Non tutta la ricerca è macchiata

Non tutta la ricerca è macchiata

Un lettore racconta la propria visione del mondo della ricerca, messo di recente all'indice su queste pagine. Le pubblicazioni scientifiche sono attendibili
Un lettore racconta la propria visione del mondo della ricerca, messo di recente all'indice su queste pagine. Le pubblicazioni scientifiche sono attendibili


Roma – Gentili Signori, leggendo la lettera da Voi pubblicata dal titolo Macchie nel mondo della ricerca del 22 Ottobre 2002 sono letteralmente saltato sulla sedia per la messe di luoghi comuni e forzature che conteneva.

Partendo da una denuncia comunque corretta, il lettore e mittente si abbandona con profusione ai più vieti stereotipi riguardo la ricerca scientifica, a partire dal più duro a morire, quello che vorrebbe la scienza una religione, gli scienziati dei sacerdoti, le pubblicazioni scientifiche dei testi sacri, o meglio, quello che vorrebbe che questa fosse la visione comune della scienza da parte del comune essere umano.

E’ del tutto evidente che esiste la possibilità che la scienza assurga, per alcuni, al ruolo di faro e luce unica, feticcio da adorare. C’è chi si sceglie la squadra del cuore come ragione di vita, chi il proprio partner, chi una religione, chi un gruppo musicale, chi un marchio alla moda, chi la scienza. Contesto pero’ che questa visione sia generalizzabile riguardo alla scienza, oltre che alle restanti fattispecie che elenco.

Soprattutto, il punto focale su cui mi preme dibattere è dato dal fatto che le pubblicazioni scientifiche, delle quali la comunità scientifica fa uso per comunicare i propri risultati alla collettività dei colleghi e del pubblico, lungi dall’essere considerate come testi sacri, sono semplicemente lo strumento più efficace ad oggi noto per mettere la comunità scientifica in grado di valutare i lavori altrui, e quindi di sottoporli a verifica, conferma o confutazione, così come si ha da fare in un procedimento epistemologicamente corretto.

Accade, e presumo pure con la frequenza con cui la cosa accade in altri settori, perchè non puo’ essere diversamente data la fallacia delle umani attività e perchè gli uomini sono uomini a tutte le latitudini, che furboni, truffatori, vivacchiatori, tiratori della carretta, tentino il colpo gobbo per sollevare la propria carriera, la propria fama, le proprie fortune, all’interno del mondo della scienza. L’elenco, aldilà della singola vicenda che il lettore ci racconta, è ben lungo, dall’uomo di Piltdown alla poliacqua, passando per i raggi N arrivando alla memoria dell’acqua, alla fusione fredda, ai lavori di Kuznetsov riguardo all’invecchiamento dei tessuti tanto cari ai sindonologi.

Il punto è che tutte queste vicende, come anche il lettore in qualche modo lascia trasparire nella sua lettera, sono state evidenziate in un tempo non eccessivamente lungo, proprio grazie alla “vigilanza” esercitata dalla comunità scientifica.

Comunità scientifica che è vasta, che produce molti lavori, su molte diverse pubblicazioni, e che quindi abbraccia ormai un campo talmente vasto da risultare non perfettamente controllabile all’entrata.


E’ del tutto evidente che se si aspira alla perfezione del meccanismo di valutazione “all’entrata” delle pubblicazioni scientifiche, si compie proprio quell’errore che il lettore vorrebbe attribuire a coloro che a suo dire considererebbero la scienza come un sistema chiuso di pensiero dotato di infallibilità, una religione dotata dei suoi sacerdoti e dei suoi dogmi; e del resto un tale meccanismo di selezione sarebbe doppiamente impossibile e dannoso, dato il concetto di dialettica scientifica scaturente dal principio di falsificazione popperiano, che prevede necessariamente il confronto, fra teorie ed ipotesi diverse, giocato sul confronto dei dati sperimentali: bloccare “all’entrata” lavori anche controversi impedirebbe *proprio* la loro valutazione da parte della comunità scientifica. La fallacia di un lavoro scientifico, a meno che non sia scritto con i piedi o campato in aria, risalta, come ha da essere, nel confronto con altri lavori sul piano sperimentale, non alla semplice lettura condotta da un referee scientifico, che si occupa, perchè non puo’ essere diversamente, della correttezza formale del lavoro.

Proprio il lettore tira in ballo, surrettiziamente, sul finire della sua lettera, maghi e truffatori, peraltro lasciando gratuitamente intendere che l’equivalenza fra maghi e truffatori venga praticata costantemente da chi si professi scettico. Ebbene, risulta forse al lettore che nella comunità dei maghi ed affini i controlli siano superiori, e la possibilità di smascherare i ciarlatani e truffatori ugualmente superiori rispetto a cio’ che accade nella comunità scientifica? Gli risulta che esista un uguale procedere sperimentale che permetta la valutazione e la messa a confronto di dati misurabili, valutabili intersoggettivamente, e quindi oggettivi? Ne dubito fortemente.

Perchè il punto è proprio questo: lungi dall’avere un meccanismo perfetto che impedisca ogni possibilità di errore, la metodologia ed i meccanismi con i quali si muove la comunità scientifica sono semplicemente quanto di più efficiente, ad oggi, e grazie ad un affinamento plurisecolare nelle metodologie adottate, sia stato ideato per avere la possibilità di smascherare imbroglioni e truffatori in tempi non esorbitanti e senza passare per l’escamotage tipico della repressione verso le truffe di stampo magico-esoterico, ossia la contestazione dell’evasione fiscale. Ogni futuro affinamento sarà ovviamente benvenuto, ma sarebbe il caso di evitare di buttare via il bambino con l’acqua sporca, specie quando l’acqua sporca si presenta in quantità moderata.

Fra l’utopico non lasciar passare nessuna truffa, ed il deteriore lasciarle passare tutte, esiste, nel mare magno della via di mezzo, il lasciarne passare il meno possibile. Ed in questo la comunità scientifica è piuttosto efficiente. Quando la comunità di maghi ed esoteristi, tirata in ballo dal lettore autore della lettera cui faccio riferimento, riuscirà ad esercitare un filtro di uguale efficacia, mi si faccia un cenno, saro’ lieto di prenderne atto.

Chiuderei con quella citazione che di norma è la mia signature nelle mie e-mail, ma che in questo caso mi pare molto adatta a comporre il testo di questa mia missiva:

“Scopo della scienza non è tanto quello di aprire una porta all’infinito sapere, quanto quello di porre una barriera all’infinita ignoranza”
Galileo, secondo B. Brecht, “Vita di Galileo”

Un saluto ed un ringraziamento
Rossano Casagli

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Pubblicato il 25 ott 2002
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