Roma – Solo due settimane fa, Telecom Italia ha deciso un’ oblazione di 6,5 milioni di euro per sanare la propria posizione per alcune contestazioni mosse dell’ Authority TLC . E da ieri si ritrova in credito verso lo Stato per 385 milioni. Merito della Corte di Giustizia Europea del Lussemburgo, che ha stabilito che l’incumbent – dieci anni fa – ha pagato un canone non dovuto.
I giudici si sono pronunciati su richiesta del TAR del Lazio per una causa intrapresa dalla compagnia telefonica. Nel 1998, infatti, Telecom Italia aveva versato allo Stato un canone di 385 milioni di euro a titolo di diritto esclusivo di concessione sui servizi di telecomunicazione pubblica. Un canone che secondo l’incumbent, il primo gennaio dello stesso anno era stato abolito con l’apertura alla concorrenza del mercato. Il Governo Italiano ha invece sempre sostenuto la tesi che l’obbligo di pagamento sarebbe dovuto rimanere in vigore fino a fine 2008.
La Corte di Giustizia si è dunque espressa a favore di Telecom, specificando che dalla data del primo gennaio, “i soli oneri pecuniari applicabili alle imprese di telecomunicazione per le loro licenze individuali sarebbero dovuti essere quelli previsti dalla normativa comunitaria” e quindi che “tale obbligo di pagamento del canone per il periodo di un anno successivo alla trasposizione della direttiva nel diritto nazionale è contrario al diritto comunitario”.
Il TAR del Lazio, incassata questa decisione, dovrà ora formulare a sua volta un pronunciamento ufficiale che – verosimilmente – sarà aderente a quanto stabilito dalla Corte. Da cui è attesa un’altra presa di posizione: sempre nel 1998, anche TIM aveva versato un analogo canone di concessione, per la somma di 142,8 milioni di euro e per il quale aveva presentato un analogo ricorso. Se anche in questo caso venisse stabilità l’illiceità comunitaria del pagamento, il credito del gruppo Telecom nei confronti dello stato salirebbe a circa 528 milioni di euro. Denaro indebitamente incassato e che ora potrebbe dover essere restituito. Magari con gli interessi.
Dario Bonacina