Gli addetti ai lavori sono preoccupati per le nanotecnologie. Elizabeth Corley , dell’Arizona State University, e Dietram Scheufele , dell’Università del Wisconsin, hanno interrogato 363 scienziati a vario titolo coinvolti nella ricerca sui materiali molecolari: ne emerge una sostanziale incertezza per i rischi ambientali e sanitari collegati all’impiego dei nanocosi .
“Gli scienziati non dicono che ci sono problemi – precisa Scheufele – dicono invece che non sanno se ce ne sono, perché le ricerche al riguardo non sono ancora state fatte”. Gli esperti sarebbero tormentati dai dubbi sulle conseguenze dell’impiego di materiali migliorati modificandone la struttura atomica, a causa delle scarse informazioni disponibili sull’ interazione tra questi ultimi e il corpo umano.
Al primo posto delle preoccupazioni dei ricercatori ci sono dunque l’inquinamento e la salute, mentre gli argomenti meno scottanti sarebbero il rischio di avere robot che si autoriproducono e le ricadute occupazionali per l’industria. Opinioni diametralmente opposte , sostiene la ricerca, a quelle espresse dalla massa dei cittadini.
Per rilevare l’umore dell’uomo della strada sulle nanotecnologie, i ricercatori hanno fatto ricorso ad un sondaggio telefonico: al primo posto tra i timori c’è la perdita della privacy, imputabile a invisibili sciami di sensori in grado di seguire e tracciare indisturbati i movimenti di chiunque. Altro pericolo comunemente avvertito è il possibile utilizzo delle nanotech da parte dei terroristi.
Per gli autori, comunque, il vero punto cruciale dello studio sarebbe un altro: al contrario di tecnologie come quella atomica o degli organismi geneticamente modificati, la generale scarsa informazione sulla questione non ha generato alcuna reale preoccupazione tra la gente comune. Le nanotecnologie sono percepite in modo neutrale o addirittura positivo.
Gli scienziati, al contrario, nutrono parecchie riserve : molte più che sulle le centrali nucleari o gli OGM. Una situazione causata dalla scarsa comunicazione tra il settore della ricerca e il pubblico. Con conseguenze rischiose, se ad esempio un governo scegliesse di finanziare un settore della nanotecnologia ritenuto pericoloso.
Una distanza che va colmata, per Scheufele: “I ricercatori tendono a considerare la comunicazione come un problema secondario”. Eppure sono tenuti in grande considerazione dalla popolazione, secondo lo studioso, e basterebbero alcune puntualizzazioni sui rischi comportati dalle nanotecnologie per coinvolgere tutti in una riflessione sull’argomento: “Credo che il pubblico voglia saperne di più – conclude Scheufele – È il momento giusto per affrontare la questione”.
Luca Annunziata