Una follia tutta italiana

Una follia tutta italiana

di Marco Calamari - Lo ha detto Amato, ma non si riferiva a come i provider si trovano a dover registrare dati che non dovrebbero mai essere archiviati, si riferiva invece alle intercettazioni telefoniche dei Vip della politica
di Marco Calamari - Lo ha detto Amato, ma non si riferiva a come i provider si trovano a dover registrare dati che non dovrebbero mai essere archiviati, si riferiva invece alle intercettazioni telefoniche dei Vip della politica

Quoto questa frase del Ministro dell’Interno Giuliano Amato, noto per essere persona molto più competente e posata della media della classe politica italiana. Il riferimento è allo scandalo (scandalo di routine) delle divulgazione selettiva di intercettazioni telefoniche come strumento di lotta politica.

Un argomento del genere sarebbe fuori tema in questa rubrica; non lo è invece il problema di privacy che questa situazione solleva , come non lo è in problema della rapidità di risposta del legislatore a problemi ed istanze provenienti da ambienti diversi da quelli dei normali cittadini.

Per quanto attiene il primo problema è chiaro che le intercettazioni telefoniche usate in ambito giudiziario pongono seri problemi di privacy, trattandosi normalmente di conversazioni a due che possono avvenire tra un indagato ed una persona estranea alle indagini. Da questo punto di vista il senso comune vorrebbe che, per criterio di giustizia, una tale intercettazione venisse utilizzata solo nell’ambito delle indagini, e potesse essere usata solo per coinvolgere la persona estranea nelle indagini, ma non per avviarne di nuove. In ogni caso, trattandosi di colloqui che possono poi diventare parte di atti giudiziari destinati ad essere resi pubblici, dovrebbero essere debitamente editate per salvaguardare l’estraneo innocente.

La cancellazione di intercettazioni non pertinenti od a posteriori non rilevanti per il procedimento in oggetto sembrerebbe, sempre al senso comune, un altro atto logico e doveroso. Precauzioni di questo tipo non sono state sempre seguite in casi giudiziari passati, e non mi risulta che siano normate come tali; una pronuncia del Garante nei termini più semplici e diretti possibili sembrerebbe naturale.

Il problema della diffusione di intercettazioni prima del dibattimento in aula dovrebbe essere affrontato sistematicamente, non quando fa comodo; farebbe piacere vedere indagini, processi e condanne dei responsabili di queste diffusioni che sono già illegali, configurando come minimo il “comportamento infedele” di un dipendente o pubblico ufficiale, ma la cronaca che ricordo è straordinariamente povera a riguardo.

Per quanto attiene il secondo problema, quello della sensibilità “differenziale” del legislatore ai problemi dei politici rispetto a quelli dei cittadini, è necessario aumentare ulteriormente il tono già fortemente “populista” del discorso.

La tendenza attuale della società, e non sono in Italia, è quella di evolvere verso una cultura del tecnocontrollo preventivo e totale delle comunicazioni.

In Italia questo avviene in maniera tecnicamente non regolamentata, in cui gli attori sanzionabili, prevalentemente gli internet provider, sono ovviamente portati ad interpretare cautelativamente (per loro) in senso estensivo la scarna normativa e gli inesistenti regolamenti attuativi, intercettando e memorizzando tutto quello che è economicamente fattibile.

Ho personalmente assistito alla descrizione delle attività di intercettazione di uno dei tre principali provider italiani; questo provider memorizza i dati di tutte le sessioni TCP che vengono instaurate sulla sua rete, e memorizza tutti gli header dei messaggi di posta che vengono spediti o ricevuti dai suoi server.
Si tratta di una quantità di informazioni spropositata (dal punto di vista della privacy degli utenti) ed in alcuni casi non solo non richiesta, ma vietata.

Si pensi ad esempio all’header che contiene l’oggetto della mail; la normale applicazione della legge esclude l’intercettazione dei contenuti delle mail, e l’oggetto di una mail è probabilmente la parte più significativa del contenuto della mail in termini di “densità di informazione”. Inoltre secondo una interpretazione letterale della legge i dati da memorizzare non sarebbero gli header della mail, ma i comandi SMTP che effettuano la trasmissione del messaggio, e che contengono il destinatario vero, non quello agevolmente falsificabile degli header. Ricordo anche perfettamente che l’attuale Garante, presente a questa esposizione ed ai suoi commenti, non ritenne di pronunciarsi in alcun modo.

Per concludere, in maniera molto semplice; che credibilità ha una classe politica che reagisce prontamente con nuove leggi che violano la privacy dei suoi membri e poi permette, anzi prescrive lo scempio della memorizzazione preventiva delle mail e dei dati delle telefonate di tutti i cittadini italiani?

Se è follia che alcune intercettazioni selettivamente filtrino fuori dai palazzi di giustizia, come definire la noncuranza con cui si memorizzano i dati di tutti i cittadini italiani, con lo scopo specifico di controllarli, utilizzando oltretutto metodi e pratiche frutto di interpretazioni? Si consideri che in Italia, paese evidentemente davvero di folli, la memorizzazione si attua in maniera estensiva rispetto alle richieste della UE e dei trattati internazionali.

Che credibilità può avere quando anche suoi elementi distinti e coinvolti in prima persona come l’attuale Ministro dell’Interno ed il Garante si pronunciano e tacciono in questo modo?

Tra l’altro non sembrano aver pensato che tra queste mail e queste telefonate ci sono anche le loro.

Marco Calamari

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Pubblicato il
15 giu 2007
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