Si chiamano Leonardo Fiorini, Luca Bartoletti, Stefano Aru e Antonio Malara, studiano Informatica all’Università di Pisa e dalle 9 di sabato mattina fino alle 20 di domenica saranno impegnati nel primo “reality show per soli nerd” (così lo chiamano loro): 36hoursdeveloping . Una maratona di 36 ore filate , in diretta online sotto l’occhio vigile e inclemente di tre webcam, per realizzare un’applicazione per iPhone partendo da zero.
“È un’idea nata per gioco – spiega Stefano a Punto Informatico – parlavamo spesso di extreme programming e alla fine abbiamo deciso di prendere la questione sul serio e provare a buttarci sullo sviluppo per un tempo serrato, tutti in una stanza”. Da tempo progettavano lo sviluppo di un videogame, anche per console portatile, ma dopo aver visto cosa è in grado di fare il melafonino si sono detti: perché no? E invece di fare le cose semplici, prendendosi mesi di tempo per dare corpo ai loro pensieri, hanno pensato ad una sfida .
Piano piano la cosa ha preso piede, è arrivato anche il supporto di uno sponsor – un rivenditore toscano del marchio di Cupertino – e la faccenda si è fatta più seria. La scelta della piattaforma da utilizzare, comunque, non è caduta subito su iPhone: “Avevamo pensato anche ad XNA di Microsoft per la console Xbox, o comunque ad una applicazione ludica per PSP – chiarisce Luca – ma al di là dei marchi a noi interessava molto questa faccenda dello sviluppo casalingo, come si diceva una volta in cantina : negli Stati Uniti va forte e anche in Europa sta prendendo piede, mentre in Italia non ha ancora molto successo”.
La decisione di utilizzare l’iPhone è arrivata dopo il lancio dell’SDK: “Realizzare un gioco ormai costa più di un film – prosegue Luca – ma a volte i prodotti più semplici riescono a raggiungere molte più persone. Vedere come Apple aveva pensato l’SDK, il meccanismo di distribuzione attraverso iTunes Store, ci ha convinto a fare un tentativo”.
Il programma beta per lo sviluppo delle applicazioni per iPhone, però, è riservato ai programmatori USA , e quindi non sarà possibile per i quattro ragazzi italiani sfruttare fino in fondo le capacità del telefono: “Non potremo usare gli accelerometri – racconta Antonio – perché mancando la chiave per sbloccare l’SDK ci dovremo limitare alle prove sull’emulatore che non li prevede. Ci arrangeremo col touch, e stiamo pensando ad una grafica a metà strada tra il 3D e il 2D”.
In futuro forse sarà possibile entrare nel programma di sviluppo ufficiale per il melafonino, i ragazzi ci sperano, e anche per questo non hanno ancora deciso cosa faranno di quanto scriveranno sabato e domenica: “Siamo indecisi se rilasciare tutto con una licenza open source – continua Antonio – oppure se tenerlo, rifinirlo e magari provare a commercializzarlo. Decideremo alla fine, a seconda di come andrà”.
Comunque vada, i ragazzi sono contenti di come sta procedendo il lavoro: “All’inizio in facoltà ci prendevano per matti – conclude divertito Antonio – ma ora ci supportano: siamo rimasti sorpresi dall’attenzione attorno a questa idea. Ci hanno contattato in molti per saperne di più, e se la cosa avrà successo ci sarà sicuramente spazio per altre iniziative del genere”. Esami permettendo, naturalmente.
a cura di Luca Annunziata