RateMyCop consegna al cittadino l’onere e la responsabilità di valutare il comportamento degli agenti delle forze dell’ordine che operano sul suolo americano: il registrar che lo ospitava ha espulso il servizio dalla rete. La motivazione? Ancora non è emersa, nel turbine di dibattiti nei quali si fronteggiano sostenitori della trasparenza e difensori della privacy.
RateMyCop, nuovo arrivato sulla scena dei servizi di valutazione collaborativa online, ospita una lista di 140mila poliziotti statunitensi : per ciascuno degli agenti inseriti nel database compaiono nome, cognome e luogo di competenza, in alcuni casi la descrizione è completata dal numero di tesserino che identifica ciascuno di loro. Nessuna foto, nessun indirizzo: in questo modo è possibile bilanciare riservatezza e trasparenza, si garantisce alla società civile la possibilità di esprimere una valutazione senza incitare i cittadini alla lapidazione del poliziotto insignito di valutazioni poco generose.
Ma l’iniziativa non è stata accolta con favore nei distretti di polizia: i primi timorosi sospetti serpeggiavano già a gennaio, nel momento in cui l’azienda che sta alle spalle di RateMyCop aveva iniziato ad accumulare dati per costruire l’archivio. Nonostante la richiesta fosse pienamente legittima , le forze dell’ordine hanno fornito malvolentieri gli elenchi del personale.
Ma la reazione della polizia statunitense si è scatenata nel momento in cui il servizio è comparso online: sono numerose le organizzazioni di membri delle forze dell’ordine che hanno osservato come il servizio metta a rischio la riservatezza degli agenti e comprometta lo svolgimento delle indagini rivelando l’identità del personale che opera sotto copertura. Non sono bastate le rassicurazioni di RateMyCop, la garanzia del fatto che nell’archivio non compaiano altro che nomi e cognomi e non figurino gli agenti impegnati in missioni speciali. Non è bastato spiegare che il servizio contribuirà a scardinare lo stereotipo del poliziotto che agisce come il braccio violento della legge: “Voglio vederli sparire” ha inveito un ufficiale appena informato del funzionamento del servizio.
GoDaddy, il registrar presso il quale era stato registrato il dominio, lo ha accontentato : senza avvertire gli operatori, ha rimosso RateMyCop dalla rete . Allarmato, il fondatore del sito, Gino Sesto, ha contattato GoDaddy: “Vi si intrattenevano attività sospette” è stata la giustificazione del registrar in occasione della prima rimostranza; “il sito ha ecceduto il limite di banda concessa” la risposta che Sesto ha ottenuto quando ha voluto approfondire contattando di nuovo l’azienda.
Sono giustificazioni del tutto infondate, ha ribattuto furente Sesto, che ha gridato ad un illegittimo comportamento censorio : le statistiche riguardo al traffico smentiscono chiaramente le affermazioni del registrar. Nessuna scusa da parte di GoDaddy, nessun ulteriore commento .
RateMyCop è tornato online, Sesto si è affidato ad un altro registrar: lo Streisand Effect sta iniziando a dispiegarsi e c’è chi, in nome del diritto dei cittadini ad esprimersi, invita ad amplificare il passaparola.
Gaia Bottà