Silicio stretto tra nanotubi di carbonio e qubit

Silicio stretto tra nanotubi di carbonio e qubit

Il regno del silicio sembra essere terminato. Almeno secondo i fisici, che predicono la fine del chip al silicio in favore dei nanotubi di carbonio e, idealmente, del computer quantico
Il regno del silicio sembra essere terminato. Almeno secondo i fisici, che predicono la fine del chip al silicio in favore dei nanotubi di carbonio e, idealmente, del computer quantico

Si è svolta in questi giorni al Dipartimento di Fisica ed Astronomia dello University College a Londra una conferenza sulla Fisica dei Materiali. Nell’istituto un gruppo di 80 membri, di cui 17 dello staff accademico, 30 studenti, dottori di ricerca, tecnici e persone di supporto lavorano dal 1993 nell’ambito della Computer Research. Durante la conferenza, si è parlato dei limiti fisici del silicio e di cosa potrebbe sostituirlo, uno degli argomenti più rilevanti del computing contemporaneo.

Come Gordon Moore aveva predetto nel 2005, le limitazioni fisiche della miniaturizzazione dei dispositivi elettronici danneggia lo sviluppo dei chip al silicio rendendo impossibile a certe grandezze la trasmissione dell’informazione. Questo limite ha di fatto frenato la Legge di Moore , secondo cui il numero di transistor dei processori raddoppia ogni 18 mesi.

Già a febbraio Punto Informatico aveva parlato dei finanziamenti che l’NSF americano ha chiesto per studi inerenti, fra l’altro, alla sostituzione del silicio. Secondo Micheal Foster, direttore di computazione e comunicazione al NSF ” Le basi tecnologiche sulle quali contiamo oggi stanno diventando obsolete ; dobbiamo trovare un modo per rimpiazzarle e trovarne di nuove, dobbiamo andare avanti”.

Anche per Foster la barriera dei transistor è una questione di grandezze: ” Il limite è, di fatto, che i transistor saranno così piccoli da non poter garantire la funzionalità “. Per la precisione, Foster non fa riferimento generalmente alla dimensione dei transistor, ma nello specifico alla dimensione dell’ossido di gate.

L'ossido di gate In un transistor, l’ossido di gate (vedi a lato) funge da isolante fra gate e canale: minore il suo spessore, maggiori il flusso di corrente e le prestazioni. In un futuro prossimo, le dimensioni dell’ossido di gate si potrebbero ridurre al punto di non poterlo più utilizzare come effettivo isolante.

Molti fisici confermano che la soluzione potrebbe venire dai nanotubi di carbonio , ovvero dei nanotubi con speciali proprietà fisiche e chimiche, utilizzabili anche come semiconduttori. Un semiconduttore è un materiale con resistività intermedia tra quella dei conduttori e quella degli isolanti; in elettronica il semiconduttore più utilizzato è il silicio: l’idea è quella di sostituire al silicio i nanotubi di carbonio per la creazione dei transistor.

I nanotubi di carbonio possono essere un modo per minimizzare le dimensioni dei transistor : la performance dei transistor è correlata alla loro dimensione: minori le dimensioni, maggiori le prestazioni. Per l’utilizzo dei nanotubi di carbonio in sostituzione del silicio è comunque obbligatoria la ricerca anche nell’ architettura . È ovvio che l’architettura dei circuiti integrati andrebbe modificata per trarre il massimo da questo cambiamento.

Guardando un po’ più lontano, la risposta definitiva allo sviluppo tecnologico potrebbe arrivare dal computer quantico . Il computer quantico utilizza materia – atomi e molecole – per processare immani quantità di dati anche perché l’unità di base, il qubit , ha la proprietà di trasportare contemporaneamente i valori 0 ed 1. Le proprietà dei qubit sono molteplici e derivano direttamente dai postulati della meccanica quantistica .

qubit

Come spiega Maria Luisa Dalla Chiara – presidente della International Quantum Structures Association – “I computer quantistici permettono forme molto complicate e molto forti di parallelismo, e questo parallelismo è fondato su un’idea centrale della meccanica quantistica, che è l’idea di sovrapposizione di stati quantistici. Nell’applicazione ai computer e ai calcoli, gli elementi di una sovrapposizione quantistica di stati danno luogo a rami paralleli di calcolo, per cui ogni ramo rappresenta l’elemento di una sovrapposizione quantistica. Naturalmente, per ottenere, poi, un risultato definito tutti questi rami diversi devono precipitare su un unico risultato, deve avvenire quel processo che in meccanica quantistica si chiama collasso della funzione d’onda . Questa forte situazione di parallelismo rende il calcolo quantistico molto più veloce rispetto ai calcoli tradizionali. È stato realizzato che un calcolo svolto con tanti computer tradizionali collegati via Internet – calcolo che ha bisogno, normalmente di molti mesi -, se fosse realizzato attraverso un computer quantistico potrebbe richiedere pochi minuti: otto, nove minuti.”

Comunque, allo stato attuale non esiste alcuna realizzazione pratica di computer quantici, solo ricerche ed esperimenti. Ad ogni modo, dato il funzionamento parallelo di una macchina quantistica, sarebbe necessaria anche la programmazione parallela , un settore in cui la ricerca è partita all’inizio degli anni 70 ma che oggi è inesplorato. La ricerca, dunque, coinvolge anche il settore dell’ingegneria del software.

Hans Mooij, fisico ricercatore preso la Delft University of Technology in Olanda, crede che un traguardo importante per lo sviluppo dei computer quantici sia portare da due a tre il numero di qubit che possono comunicare fra di loro. Per un computer quantico funzionante bisognerebbe averne 10mila. Ma Mooij è ottimista: secondo lui i problemi che si hanno oggi nello sviluppo dei computer quantici sono comunque risolvibili e il primo computer quantico reale potrebbe arrivare entro 20 anni .

Enrico “Fr4nk” Giancipoli

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Pubblicato il 3 apr 2008
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