Roma, è l'anno della wireless revolution

Roma, è l'anno della wireless revolution

Il WiFi sostenibile, il coinvolgimento di aziende pubbliche, il wireless condiviso grazie a VPN e reti federate. Roma Wireless, nonostante il Decreto Pisanu, rimane ottimista, e rilancia. PI ne parla con i responsabili
Il WiFi sostenibile, il coinvolgimento di aziende pubbliche, il wireless condiviso grazie a VPN e reti federate. Roma Wireless, nonostante il Decreto Pisanu, rimane ottimista, e rilancia. PI ne parla con i responsabili

Roma – La capitale italiana non rimarrà a lungo la cenerentola delle capitali europee quando si viene al wireless. Il Consorzio Roma Wireless , che ha in carico la copertura della città con servizi wireless gratuiti, reagisce a certe critiche e rilancia: non solo saranno centinaia i punti di accesso WiFi in città ma l’espansione sta seguendo un modello economico destinato a reggere nel tempo, a sostenere l’espansione della copertura e a provocare benefici diretti ed indiretti non solo ai cittadini ma anche alle amministrazioni pubbliche.

Ne parla con Punto Informatico Francesco Loriga , fino a due settimane fa Responsabile Progetti di Innovazione tecnologica dell’assessorato alla semplificazione del Comune di Roma ed oggi rappresentante del Comune nel Comitato Guida Rete Roma Wireless , l’organismo che definisce le strategie e le regole di utilizzo della rete. Loriga non prende alla leggera le critiche di chi si scontra con l’autenticazione richiesta per l’accesso alle reti WiFi e spiega: “Quando partimmo, nella primavera del 2005, la registrazione era molto leggera, giusto i dati necessari a navigare. Poi ci fu l’attentato di Londra, a luglio, che ha cambiato molte cose, tra le ricadute arrivò anche il Decreto Pisanu”. I lettori di Punto Informatico lo conoscono bene: è quel pacchetto di normative sulla sicurezza anti-terrorismo che comprende, tra le altre cose, una data retention con pochi eguali in Europa , e che impone a chi fornisce servizi Internet un pesante procedimento di identificazione.

“Come Roma Wireless – spiega Loriga – abbiamo dovuto fare i conti con questa cosa. Nel 2005 eravamo partiti sui parchi. Poi è arrivato il Pisanu, che rendeva obbligatoria la fotocopia dei documenti e le altre procedure”. Da lì Roma Wireless, come tanti altri player italiani, ha cercato di inventarsi un modo per alleggerire le procedure . “Abbiamo trovato una soluzione che poi è divenuta quasi standard – spiega Loriga – trovando l’avvallo dei ministeri, ovvero l’uso dell’SMS”. Un aggiramento comprensibile: poiché il Pisanu impone agli operatori mobili di identificare in modo approfondito gli utenti delle SIM, l’onere dell’identificazione poteva essere tutto lì: “Abbiamo fatto in modo che chi si voleva registrare al nostro servizio wireless dovesse avere un cellulare”. Vista la diffusione del telefonino, il metodo è poi stato adottato da molte diversi player. Ma non è il metodo “definitivo”.

Per accedere a Roma Wireless, spiega Loriga che intende così chiarire nel dettaglio il meccanismo di accesso, è necessario inserire i dati richiesti dal Pisanu e accettare l’informativa sulla privacy necessaria all’uso del servizio. “È presente anche una seconda informativa – spiega – introdotta dall’azienda che gestisce il servizio ma la cui accettazione è del tutto facoltativa”, una informativa di tipo commerciale come tante, che propone all’utente il trattamento dei suoi dati a fini di marketing. La novità, anche rispetto all’SMS , è il numero di telefono: “Una volta inseriti i dati viene proposto un numero – sottolinea il responsabile del Comune – che va chiamato dal cellulare che si è dichiarato. Il numero aspetta per 5 minuti la chiamata dal numero dichiarato”. Una chiave a tempo che consente di autenticarsi rispettando i paletti del Pisanu senza spendere una lira: “Fa due squilli e poi cade la linea, non si paga alcuno scatto, e non mandando nemmeno l’SMS non si paga neppure quello”.

Il resto è ovvio: il sistema acquisisce il numero chiamante, confronta i dati relativi con quelli inseriti dall’utente e se c’è corrispondenza attiva l’utenza. Da quel momento in poi l’utente può collegarsi gratuitamente per un’ora al giorno da tutti gli hotspot Roma Wireless. La gratuità non è sancita in modo definitivo dal protocollo di intesa di Roma Wireless “ma il criterio di fondo è chiaro” – sottolinea Loriga, è quello cioè l’obiettivo a cui si punta per fornire i servizi di rete ai cittadini, ai turisti e via dicendo. Il problema che si pone, dunque, è naturalmente quello della sostenibilità : offrire gratuitamente wireless in giro per il Mondo fin qui ha dato scarsi risultati, e progetti morti rapidamente. Ed è qui che Roma Wireless intende fare la differenza. Ecco come. “Abbiamo fatto vari esperimenti e seguito diverse strade – spiega Loriga – ma ora il modello sostenibile è piuttosto chiaro”. Non si parla di servizi in cambio di pubblicità, come proponeva Google a San Francisco, né come accade nella City londinese dove in cambio di un’ottima qualità di servizio viene richiesto un abbonamento da 30 sterline al mese, né si ricorre a finanziamenti a cascata. “La nostra idea – continua Loriga – parte dalla constatazione che esistono diverse reti, a Roma come in altre città, molte delle quali sono di proprietà dell’amministrazione pubblica perché sono del Comune, di enti, di aziende pubbliche, sono reti spesso a banda larga e connettono una serie di punti in città. Non usarle a piena capacità non è tollerabile”.

Ed è qui la chiave: l’idea cioè di condividere le risorse a beneficio dei cittadini e delle stesse aziende ed amministrazioni coinvolte. “Il concetto – continua Loriga – è che ci sono moltissime istituzioni, aziende e via dicendo la cui rete, spesso in fibra, può con poco lavoro dar vita ad una VPN da connettere con altre VPN, una rete destinata all’accesso pubblico e disgiunta dalla rete interna”. Condividere la banda, dunque, anche in modo creativo.

Roma, l'anno della wireless revolution “Si pensi alle paline elettroniche delle fermate dell’autobus, i display che ora sono circa 330 in città – spiega Loriga – Lì c’è dell’elettronica”, ovvero un viatico alla realizzazione di nuovi punti d’accesso distribuiti. C’è stato un bando per il Programma Elisa e il progetto di infomobilità ideato a Roma realizzerà in collaborazione con ATAC una nuova rete di hotspot. “300 di questi display diventeranno hotspot – spiega Loriga – l’ATAC e le altre aziende che hanno questa rete la pagheranno perché ne fruiranno loro per primi, ma una parte la lasceranno ai cittadini”. Ma si parla anche di AMA, la società ambiente, delle sedi del Comune, delle biblioteche.

L’idea dunque è appoggiare la creazione di nuovi hotspot grazie a VPN dedicate su quelle reti destinate a beneficiare chi paga per la loro attivazione e allo stesso tempo anche i cittadini. “In pratica, un po’ come succede con FON – evidenzia Loriga – in tutti questi hotspot che metterò in giro per la città ci saranno fondamentalmente due reti. Una è la rete di servizio dell’amministrazione, una rete pubblica per proprietà ma privata, ossia riservata, sotto il profilo tecnologico, una rete alla quale si riferiranno gli operatori pubblici che vi si connetteranno con i palmari e gli altri dispositivi, una infrastruttura dunque già pagata dal Comune, AMA, ATAC e via dicendo. L’altra rete è invece una VPN distinta con una parte di connettività lasciata ai cittadini: a quella potranno collegarsi per navigare, ottenere informazioni ad esempio sul traffico e via dicendo”.

Lo scopo di Roma Wireless, dunque, è di fornire in questo modo punti di accesso gratuiti, con un concetto di gratuità “destinato a rafforzarsi mano a mano che si espande la federazione delle reti coinvolte”, sottolinea Loriga. Se oggi sono attivi tra i 70 e gli 80 hotspot , entro l’anno si punta ad attivarne almeno altri 350 con i costi coperti, “un modello – aggiunge il Responsabile comunale – che hanno adottato pure a Houston, anche in questo caso aprendo VPN ai cittadini su una rete che è usata anche dalla polizia”.

Si tratta, in effetti, di un circuito virtuoso a favore anche di chi detiene certe risorse: ci sono casi in cui amministrazioni comunali in possesso di doppino hanno scoperto, grazie a questo progetto, che il doppino poteva diventare non solo un ADSL ma anche una portante WiFi, su cui adottare sistemi VoIP, producendo così un risparmio decisivo sui costi telefonici. “E allo stesso tempo – sottolinea Loriga – attivando con la rete condivisa un servizio utile e vantaggioso per tutti i cittadini”.

I progetti peraltro si moltiplicano, anche in virtù delle nuove modalità di fruizione della rete. “Non si parla più solo di WiFi per PC – insiste Loriga – ormai si accede con strumenti sempre diversi, dal subnotebook allo smartphone, ai navigatori satellitari. In Italia ci sono almeno 80 modelli di cellulari con WiFi a bordo, e le stime parlano di un aumento esponenziale”.

Roma, l'anno della wireless revolution Tutto questo produce anche un aumentato interesse degli esercizi commerciali . Come succede con FON, che proprio a Roma ha attivato un programma di federazione degli esercenti, Roma Wireless riceve richieste da chi vuole offrire agli avventori del proprio locale, del proprio bar o ristorante, la possibilità di connettersi.

Oggi Roma Wireless conta circa 6mila iscritti al servizio , alcuni hotspot sono più apprezzati di altri “soprattutto perché – sottolinea Loriga – i cittadini sanno dove si trovano”. Uno degli ostacoli all’uso della rete è spesso il fatto che non si sa che un hotspot è disponibile in una certa zona. Un problema su cui si sta lavorando. Il futuro? Una ulteriore estensione della rete ibrida .

Paolo De Andreis

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Pubblicato il
13 mar 2008
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