“Google si spinge già ben oltre gli obblighi dettati dalla legge nell’accondiscendere alle richieste dei detentori dei diritti per proteggere le loro opere”: questo l’atteggiamento che Mountain View sta sostenendo nella vicenda legale che vede YouTube opposto a Viacom, colosso dell’intrattenimento che si sente minacciato dai contenuti che circolano, postati dagli utenti, sul portale di video sharing.
La denuncia di Viacom si era abbattuta su YouTube poco più di un anno fa: lamentava la presenza sul portale di 165mila video, condivisi calpestando il diritto d’autore. Non era stato sufficiente che Google si fosse piegata alla rimozione di oltre 100mila clip i cui diritti erano stati rivendicati dal gigante dell’entertainment: i legali dell’azienda avevano chiesto che Google rimborsasse un miliardo di dollari a titolo di risarcimento. L’ira di Viacom non si era temperata nemmeno di fronte a indagini che dimostrano come gli stralci di video protetti da diritto d’autore suscitino negli utenti meno interesse rispetto ai contenuti originali. Viacom non aveva ritirato la denuncia nemmeno a fronte della decisione di YouTube di implementare filtri antiviolazione , misure considerate inefficaci dal colosso.
Viacom non molla: il mese scorso ha consegnato presso il tribunale distrettuale di Manhattan una nuova memoria, nella quale si ribadisce che Internet ha incoraggiato “l’esplosione delle violazioni del diritto d’autore”. Violazioni agevolate da YouTube ed altri che, a dire dell’industria , costruiscono il proprio business su contenuti che gli utenti sottraggono ai detentori dei diritti, che fanno “poco o nulla” per arginare la straripante mole di clip condivise online, 150mila video che vanno da SpongeBob al documentario di Al Gore.
Ma Google non cede. Già nei mesi scorsi un rappresentante legale di Mountain View aveva segnalato come le denuncia sporta da Viacom fosse un tentativo di piegare il DMCA , una richiesta priva di fondamento che mina alle basi il castello di responsabilità detenute dagli attori della rete. Ora, in un nuovo documento presentato in tribunale, Google torna a sottolineare come le richieste di Viacom si spingano ben oltre il dettato della legge , e come “minaccino il modo in cui centinaia di milioni di persone si scambiano legittimamente informazioni, notizie, intrattenimento, e si esprimono dal punto di vista politico e artistico”.
La legge parla chiaro, spiegano da Mountain View: la responsabilità non è delle piattaforme che ospitano i contenuti, ma degli utenti che, legittimamente o meno, li condividono per mezzo di queste piattaforme. Operatori della rete come YouTube non sono tenuti ad operare controlli preventivi : oltre che lesiva della libertà di espressione dei netizen, questa misura erigerebbe degli ostacoli allo sviluppo della rete.
A fronte di chi sostiene che i grandi principi vengano invocati solo per questioni di denaro, c’è chi ravvede nella acerrima opposizione tra Google e Viacom il segno dei tempi: si fronteggiano la tradizione, che ravvisa nella rete un gigantesco cucchiaio con cui imboccare i consumatori, e coloro che hanno compreso che è l’interazione a valorizzare i contenuti che circolano online. Il successo dei dinosauri della tradizione non si misurerà sui risarcimenti e sulle piccole anacronistiche vittorie ottenute sugli attori della rete, ma sulla loro capacità di assecondare il nuovo che avanza.
Gaia Bottà