Tokyo – La primavera imminente porterà con sé una iniziativa senza precedenti nel paese dei samurai corporativi e dello sviluppo tecnologico senza freni: i quattro gestori giapponesi di connettività hanno stretto un accordo che promette dura lotta contro chi scarica e condivide contenuti e software “illegali” in rete. Gli utenti che, avvertiti, continueranno a scaricare saranno disconnessi senza ulteriori appelli.
A sganciare la bomba, che sta risuonando in tutto l’interlink, è stato il quotidiano Yomiuri Shimbun : a sottoscrivere la sacra alleanza contro il peer-to-peer fuorilegge vi sono le organizzazioni dei provider Telecom Service Association e Telecommunications Carriers Association , che contano, nel complesso, su qualcosa come mille associati grandi e piccoli, tutti interessati e coinvolti all’iniziativa. Un evento la cui portata è destinata a non avere precedenti e che si riverserà contro i condivisori del Sol Levante, inclusi gli utenti del popolare e discusso network di Winny , il celebre software P2P per lungo tempo assai diffuso nel paese.
L’industria giapponese dei fornitori d’accesso, dunque, per la prima volta in un paese democratico ha accolto unitariamente gli appelli della major , subordinando il proprio rapporto con gli abbonati alle esigenze del diritto d’autore e dello status quo. D’altro canto l’industria dei contenuti e del software da tempo anche in Giappone denuncia quelle che ritiene immani perdite dovute alla distribuzione non autorizzata di materiale.
Le due industrie, quella della connettività e quella del copyright, si incontreranno a partire dal prossimo aprile per decidere nel dettaglio su come procedere , stabilendo le linee guida delle politiche da seguire per la disconnessione degli utenti più riottosi. La consultazione avverrà tra le quattro organizzazioni di provider e associazioni quali Japanese Society for Rights of Authors (JASRAC) e Association of Copyright for Computer Software (ACCS).
Le misure di cui si parla in questi giorni ricordano per alcuni versi l’ormai famigerata Dottrina Sarkozy : verrà imbastito un sistema di “avvertimenti” per gli utenti del P2P , le cui reti saranno scandagliate da un software progettato a tale scopo. Chi deciderà di non fare tesoro dell’avvertimento, e verrà beccato con le mani nella marmellata dei contenuti una seconda volta, sarà passibile di disconnessione forzata per un periodo di tempo da stabilire, o anche per sempre .
Il proibizionismo telematico giapponese nasce dalla constatazione dei semplici numeri del “fenomeno” file sharing nel paese, un fenomeno in pieno boom con ritmi di crescita senza precedenti e ben pochi eguali nel mondo, grazie anche alla avanzata infrastruttura di rete basata sulle fibre ottiche, in grado di offrire connessioni davvero broadband e molto più veloci delle “semplici” ADSL americane ed europee. Secondo le ultime stime, il numero totale di condivisori nel paese sarebbe di 1,75 milioni.
Le preoccupazioni dell’industria dei contenuti si riverberano sulla politica adottata dagli ISP nei confronti delle tecnologie di condivisione, apparentemente suffragate dai numeri di una “pirateria” telematica rampante : una breve sessione di monitoraggio del traffico di rete distribuita nell’arco temporale di sole sei ore, sostengono le organizzazioni del copyright, è bastata a individuare 3,55 milioni di copie di software videoludico “illegale” e 610mila brani musicali non autorizzati, per un danno economico complessivo pari a 10 miliardi di yen (circa 65 milioni di euro).
Il Giappone vuole dunque giocare un ruolo di apripista nella corsa internazionale contro il P2P. Scelte molto diverse da quelle che potranno essere assunte in Italia, dove solo pochi giorni fa il Garante della Privacy ha dichiarato illegali software come quello che gli ISP nipponici vorrebbero impiegare, ma anche diverse da quelle statunitensi, dove grossi provider come Verizon sembrano decisamente poco inclini a divenire il tappetino degli interessi di Hollywood e dei finanziatori di RIAA.
Riuscirà questa volta il sacco dei condivisori? Non è detto: già due anni fa un grosso provider tentò di introdurre una misura simile, con tanto di disconnessione forzata per gli utenti impenitenti, ma quella volta la sortita rientrò piuttosto in fretta dopo l’avvertimento ricevuto dal Ministro degli Interni e delle Comunicazioni, secondo cui la pratica sarebbe stata pericolosamente simile all’intercettazione telematica, in violazione del sacrosanto diritto alla privacy nelle comunicazioni. In Giappone in queste ore c’è chi spera che proprio la politica metta un freno alla svolta pro-major.
Alfonso Maruccia