Offesi online denunciano 100 persone

Offesi online denunciano 100 persone

Sono quelli di un'azienda accusata di pubblicità ingannevole, che qualcuno sostiene sconfini nella truffa. La migliore difesa è l'attacco? Per ora l'azienda americana ha denunciato 100 persone che hanno detto la loro su web
Sono quelli di un'azienda accusata di pubblicità ingannevole, che qualcuno sostiene sconfini nella truffa. La migliore difesa è l'attacco? Per ora l'azienda americana ha denunciato 100 persone che hanno detto la loro su web

Video Professor , società specializzata nella vendita di corsi di auto-apprendimento dalla lunga storia commerciale, si è resa protagonista di una denuncia che fa discutere portando alla sbarra cento utenti di Internet , apparentemente colpevoli di aver “denigrato” il servizio con commenti negativi sul customer care e le false promesse di gratuità strillate dalle pubblicità televisive.

In particolare, quei cento sfortunati hanno espresso tutto il loro scontento su siti quali Infomercial Scams , portale specializzato nella pubblicazione di “colonne infami” sul meglio del peggio delle truffe nel commercio di beni e servizi informatici. La pagina dedicata a Video Professor contiene 143 lamentele di altrettanti utenti, tutti apparentemente caduti nella trappola delle lezioni gratuite da ordinare a casa pagando soltanto le spese di spedizione.

Spedizione che si rivelava poi avvelenata, contenendo una serie di videolezioni su CD dal costo di 90 dollari circa prelevati direttamente dalla carta di credito . C’era la possibilità di chiedere il rimborso, ma gli utenti parlano di attese enormi e soldi mai restituiti. L’utente “Tina” ha scritto il 22 settembre di aver sperimentato nel corso del tempo addebiti in successione sulla sua carta di credito per un software acquistato da Video Professor, senza che la restituzione del software al mittente e l’assicurazione del servizio clienti di rendere il maltolto (ad oggi, e dopo 3 anni di attesa, 171 dollari) fossero mai servite a qualcosa.

Eppure sono proprio il servizio al cliente e la sua soddisfazione che, apparentemente, interessano di più la società: in una lettera inviata dal presidente Bettye Harrison ad Infomercial Scams si parla della volontà di ottenere tutte le informazioni di contatto sugli utenti insoddisfatti , inclusivi di nome completo, indirizzo email, indirizzo postale, numero telefonico e qualunque altro dato sensibile che fosse stato registrato a riguardo per “risolvere tutti i problemi dei consumatori velocemente e in maniera completa”.

Ma quelle informazioni sono servite a tutt’altro . Prova ne è la denuncia che Video Professor ha intentato contro ignoti, non potendo colpire direttamente Infomercial Scams, un sito protetto dal “safe harbor” del Communications Decency Act statunitense che lo mette al riparo da denunce causate dai commenti degli utenti. L’esposto di Video Professor al giudice federale, a quanto riporta ars technica , appare “vaga”, non indica alcuna specifica dichiarazione falsa o diffamatoria e si limita a denunciarne la mera e generica presenza di commenti offensivi online.

Nonostante la vaghezza, quella denuncia è stata sufficiente ad ottenere una ingiunzione con cui costringere Infomercial Scams a consegnare i dati incriminati. Ma il sito quelle informazioni non vuole cederle, ne va del suo status di luogo per recriminare. E ha così deciso di farsi difendere da Paul Levy, avvocato dell’organizzazione Public Citizen Litigation Group con base a Washington DC, che sostiene fortemente l’insensatezza delle richieste di Video Professor: ognuno dei presunti messaggi diffamatori andrebbe identificato ed indicato con precisione , cosa che la denuncia non fa.

“La posizione di Video Professor è che ogni ex-cliente che critica la sua condotta deve necessariamente dichiarare il falso, e quindi è soggetto a denuncia per la calunnia? – si domanda Levy – Certamente non sono state fornite sufficienti prove per credere che ognuna delle dichiarazioni circa Video Professor sia falsa”.

Video Prof. va comunque avanti con la sua iniziativa legale, perseguendo quella che sembra una lunga storia più di cause che di business vero e proprio : la società fondata da John Scherer – il quale dice di voler arrivare fino alla Corte Suprema per ripulire il fango sparso dai vili dileggiatori – ha finora collezionato qualcosa come 615 denunce per mezzo del servizio Better Business Bureau , tra l’altro con una percentuale piuttosto alta di casi risolti prima di finire in tribunale.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
27 set 2007
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