Pedoporno sul PC, ma era un virus

Pedoporno sul PC, ma era un virus

La sua vita e quella della sua famiglia sono state travolte da accuse infamanti. Colpa di un trojan insediato sul portatile che gli era stato dato, colpa anche della leggerezza di certe inchieste
La sua vita e quella della sua famiglia sono state travolte da accuse infamanti. Colpa di un trojan insediato sul portatile che gli era stato dato, colpa anche della leggerezza di certe inchieste

Aveva importanti responsabilità eppure il laptop che gli avevano affidato non era configurato a dovere, lasciato vulnerabile agli attacchi di malware di diverso tipo, worm e trojan che hanno infestato la macchina e procurato conseguenze gravissime sulla sua vita. Per colpa di quelle schifezze elettroniche, infatti, sul suo portatile sono state scaricate immagini di pornografia infantile. Ora è stato deciso di cancellare le accuse contro il 53enne Michael Fiola di Boston, negli Stati Uniti: non ha scaricato di propria volontà quelle foto , probabilmente non le ha proprio mai viste, ma lo ha fatto il malware che aveva infettato il suo PC. Una decisione che lo assolve, dunque, da un’accusa infamante, quella di contribuire alla diffusione di immagini realizzate abusando di bambini, ma una decisione che arriva tardi, che non consentirà a Fiola di riavere la vita perduta per un trojan di troppo.

ricerche sul PC Tutto è iniziato per lui nel marzo del 2007, quando quel computer, che gli era stato consegnato per la sua occupazione presso il Commonwealth del Massachussetts, dipartimento DIA (Department of Industrial Accidents), aveva attirato l’attenzione degli esperti IT che avevano notato come la sua connessione mobile di lavoro registrasse quantità di traffico molto più elevate di quelle dei suoi colleghi. Il laptop è stato quindi preso per un esame dagli esperti del DIA durante il quale sono state trovate alcune immagini pedopornografiche.

Da quel momento tutto è cambiato: Fiola è stato messo all’indice, è stato licenziato dal DIA, sua moglie ha sviluppato una grave sindrome dovuta allo stress e via peggiorando.

Per uscirne, Fiola ha assunto un esperto di computer forensics , Tami Loehrs (nella foto qui sotto), che ha ricostruito le attività condotte su quel portatile, stabilendo che era stato infettato proprio da un trojan, che si trovava sul portatile di Fiola con ogni probabilità prima ancora che il laptop gli venisse consegnato .

l'esperta “Senza nessuna attività precedente di Fiola – ha dichiarato Loehrs nella sua perizia giurata – un file denominato spm.htm è apparso nella cartellina dei file temporanei Internet. Il software di analisi ha identificato questo tipo di file come sconosciuto, e il file non è visibile. Ciò nonostante, il codice HTML sottostante include alcune URL aggiuntive che puntano ad altri file inusuali. Poiché non ci sono state attività dell’utente che hanno richiamato questi file, come ad esempio in una ricerca online o con l’accesso ad altri siti web, o via posta elettronica o attraverso il download di file, questa attività sospetta indica che un virus e/o un trojan era con ogni probabilità presente sul laptop quando Fiola lo ha ricevuto”.

Lohers e i suoi uffici hanno anche fatto notare che il portatile di Fiola è stato esaminato dal dipartimento che glielo aveva affidato per non più di tre ore e gli investigatori forensi non lo hanno neppure guardato, mentre gli esperti assunti da Fiola si sono presi un mese per analizzarlo completamente .

Dopo queste analisi, i procuratori locali hanno lasciato cadere le accuse . E lui, Fiola? Ha cambiato residenza, ora vive in Rhode Island, e ha trovato un altro lavoro. Il Dipartimento per cui lavorava, DIA, ha dichiarato ai reporter di non volerlo riassumere e di approvare la decisione di licenziamento che fu presa all’epoca. Fiola sta pensando invece se denunciare DIA per, dice, “aver distrutto le nostre vite”.

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Pubblicato il
20 giu 2008
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