CRESCO fertilizza il digitale italiano

CRESCO fertilizza il digitale italiano

Lo spera ENEA che racconta a Punto Informatico il progetto che sta già iniziando a portare nuova linfa alla GRID italiana e dando nuove risorse ad istituzioni scientifiche ed imprese. Tutti i dettagli
Lo spera ENEA che racconta a Punto Informatico il progetto che sta già iniziando a portare nuova linfa alla GRID italiana e dando nuove risorse ad istituzioni scientifiche ed imprese. Tutti i dettagli

Siamo a Portici, estrema periferia sud di Napoli, all’interno di una palazzina in vetro e cemento dall’aria moderna e molto robusta. Tutto intorno un quartiere di stabilimenti industriali, uffici e, poco lontano, il mare. In questa zona – per la precisione proprio sotto i nostri piedi – fino alla metà degli anni Ottanta sorgeva una importante fabbrica di fertilizzanti: la Montedison, attirata dagli aiuti pubblici ed interessata a espandersi a Sud, aveva portato qui uno dei propri stabilimenti principali. Poi, però, con il sopravvenire della crisi e la dismissione della grande industria manifatturiera, la fabbrica ha chiuso e qui è rimasto solo vuoto.

lo stabile Della vecchia fabbrica di fertilizzanti, oggi, non esiste più neppure il capannone, ma in compenso sotto i nostri piedi si trova uno dei più potenti supercalcolatori d’Italia. CRESCO, questo il nome dell’elaboratore, è stato creato dall’ENEA per supportare ricerche e sperimentazioni di ultima frontiera, quelle per capirci che richiedono potenze computazionali enormi, e punta a diventare nel tempo un vero e proprio “fertilizzatore digitale” per l’intera struttura economica e di ricerca del territorio circostante. Inaugurato lo scorso 6 maggio, CRESCO (acronimo per Centro computazionale di RicErca sui Sistemi COmplessi) si inserisce organicamente all’interno della più ampia rete GRID dell’Ente, ed è in grado di erogare a regime una potenza computazionale enorme, pari a 17 teraflop (17 milioni di miliardi) di operazioni al secondo, con picchi superiori che superano i 25 teraflop.

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ENEA ha grandi aspettative rispetto al centro di calcolo, e punta come detto a farne il perno per lo sviluppo futuro dell’area dal punto di vista accademico (e non solo). Tuttavia, a fronte di queste ambizioni, alcuni interrogativi restano aperti. Va anzitutto compreso appieno come il sistema funzioni, e chi sia autorizzato ad impiegarlo per quali finalità. In secondo luogo, è necessario comprendere con quali risorse sia stato realizzato il “fertilizzatore digitale” e quale sia il business plan per il suo sviluppo futuro. Da ultimo, vanno chiariti meglio i meccanismi di integrazione tra attività di ricerca pubblica ed attività di ricerca privata, cui si fa esplicitamente riferimento nel progetto CRESCO.

Per rispondere a queste domande, abbiamo provato a studiare in maggiore dettaglio l’iniziativa, raccogliendo anche le suggestioni di Silvio Migliori , Coordinatore Scientifico del Progetto CRESCO, e Marco Briscolini , Deep Computing Expert di IBM Italia. Ecco cosa è venuto fuori.


Silvio Migliori, coo.sc. Progetto CRESCO

Il primo dato che salta agli occhi parlando di CRESCO è indubbiamente la sua capacità di calcolo. Nel corso dell’ultima rilevazione di TOP500 Supercomputer Sites , effettuata in Giugno, infatti, l’elaboratore di Portici si è posizionato al 125esimo posto tra i computer più potenti al mondo, migliorando ulteriormente il proprio ranking rispetto alla rilevazione precedente – quando era “soltanto” 180esimo.

l'infrastruttura Dal punto di vista infrastrutturale, CRESCO impiega soluzioni IBM e Intel di ultima generazione all’interno di una architettura trimodulare, che ricomprende 300 nodi SMP di tipo Blade (per un totale di 2700 core) e 34 server multiprocessor “dedicati” per funzioni specifiche (la c.d. “Special Section”), tutti interconnessi tra loro attraverso una rete Infiniband da 20Gigabyte/sec, e con un sistema di storage da 2 Gigabyte/ sec in lettura/ scrittura dei dati. Infrastrutture che, spiega Marco Briscolini, rendono possibile affrontare tutte le tipologie di problemi computazionalmente più onerosi oggi pensabili. “L’architettura di CRESCO”, chiosa “consente di far girare indifferentemente sia codici singoli ad altissima intensità di calcolo – come nel caso dei modelli di previsione metereologica – sia sistemi di codici che necessitano di elaborazione “in parallelo”- ad esempio i sistemi di analisi statistica impiegati in ambito finanziario – sia codici particolari eventualmente emergenti.

Tuttavia, CRESCO non è solo la sua infrastruttura hardware. Lo spiega chiaramente il Coordinatore Scientifico del progetto, Silvio Migliori: “È vero: CRESCO è prima di tutto un polo di supercalcolo di ultimissima generazione. Ma nei nostri intendimenti è anche molto più di questo: noi lo vediamo infatti come un ambiente di sviluppo in cui poter realizzare progetti di ricerca e artefatti diversamente irrealizzabili”. Per perseguire tali obiettivi, i responsabili dell’Ente hanno fin dall’inizio coinvolto nell’iniziativa 14 partner esterni – Atenei, Consorzi Accademici, imprese – ed hanno provveduto a rendere il super-calcolatore pienamente interoperabile con l’intera Grid ENEA. “La nostra scelta” continua Migliori “è stata quella di mettere immediatamente CRESCO in rete con l’intera nostra infrastruttura di ricerca, che comprende una quantità di dipartimenti sparsi nei nostri sei poli di ricerca. In questo modo, tutti i ricercatori ENEA di tutti i settori – dal clima al nucleare, dall’ambiente alla biologia, fino alla scienza dei materiali – hanno accesso alle risorse di calcolo di CRESCO in maniera istantanea e indipendente dalla loro ubicazione fisica. E, senza neppure accorgersene, si trovano a disposizione un motore cento volte più potente di quello disponibile in precedenza”.

i labs Ma che cosa ci si può fare, con un “motore” siffatto? Le applicazioni di un supercalcolatore come CRESCO sono virtualmente infinite, spaziando dall’energetica, alla climatologia, alla struttura della materia, alla bioinformatica, fino alla remotizzazione dei grandi strumenti di ricerca. In prima battuta, comunque, l’ENEA conta di valorizzare la macchina prima di tutto per gli obiettivi istituzionali di progetto: creazione di modelli per lo studio delle infrastrutture critiche , bioingegneria, supporto alle ricerche interne dell’Ente. Nelle poche settimane intercorse dall’inaugurazione, per fare degli esempi, sono già state sperimentate nuove metodologie per lo sviluppo di algoritmi matematici avanzati, e sono allo studio soluzioni innovative per l’integrazione di codici nella simulazione di eventi catastrofici, con particolare riferimento ai comportamenti delle infrastrutture critiche (rete telefonica, rete elettrica, rete fluviale). Inoltre, sono state ufficialmente annunciate partnership con attori industriali, quali ad esempio CETMA ed Aviogroup, per l’avvio di ricerche mirate nel campo della fluidodinamica, della ricerca nucleare, della modellizzazione metereologica.

Quello del coinvolgimento del mondo corporate è un “tema caldo” del progetto. I responsabili dell’ENEA si dicono convinti di poter efficacemente “fertilizzare” – grazie a CRESCO – anche i processi di ricerca e sviluppo privati, e si presentano alle aziende con due “pacchetti” di soluzioni dedicate. Da una parte il supercalcolatore viene messo a disposizione di tutte quelle imprese che, non potendo contare su mega-elaboratori propri, desiderino “affittare” la potenza di calcolo di CRESCO per realizzare progetti interni autonomi. Dall’altra, più ambiziosamente, l’Ente si propone come partner per la realizzazione congiunta di ricerche mirate in domini di frontiera (biotecnologie, scienze dei materiali, modellistica), mettendo a disposizione delle imprese non solo la potenza di calcolo della GRID, ma anche le molteplici expertise scientifiche presenti nei propri Dipartimenti. In questo secondo scenario, che Migliori evocativamente descrive come “laboratorio virtuale”, CRESCO cessa di essere una semplice infrastruttura tecnologica e diviene un ambiente digitale di collaborazione, in cui ricercatori lontani lavorano però insieme per raggiungere obiettivi congiunti.

i labs Le partnership con gli attori privati, tra l’altro, rivestono un’importanza decisiva anche per la sostenibilità economica del progetto . Fin qui, in realtà, tutte le spese sono state coperte con risorse pubbliche: 6 milioni di euro sono stati stanziati dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica attraverso un PON (Programma Operativo Nazionale) dedicato, e altri 3 sono stati garantiti dalla stessa ENEA attraverso la formula del co-finanziamento. A questo budget complessivo corrisponde una suddivisione delle voci di spesa articolata, che Migliori riassume così: “La realizzazione e la gestione dell’infrastruttura hardware pesano per circa il 30%; il 30% del budget serve per coprire gli stipendi del personale; il 30% per finanziare borse di studio ed assegni di ricerca all’interno dell’ENEA e delle Università consorziate al progetto”. Il restante 10%, per finire, serve a coprire le spese ordinarie e quelle (eventuali) straordinarie.

A fronte di questo, si calcola che le spese annue per la gestione del polo, e delle sue interconnessioni con la più ampia Grid ENEA, ammontino a circa 300.000 euro. Per fare fronte a tali costi, spiega il Coordinatore scientifico di CRESCO, ENEA prospetta una strategia tripartita, all’interno della quale l’impiego delle risorse iniziali già accantonate si accompagna alla partecipazione a bandi di ricerca nazionali ed internazionali, e allo sviluppo, come descritto sopra, di “laboratori virtuali” in partnership con attori privati.

E con la ricognizione dei profili economici siamo giunti alla fine del nostro viaggio “alla scoperta di CRESCO”. Del super-computer conosciamo meglio adesso le specifiche tecniche, una parte degli impieghi possibili, alcune delle promesse per il futuro. Per converso, naturalmente, sappiamo molto meno sui modi concreti con cui CRESCO sarà usato in futuro, e su come saprà effettivamente “fertilizzare” i circuiti di sperimentazione e sviluppo del Mezzogiorno e dell’intera Italia. Ma questo, lo possiamo dire, è il tema di un’altra storia: perché – garantiscono all’ENEA – anche la ricerca, come la flora, ha bisogno di tempo per germogliare.

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Giovanni Arata

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Pubblicato il
4 lug 2008
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