici e concreti.
Questa analisi di Neff giunge quasi in concomitanza con altre dichiarazioni rilasciate dal CEO di Apple durante un’intervista. Steve Jobs era sempre categoricamente chiuso verso una simile eventualità, ma in quest’occasione ha dichiarato che ?Mac OS X per Intel resta comunque una possibilità, e in Apple amiamo avere più opzioni tra cui scegliere?.
Queste, nell’estrema sintesi, le due dichiarazioni (rilasciate ormai più di un mese fa) che hanno scatenato i rumor dell’estate. Sicuramente la situazione va analizzata in maniera più approfondita: partiamo per esempio dalla possibilità vera e propria di realizzare una versione di Mac OS X per processori x86. Darwin, il kernel del sistema, esiste già in entrambe le versioni, e l’adozione di numerosi standard aperti non può che facilitare il resto del lavoro. Si tratterebbe comunque di realizzare tutto quello che sta sopra il kernel, e non è un lavoro da poco: Carbon, Cocoa, Java 2, Quartz, motori QT e OpenGL, AQUA, ecc. ecc.. Da tutto questo resterebbe comunque fuori l’ambiente Classic necessario per supportare le applicazioni che girano in MacOS 9, per cui ben si comprende il ragionamento di Jobs quando dice che ?la priorità è quella di completare la transizione verso Mac OS X, poi avremo di fronte più possibilità di scelta?. Semmai dovesse arrivare, il passaggio verso altre architetture potrà essere attuato solo quando MacOS classic non avrà più ragione di esistere, e tutto il software per Apple ruoterà interamente intorno a Mac OS X; eventualità, questa, che comunque dovrebbe presentarsi molto presto, presumibilmente entro la fine dell’anno.
Assodato che la realizzazione di Mac OS X per processori x86 sia una cosa realizzabile, restano da verificare le modalità di passaggio a tale architettura, e la reale convenienza di una simile mossa. Come ho già avuto modo di osservare in passato, Apple è un’azienda che ricava la quasi totalità del suo fatturato vendendo hardware. La mia opinione è che chi compra un computer Apple non lo fa tanto per l’hardware in sé (se non in alcuni casi), ma piuttosto perché è intenzionato ad utilizzare MacOS, e se Mac OS X potesse funzionare altrettanto bene su un qualsiasi assemblato x86, Apple (così come la conosciamo oggi) probabilmente farebbe una brutta fine; e non avrebbe sorte migliore neanche se Mac OS X per x86 dovesse funzionare male…
L’ipotesi più accreditata quindi potrebbe essere quella per cui Apple decida di “abbandonare” gli attuali processori per adottare un’architettura basata su processori x86 ma che sia in qualche modo proprietaria, così da non perdere gli attuali introiti derivanti dalla vendita di hardware. Ma per quale motivo Apple dovrebbe attuare una simile scelta? Per capire questo passo dobbiamo analizzare brevemente lo stato attuale di sviluppo dei processori.
I processori PPC hanno un’architettura differente rispetto a quella dei processori x86 e sono generalmente più efficienti, tant’è che a parità di clock sono mediamente più veloci. Il problema è che attualmente i PPC girano a clock decisamente inferiori, e il gap è ormai tale che in molte applicazioni i processori x86 hanno prestazioni migliori. Certo, il processore e le sue prestazioni non costituiscono necessariamente l’elemento fondamentale per determinare l’efficienza di una macchina completa, né tanto meno dovrebbero essere gli unici elementi a favorire la scelta di un computer; chi utilizza e appezza MacOS, quando compra una nuova macchina Apple sa di poter fare affidamento anche su molte altre caratteristiche.
Se però il gap dovesse continuare a crescere con questo ritmo, la situazione rischia di diventare ancora più critica: Motorola ha rallentato in maniera consistente la crescita dei G4, proprio nel momento in cui Apple ha deciso di investire in questi processori tutte le sue risorse, sviluppando il nuovo sistema con un occhio di riguardo per l’ottimizzazione verso Altivec e il pieno utilizzo delle istruzioni dedicate. Apple ha investito in questa direzione anche a scapito di IBM, altro suo alleato nello sviluppo di processori PPC che non ha mai abbracciato la causa del G4 ed ha concentrato i suoi sforzi solamente sul G3.
Le migliori speranze sono rivolte al fatto che Motorola possa presentare con un buon ritmo una serie di speed bumb che portino il G4 ad avvicinarsi come clock alle frequenze dei suoi concorrenti, per presentare poi il nuovo G5. Se questo non dovesse accadere, Apple dovrà prendere dei provvedimenti: qualcuno aveva addirittura ipotizzato che Apple potesse acquistare il reparto di Motorola che sviluppa i PPC-G4 e proseguire lo sviluppo per conto suo, ma si tratta di un’ipotesi a mio avviso molto lontana, anche perché Apple sta investendo le sue risorse in altre direzioni, ovvero acquisendo società specializzate in software audio e video. Anche l’abbandono del G4 di Motorola a favore dei G3 di IBM (che funzionano a frequenze superiori) sembrerebbe da escludere: così facendo si perderebbero tutti i vantaggi delle istruzioni Altivec, e a questo punto (come previsto da Neff) potrebbe essere più conveniente rivolgersi direttamente ad un’architettura completamente differente che però assicura maggiori sviluppi in termini di megahertz.
In realtà anche tra i processori x86 il mito dei megahertz comincia ad essere sfatato: AMD realizza processori ben più potenti di Intel, seppure a clock sensibilmente minori, e la stessa Intel sta sfornando un nuovo processore per portatili basato su una nuova tecnologia che gli permetterà di essere molto più efficiente degli attuali (sia in termini di consumi che di prestazioni) ma che funzionerà a frequenze di clock più basse.
Un’ulteriore possibilità per Apple potrebbe essere quella di rivolgersi al nuovo processore che IBM presenterà nel corso del Microprocessor Forum di ottobre, ovvero un processore PPC a 64 bit con un’unità di calcolo vettoriale. Non sono ancora noti tutti i dettagli che permettono di stabilire se questo processore potrà essere una scelta interessante per le macchine di Apple, in particolare la “compatibilità” dell’unità di calcolo vettoriale con le le istruzioni Altivec del G4 di Motorola, ma è probabile che IBM abbia fatto degli sforzi anche in tal senso, visto che i suoi processori G3 sono ormai rimasti in forza solamente sugli iBook.
In definitiva, come ammesso dallo stesso Jobs, Mac OS X è un sistema che permetterà ad Apple di poter operare diverse scelte per restare all’avanguardia anche nel settore hardware, anche a costo di attuare dei cambiamenti drastici come il passaggio ad un’architettura x86. Sicuramente un cambiamento di tale portata non potrà avvenire in tempi troppo stretti, sia per motivi “tecnici”, sia per la necessità di dover prima completare la transizione completa verso Mac OS X e il definitivo abbandono di MacOS classic.
Un’eventuale cambio di architettura, secondo il mio parere, sarebbe comunque accompagnato dall’adozione di una tecnologia proprietaria che assicuri la vendita di hardware, a meno che Apple non intenda rivoluzionare completamente anche il suo core business e trasformarsi in una software-house. Tutti questi discorsi troveranno un riscontro, secondo le dichiarazioni di Neff, nel giro di 2-4 anni, e proprio i termini temporali potrebbero essere l’anello debole del ragionamento: in un tale periodo di tempo lo sviluppo dei processori potrebbe subire numerose svolte, e un G5 di Motorola o il nuovo processore di IBM, solleverebbero Apple dallo sforzo di cambiamenti così drastici.
Nel frattempo lo sviluppo di nuovo hardware prosegue fin dove Motorola lo consente, e Apple la scorsa settimana ha presentato le nuove macchine di fascia professionale. La presentazione di nuovo hardware al di fuori delle manifestazioni ufficiali sta diventando ormai un’abitudine, forse dettata dai ritmi di chi produce i processori, forse utile per tenere alta l’attenzione del settore. In ogni caso, com’era facile immaginare, per supplire al gap in termini di megahertz, Apple ha deciso di seguire la strada delle macchine bi-processore, una scelta quasi obbligata che porterà i suoi frutti solo se chi sviluppa software terrà in considerazione questa importante caratteristica dei nuovi sistemi.
Tutti i PowerMac G4 attualmente in listino offrono, allo stesso prezzo di prima, un processore in più, ma al di là del doppio processore (due G4 da 1,25 GHz nella versione top) le nuove macchine nascondono altre piccole novità: si va da un incremento del bus di sistema all’adozione della memoria DDR (fino a 2 GB) con 2 MB di backside cache. All’interno possono trovare spazio 4 HD, di cui due Ultra ATA/100, mentre per quanto riguarda il reparto grafico viene adottata la nuova Radeon 9000 PRO (GeForce 4 MX sul modello base). Un leggero, ma sempre gradito, restiling del case esterno accompagna il ritorno dell’ingresso audio; i nuovi PowerMac-G4 sono forniti con Jaguar.
Certo, non si tratta delle macchine rivoluzionarie che molti si attendevano: si può immaginare a breve un ulteriore speed bump con l’adozione di Firewire 2, il tutto nell’attesa di vedere una scheda madre completamente rinnovata e dei nuovi processori. Si tratta comunque di un importante segno di reattività da parte di Apple, che in un momento felice di mercato (complice la nuova campagna “switch” e un malumore crescente, soprattutto negli USA, nei confronti di Microsoft), cerca di supplire nel migliore dei modi alle carenze del suo principale fornitore di processori.