Speciale/ I tag RFID non faranno più paura

Speciale/ I tag RFID non faranno più paura

Lo dicono gli esperti a Punto Informatico: serve solo più consapevolezza. Presto dilagheranno ovunque e già oggi fanno la differenza. Le preoccupazioni per la privacy? Esagerate. Il futuro? A radio-frequenza, ovviamente
Lo dicono gli esperti a Punto Informatico: serve solo più consapevolezza. Presto dilagheranno ovunque e già oggi fanno la differenza. Le preoccupazioni per la privacy? Esagerate. Il futuro? A radio-frequenza, ovviamente

Roma – Quando entrano nell’ufficio di Babbo Natale, molti dei bambini in visita al “Santa Claus’ Village” di Rovaniemi restano letteralmente a bocca aperta nello scoprire che, senza bisogno di letterine od indicazioni, il padrone di casa conosce già alla perfezione il nome di ciascuno di essi. Quello che i bambini non sanno, però, è che la preveggenza di Santa non dipende dalle sue virtù magiche: in effetti l’anziano signore si limita a leggere, sul proprio reader tascabile, le informazioni che i genitori hanno scelto di “scrivere” sui badge dotati di tag RFID che i figli portano in tasca.

un tipo di chippetto Quello appena descritto, molto curioso ed immaginativo, è in realtà solo uno dei molti usi che le tecnologie RFID stanno trovando negli ambiti industriali e commerciali più diversi. Introdotte per la prima volta dagli inglesi nel corso della Seconda Guerra Mondiale, quando servivano a distinguere gli aerei alleati da quelli del Terzo Reich, le tecnologie di RFID (Radio Frequency IDentification) hanno come obiettivo facilitare i processi di identificazione e tracciamento delle merci. Dal punto di vista concettuale, il loro funzionamento è molto semplice: all’oggetto da identificare viene applicata un’etichetta (il “tag”) formata da un chip ed un’antenna a radio frequenza, e contenente tutti i dati rilevanti relativi all’articolo; i segnali radio inviati dal tag vengono intercettati da un lettore (chiamato reader) che elabora le informazioni e le rende disponibili per il riuso successivo.

Le potenzialità della tecnologia RFID per l’identificazione ed il tracciamento delle merci sono effettivamente enormi e così, complice anche la diminuzione dei costi di produzione dei tag, essa si sta rapidamente affermando su scala globale in molti settori come la logistica, il farmaceutico, la grande distribuzione. Inoltre, giurano gli esperti, la nuova tecnologia è destinata a rivoluzionare anche molti altri comparti industriali ed a garantire enormi vantaggi per tutti, consumatori inclusi.

Apparentemente, quindi, quella dei sistemi a radio frequenza è una marcia trionfale, destinata a fare in tempi brevi della nuova tecnologia uno standard de facto per una varietà di usi. Solo che, e qui sta il nodo dolente per produttori e sviluppatori, le RFID sembrano fare molta paura a cittadini e consumatori . Un recente articolo di Associated Press (“Microchips everywhere. A future vision”), ampiamente ripreso e commentato da analisti e blogger di tutto il mondo, riassume bene i timori suscitati dalla tecnologia in oggetto: le RFID fanno temere un futuro in cui ogni comportamento sociale e di consumo viene tracciato, in cui i nostri dati personali vengono raccolti e riusati da agenzie senza volto, ed in cui oggetti sempre più “invadenti” ci danno indicazioni su cosa comprare e consumare.

Dove sta la verità? Le RFID sono uno strumento di efficienza e libertà, in grado di produrre risparmi ed esternalità positive per tutti, o invece costituiscono una nuova ed evoluta forma di “grande fratello elettronico” in agguato dietro l’angolo? Per rispondere a queste domande abbiamo provato a esaminare e ricomporre tutte le diverse tessere del puzzle- RFID, raccogliendo anche alcune suggestioni da due tra i più noti professionisti del settore in Italia: Corrado Patierno , analista, formatore e system integrator, e Giovanni Grieco , Direttore Commerciale di Caen RFID Italia .

Partiamo con alcuni dati relativi alle dimensioni del mercato. Il volume di affari che ruota intorno alle tecnologie in oggetto ha ormai dimensioni imponenti: stando ai dati di un recente rapporto IdTechEX , nel 2008 saranno venduti nel mondo circa 2,16 miliardi di etichette RFID , con una crescita di oltre 25% rispetto al 2007 e di oltre il 100% rispetto al 2006. Lo stesso rapporto IDTechEX stima in circa 3,7 miliardi di euro il giro di affari globale prodotto dalle tecnologie a radio- frequenza nel 2008 (+12% rispetto al 2007) e prevede altresì una quintuplicazione dei volumi economici associati entro il 2018. Intanto, grandi imprese come Wal-Mart, Metro, MasterCard e Nokia stanno compiendo già da tempo ingenti investimenti nel settore, mentre i governi dei
principali paesi (Cina e Stati Uniti in testa) cominciano a loro volta ad investire direttamente in progetti RFID-based.

A livello di applicazioni, gli ambiti d’uso già consolidati sono prima di tutto nei settori della logistica industriale, nella grande distribuzione e nel farmaceutico . Le imprese di spedizioni si servono dei tag RFID, sistemati sui container o direttamente sui singoli box, per monitorare a distanza i movimenti delle merci nei loro vari spostamenti. I responsabili di ipermercati e magazzini li usano per apprezzare le vendite dei vari prodotti, riassortire in tempo reale i banconi, supervisionare gli spostamenti delle merci. Le imprese del settore farmaceutico fanno dei tag RFID un uso ancor più articolato: essi servono non solo a tracciare i movimenti delle confezioni medicinali ed assicurare che quelle termo-sensibili mantengano la propria temperatura entro il range consentito, ma anche a garantire l’autenticità dei prodotti venduti. Per combattere le molte imitazioni del prodotto, ad esempio, la Pfizer ha deciso nel 2006 di “taggare” ogni confezione di Viagra in distribuzione negli Stati Uniti. E nel nostro paese? In tutta Europa, ma specialmente in Italia, il mercato dell’RFID appare oggi molto più limitato rispetto a quello estremo orientale o statunitense: sono ancora relativamente poche le organizzazioni che fanno ricerca, sviluppo e commercializzazione di RFID, e la crescita del settore è frenata da molti e diversi fattori. Spiega Patierno a Punto Informatico : “Le singole PMI italiane non sono in condizione di affrontare da sole i costi di ricerca associati allo sviluppo di progetti RFID, ed è relativamente scarsa l’attitudine a collaborare tra imprese diverse dello stesso campo”. Pesa, inoltre, la mancanza di prospettive certe rispetto ai ritorni di breve-medio periodo associati agli investimenti in ricerca e sviluppo.

un tipo di chippetto A livello applicativo, sono molti i progetti pilota intrapresi, ma relativamente pochi gli impieghi stabilizzati. Come illustrato da Grieco, uno degli esperimenti più riusciti è quello realizzato da Samer Shipping presso il Porto di Trieste. Qui, i sistemi RFID consentono di tracciare in tempo reale i movimenti dei camion che dall’autostrada e dall’autoporto si dirigono verso il porto, evitando congestioni di traffico e tempi morti, e garantendo il disbrigo in tempo accelerato delle pratiche doganali. Accanto a quella giuliana, si segnalano le esperienze dell’Aeroporto di Malpensa, dove la tecnologia è impiegata sperimentalmente in alcuni dei varchi merci della Dogana, ed all’Associazione Trasporti di Milano.

Questo il quadro presente. Ma, aggiungono gli esperti, in giro per il mondo le tecnologie RFID stanno già cominciando a cambiare in modo radicale molti altri settori industriali e merceologici , procurando vantaggi non solo alle corporations ma anche ai cittadini-consumatori.

Per cominciare, gli impieghi tradizionali collegati all’identificazione, alla certificazione di autenticità e al monitoraggio delle merci si stanno allargando a macchia d’olio. Sempre più spesso, ad esempio, gli operatori del settore alimentare ed i produttori di giocattoli impiegano tag RFID come “garanzia di autenticità” per tutelare i propri interessi (e quelli dei consumatori) di fronte ai ricorrenti tentativi di contraffazione. In molte compagnie aeree e aeroporti (tra cui la stessa Gatwick) i tag vengono impiegati per ridurre il rischio di smarrimento dei bagagli. Negli allevamenti bovini australiani e cinesi, invece, si è cominciato ad impiegare le etichette a radio-frequenze per la marchiatura del bestiame, allo scopo di identificare univocamente i capi e garantire la loro tracciabilità lungo tutto il percorso di crescita.

Un altro ambito in forte espansione è quello dei pagamenti . Infatti, diversi operatori del settore creditizio hanno già da tempo cominciato a “potenziare” le carte di credito tradizionali aggiungendovi dei chip a radio frequenze. Negli esercizi commerciali attrezzati per il loro impiego, le carte potenziate (cosiddette “contactless”) consentono agli utenti di completare gli acquisti senza codici o strisciate: per perfezionare l’acquisto è infatti sufficiente avvicinare la carta al reader del negozio, e premere il pulsante che autorizza la transazione. Il nuovo metodo sta trovando ottimi riscontri in ogni parte del mondo, ed anche nel nostro paese cominciano a nascere le prime esperienze: sulla base di un accordo con MasterCard, Poste Italiane ha avviato nel 2007 un primo progetto-pilota per garantire ai propri clienti pagamenti contactless di piccola entità.

Ma le applicazioni più innovative delle RFID sono legate all’impiego dei telefonini . Anzitutto, mutuando le esperienze del settore creditizio appena descritte, i grandi player del settore telefonico (Nokia e Motorola su tutti) hanno cominciato ad abilitare i propri apparecchi di nuova generazione per i pagamenti nei loro cellulari più avanzati. Attraverso l’innesto di un semplice chip RFID di tipo NFC (acronimo per “Near Field Communication”) all’interno della carta SIM, il cellulare può essere trasformato in un dispositivo di pagamento multipurpose, buono per la cassa del supermercato come per il botteghino del cinema, per il casello autostradale come per la biglietteria del bus. Anche in questo caso, delle potenzialità del sistema sembrano essersi resi conto pure i principali attori italiani: nel corso del 3GSM World Congress 2008, i rappresentanti di Telecom Italia Mobile hanno annunciato l’intenzione di investire robustamente nel settore delle RFID, approntando una serie di servizi di “borsellino elettronico” via cellulare.

In secondo luogo, l’innesto di tag a radio frequenza all’interno della carta SIM consente di impiegare il cellulare come “assistente intelligente” per il consumatore, aprendo la strada a scenari di ” dialogo tra oggetti ” sempre più ampie e immaginative. Infatti, un telefonino adeguatamente equipaggiato è in grado di scambiare informazioni con le altre merci dotate di etichette RFID, raccogliendo informazioni sui prodotti e rendendole disponibili sul proprio display, o magari segnalando al consumatore i prodotti che corrispondono alle preferenze da lui espresse in passato.

Secondo produttori e sviluppatori di RFID, quelle appena descritte sono possibilità di progresso aperte dalla nuova tecnologia, e vantaggiose tanto per l’industria come per i consumatori. “I cittadini”, chiosa Patierno “non sono ancora stati messi in condizione di comprendere appieno le potenzialità della nuova tecnologia. Ma quando la consapevolezza intorno ai benefici delle RFID si sarà allargata, molte delle riserve fin qui avanzate svaniranno”.

Tuttavia, come anticipato sopra, sono molti i cittadini e le organizzazioni che esprimono riserve sui rischi collegati all’impiego delle tecnologie a radio- frequenza.

un tipo di chippetto Esiste anzitutto una forte preoccupazione per la mancanza di trasparenza con cui i dispositivi RFID stanno entrando nella nostra vita quotidiana: in una consultazione pubblica realizzata dalla Commissione Europea tra il 2005 ed il 2006 nell’intero territorio dell’Unione, più dei due terzi dei cittadini intervenuti manifestavano perplessità sull’uso dei tag in generale, ed in particolare sul grado di pubblicità ed informazione dato alle iniziative in questo settore.

Questa prima perplessità si lega alla seconda, ancor più forte e risentita, riguardante i rischi posti dalle RFID in termini di rispetto della privacy . Infatti, come evidenziato da un articolo comparso su queste stesse pagine, spesso i consumatori semplicemente non sono al corrente della presenza di tag RFID all’interno dei prodotti da loro acquistati, e quando ne sono informati esprimono riserve in ordine al rispetto della propria privacy.

La paura è che gli oggetti che acquistiamo, e ancor più le carte di credito ed i telefonini “taggati” che abbiamo in tasca, possano “spifferare” ai quattro venti i nostri dati personali, le nostre preferenze di consumo, la frequenza dei nostri acquisti. Nella scheda di presentazione delle RFID pubblicata sul suo sito web, l’autorevole associazione Electronic Privacy Information Center rende manifeste tali riserve, paventando il rischio che una pervasiva rete di lettori- spia possa essere distesa ai quattro angoli del globo per sorvegliare tutti i comportamenti dei consumatori.

Tra l’altro, ed è questo un terzo elemento di criticità evidenziato dai detrattori dei sistemi a radio frequenza, incrociando tra loro le informazioni fornite dai singoli oggetti diventerebbe possibile costruire dei profili completi (ed illegali) dei consumatori . Tali schede potrebbero poi essere rivendute e rielaborate per le finalità più disparate (dal telemarketing allo spionaggio industriale, fino a ricatti veri e propri) senza alcun controllo da parte dei cittadini sulla qualità dei dati raccolti, sull’identità dei profilatori, sugli usi fatti delle informazioni personali. A fronte di questa varietà di dubbi e critiche, riprese in passato anche dall’assise dei Garanti della Privacy europei, i fautori dei sistemi RFID-based ribattono con una serie altrettanto articolata di argomenti. Il primo e fondamentale punto, sostengono, è legato al fatto che i sistemi RFID ben congegnati prevedono tutele specifiche per la privacy degli utenti . “Quando il progetto è ben realizzato” spiega Patierno a Punto Informatico “esso prevede già al proprio interno anticorpi affidabili rispetto ai rischi di dispersione o furto di informazioni, per esempio attraverso comandi di disattivazione automatica dei tag al perfezionamento dell’acquisto”. Queste affermazioni sulle possibilità di tutela della privacy attraverso il “design consapevole”, peraltro largamente riprese da tutta la letteratura pro-RFID, sembrano trovare riscontro anche nei risultati di un Libro Bianco intitolato “Rfid and Privacy: Guidance for Health-Care Providers” , recentemente pubblicato dal Ministero della Salute canadese. All’interno di tale documento, che analizza una serie di esperienze di impiego delle RFID in ambito sanitario, si sostiene infatti che là dove i sistemi sono adeguatamente progettati i rischi per la privacy dei cittadini-pazienti si riducono quasi a zero.

un tipo di chippetto Ma al di là di questo, sostengono progettisti ed esperti, le preoccupazioni legate all’impiego dei sistemi a radio-frequenza per lo spionaggio dei consumatori configurano una sorta di falso problema. Giovanni Grieco a PI lo spiega così: “Non solo costruire enormi sistemi di monitoraggio ed elaborazione dei segnali radio sarebbe difficilissimo da praticare tecnologicamente. Non solo richiederebbe investimenti economici enormi, che non potrebbero mai ripagare gli investimenti economici iniziali. Ma, più semplicemente, sarebbe superfluo, perché le tecnologie pre-RFID oggi disponibili (cellulari, carte fedeltà, carte di credito) consentono già un tracciamento completo ed accurato di tutti i nostri comportamenti, spesso con la nostra stessa collaborazione”. In un quadro siffatto, chiosa lo stesso Grieco, eventuali sistemi basati sulle RFID potrebbero eventualmente costituire un metodo di tracking in più, ma non certo un salto di qualità sostanziale.

Allo stesso tempo, gli esperti non si nascondono che, in passato almeno, la ridotta conoscenza della tecnologia da parte dei cittadini ha lasciato aperta la porta in alcuni casi ad impieghi fraudolenti del tagging RFID . Nel nostro paese, ad esempio, una grande impresa ha per un certo periodo “spiato” i movimenti dei propri (ignari) dipendenti attraverso sistemi di rilevazione dei tag RFID contenuti nei loro badge. “Tuttavia”, spiega Patierno, “quando l’azienda è stata colta in fallo essa ha subito una punizione esemplare da parte dell’autorità giudiziaria. La legge sulla privacy in vigore nel nostro paese garantisce adeguate garanzie rispetto ai potenziali abusi da RFID, e tutto ciò di cui c’è bisogno è una consapevolezza adeguata da parte del pubblico”.

Già, la consapevolezza . Quella relativa alla necessità di informare (e formare) adeguatamente aziende e cittadini sembra essere oggi l’unica priorità condivisa tra fautori e critici delle tecnologie RFID. Da una parte i richiami di chi, come Stefano Rodotà , rivendica da tempo la necessità di una maggiore consapevolezza per combattere i rischi di anestesia tecnologica dei cittadini. Dall’altra le posizioni di chi, come i produttori ed i progettisti di tecnologie a radio- frequenza, auspica l’avvio di un più ampio dibattito pubblico per portare alla luce i benefici della nuova tecnologia.
Se, e come, il confronto pubblico sulle RFID si svilupperà non è oggi dato sapere. Quel che è certo, però, è che la crescita della consapevolezza in questo campo costituisce una necessità ineludibile per poter arrivare a superare (in parte almeno) gli alti steccati che separano i detrattori dai “fan” delle nuove tecnologie in oggetto.

Perché se è vero che nessuna attività di alfabetizzazione potrà mai mettere i cittadini completamente al riparo dai tentativi di invasione della loro privacy da parte dei “pirati a radio- frequenza”, è pure vero che il futuro “targato RFID” sta già arrivando, e per difendersi (o meglio ancora per trarne vantaggio) forse è meglio conoscerlo.

Giovanni Arata

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Pubblicato il 6 mar 2008
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