Il transumanesimo fa un nuovo passo avanti: un progetto europeo guidato dall’istituto di ricerca svizzero IDIAP ha realizzato una interfaccia cervello-computer (o BCI, brain computer interface ) di nuova concezione, non invasiva e in grado di trasformare in comandi digitali i segnali elettrici emessi dal sistema nervoso centrale . Non solo, la tecnologia è in grado di mettere a stretto contatto l’intelligenza umana con quella della macchina sotto il suo controllo, macchina in grado di rielaborare e correggere anche comandi sbagliati.
Indirizzata nelle prime applicazioni sperimentali ai paraplegici o a chi è comunque costretto su una sedia a rotelle a seguito di lesioni gravi alla spina dorsale, l’interfaccia BCI del progetto MAIA (Mental Augmentation through Determination of Intended Action) permette all’utente di impartire comandi di movimento a una sedia a rotelle opportunamente collegata con elettrodi applicati sulla testa, impartendo le direzioni di movimento desiderate senza bisogno di altro che del proprio cervello.
La particolarità di MAIA rispetto a soluzioni simili sta però nella sua universalità di applicazione, e soprattutto nel fatto che l’intelligenza umana non è mai lasciata sola a controllare oggetti meccanici variamente complessi , supportandola con algoritmi di intelligenza artificiale adeguatamente tarati per “simulare” quelle azioni condotte dal corpo in maniera istintiva. Nel caso specifico, una volta comandata la sedia a rotelle di andare dritto, l’utente non dovrà occuparsi ogni volta di sterzare o evitare gli ostacoli incontrati lungo il cammino, la qual cosa sarà compito esclusivo dell’IA integrata.
L’IA prende insomma il posto del “subconscio” mentale che si occupa di coordinare i movimenti delle articolazioni e del corpo, rendendo l’interfaccia BCI molto più naturale e meno faticosa delle soluzioni tecnologiche fin qui sperimentate. “Volevamo vedere quanti movimenti dipendevano dai segnali del cervello dell’utente e quanti dall’intelligenza della sedia – ha dichiarato il coordinatore del progetto MAIA José del R. Millán – È venuto fuori che la sedia era intervenuta tra il 10% e il 40% delle volte a seconda dell’utente e dell’ambiente”.
I test fin qui condotti hanno altresì permesso di evidenziare come un utilizzo prolungato del dispositivo faccia intervenire con maggior frequenza l’IA: “In una dimostrazione in cui una persona stava adoperando la sedia da sei ore, l’IA è intervenuta più frequentemente negli ultimi tempi poiché l’utente era divenuto sempre più stanco e aveva fatto più errori”, dice ancora Millán.
Oltre a sopperire alle mancanze del cervello umano, l’IA creata dai ricercatori di MAIA è anche in grado di trasmettere un feedback all’utente , inviando ad esempio vibrazioni come quelle implementate nei telefoni cellulari per aumentare la consapevolezza di dove egli si stia dirigendo.
“Abbiamo dimostrato che è possibile controllare un dispositivo meccanico complesso con la mente, e questo apre la porta a ogni genere di prospettiva” sentenzia orgoglioso Millán, che ipotizza diversi scenari d’uso per la tecnologia di MAIA come applicazioni di domotica , interfacciamento con i PC, con i televisori o con gli arti artificiali in grado di sopperire alla mancanza di un collegamento normale tra quelli naturali e il sistema nervoso centrale.
In ogni caso i tempi di sviluppo di possibili soluzioni commerciali non sono brevi : per una sedia a rotelle come quella creata nell’ambito del progetto MAIA, sostiene Millán, “raggiungere il mercato implicherebbe sperimentazioni approfondite per verificare la sufficiente robustezza della tecnologia. Non possiamo permetterci che essa si guasti mentre qualcuno si trova in mezzo alla strada”. Anche per questo, i partner del progetto sono attualmente alla ricerca di nuovi investimenti per continuare il proprio lavoro.
Alfonso Maruccia