Non occorrerà essere detenuti, condannati o ufficialmente indagati di un crimine per finire nell’archivio nazionale forense del DNA. Basterà anche soltanto figurare tra i soliti sospetti di una indagine per vedersi recapitare un mandato a comparire per fornire un campione di saliva o un capello, allo scopo di veder mappato il proprio codice genetico da confrontare con quello raccolto sulla scena di un crimine. Questo è quanto si deduce dall’ ultima bozza di un disegno di legge che va a inserirsi nel quadro del cosiddetto Pacchetto Sicurezza che il Governo sta elaborando: a rivelarlo , un articolo de Il Sole 24 Ore .
La nascita del database italiano è stata fino ad oggi piuttosto tribolata. Già nella scorsa legislatura erano stati fatti dei tentativi per regolare un’attività che oggi viene svolta in via non ufficiale – e per certi aspetti al confine dell’illegalità – dalle forze dell’ordine. Lo scorso maggio, il nuovo Governo aveva ribadito l’intenzione di rilanciare la novità in tempi brevi dopo un’analisi più approfondita dei costi. Ora si riparte e restano da valutare le novità introdotte rispetto all’idea precedente sulle modalità di prelievo dei campioni da classificare.
Si tratta per il momento ancora di una bozza preliminare, che prevede tuttavia tre fonti possibili per i dati da inserire nell’archivio. Oltre ai condannati che soggiornano in carcere e ai campioni recuperati dalle scene del crimine, i GIP potranno disporre la raccolta – in forma coattiva , dunque obbligatoria, se ritenuto necessario – di profili provenienti da cittadini associati al caso trattato, o ritenuti tali dal Pubblico Ministero.
Invariato il periodo entro il quale procedere alla cancellazione del profilo, fissato sia nel vecchio progetto che nell’attuale DDL a 40 anni: un limite ritenuto congruo ad escludere la possibile reiterazione di un reato da parte di un individuo schedato. Resta invece in attesa di chiarimento il destino dei profili genetici in presenza di una sentenza di piena assoluzione di un indagato: nella bozza della scorsa legislatura si contemplava l’ipotesi di rimozione immediata dei dati in archivio.
Il provvedimento, ricorda ancora Il Sole , servirà a colmare un vuoto legislativo stigmatizzato in passato anche dall’ex Garante per la Privacy Stefano Rodotà : secondo alcuni pronunciamenti giudiziari e di addetti ai lavori, il codice genetico rientra nei dati personali dell’individuo, e dunque la sua manipolazione potrebbe costituire una limitazione delle sue libertà personali . Un tentativo analogo, come detto, era stato avviato anche durante la scorsa legislatura: in quel caso, tuttavia, non si parlava esplicitamente del prelievo forzoso del campione da un sospettato, e i criteri di selezione dei casi eleggibili per il procedimento di verifica genetica apparivano più restrittivi.
Resta invece invariata la condizione che richiede la schedatura come “assolutamente indispensabile per l’accertamento dei fatti”, così come il requisito che si stia indagando su un reato non colposo che preveda come pena detentiva un massimo superiore a 3 anni. Analoghe anche le modalità di studio e utilizzo del campione , mediante il procedimento di classificazione per alleli molto probabilmente in numero di 13, come nel più recente aggiornamento del database CODIS statunitense.
Proprio l’archivio nazionale USA, tuttavia, è nuovamente al centro di una polemica a causa di un presunto errore nella valutazione della possibilità di profili coincidenti tra individui diversi. Una prospettiva fissata in 1 su 113 miliardi dall’FBI, ma che secondo alcuni studi potrebbe invece rivelarsi molto più frequente. Nel caso del Maryland, su appena 30mila profili registrati sarebbero state individuate non meno di 3 coppie geneticamente identiche in tutti e 13 gli alleli caratterizzanti, anche se non è stato escluso che il codice genetico possa appartenere a consanguinei. Si tratterebbe, se i numeri venissero confermati, di un duro colpo per la presunta affidabilità in tribunale del test del DNA.
Tornando al DDL italiano, quest’ultimo prevederebbe anche una procedura accelerata per la raccolta di un campione da analizzare. In questo caso, lo stesso Pubblico Ministero potrebbe disporre il prelievo – anche coatto – del materiale genetico, con 2 giorni di tempo per comunicare il provvedimento al GIP e ulteriori 3 giorni concessi a quest’ultimo per la convalida. Se il DDL non subirà ulteriori modifiche, potrebbe iniziare il suo iter parlamentare di approvazione già nelle prossime settimane.
Luca Annunziata