Contrappunti/ La coda lunga. Disabitata?

Contrappunti/ La coda lunga. Disabitata?

di Massimo Mantellini - Internet non è il meraviglioso mondo dei piccoli numeri, dove una nicchia condivide prodotti di interesse con pochi altri ma ripropone invece le dinamiche tanto vituperate del mercato di massa
di Massimo Mantellini - Internet non è il meraviglioso mondo dei piccoli numeri, dove una nicchia condivide prodotti di interesse con pochi altri ma ripropone invece le dinamiche tanto vituperate del mercato di massa

Scrive Anita Elberse, professore ad Harvard, al termine di una lunga discussione che ha animato nelle ultime settimane la rete internet: “Io credo che sia cruciale che le decisioni manageriali si basino non su nozioni romantiche legate all’impatto della tecnologia, ma che siano basate sull’evidenza empirica di ciò che sta effettivamente accadendo” . In questa frase c’è tutta la distanza che separa l’emergere di concetti romantici come quello della “coda lunga” applicati alla economia della rete.

il celebre diagramma Un passo indietro per capire un po’ meglio di cosa stiamo parlando. Anita Elberse ha scritto un lungo articolo su Harvard Business Review nel quale si contestano alcuni principi della Long Tail di Chris Anderson, uno dei topos maggiormente frequentati dai teorici della rete negli ultimi anni, ossia l’idea che esista un mercato molto ampio e variegato dei piccoli volumi che complessivamente rappresenti una occasione economica e culturale nuova ed entusiasmante mediata dalla distribuzione digitale in rete.

È certamente vero che abbiamo tutti sposato un po’ acriticamente il concetto di coda lunga, magari senza soffermarci troppo sui numeri che Anderson ha portato in questi anni a supporto della sua teoria. E del resto anche la gestione “comunicativa” del concetto di Long Tail meriterebbe studi appositi, data la grande capacità diffusiva che ha saputo mantenere negli anni, partendo dal primo storico articolo su Wired, continuando con il blog dedicato e terminato con un libro che è diventato, ironia della sorte, un blockbuster ed è stato tradotto in molte lingue italiano compreso.

Nessuno può farne una colpa ad Anderson o gridare allo scandalo se un libro sulla coda lunga è alla fine andato ad abitare la testa del diagramma, quella dedicata ai prodotti di grande popolarità e non, come forse sarebbe stato lecito immaginare, la parte più internet-like del diagramma stesso, vale a dire appunto la lunga scia discendente dello stesso, ma credo che a molti osservatori non sia sfuggito come l’aspetto romantico del diagramma, quel suo rappresentare la Internet delle nicchie, innovativa e controcorrente, abbia contribuito al grande successo della teoria.

Per tornare all’attualità, il lungo articolo della Elberse contesta alla base la teoria di Anderson ed analizzando i numeri di alcuni prodotti digitali suggerisce che in realtà la curva della lunga coda sia molto più piatta di quanto non si sarebbe potuto immaginare e che, soprattutto, la testa del diagramma sia non solo in ottima salute ma tenda a diventare sempre più grande.

Uscendo dai numeri e ripiombando nella valutazione romantica, Internet non sarebbe quindi il meraviglioso mondo dei piccoli numeri, dove ognuno di noi incontra la nicchia di prodotti a propria personale immagine e somiglianza e li condivide con un numero modesto di altri eletti, ma ricorderebbe invece le dinamiche tanto vituperate del mercato di massa: nel momento in cui i prodotti diventano digitali, si allontanano dalla schiavitù dello scaffale e dalle dinamiche economiche del mercato di massa, mentre le teorie abbandonano i gusti medi e inneggiano all’economia dell’abbondanza, ecco che il pubblico, quello vero, quello che apre il proprio portafoglio verso l’universo digitale, continua a scegliere ed acquistare i soliti prodotti e con dinamiche per nulla innovative, al più aggiungendo alla propria essenza di consumatore di prodotti per il mercato di massa qualche attenzione aggiuntiva anche per prodotti di nicchia che mai, prima di Internet, sarebbe stato in grado di raggiungere.

Ai dotti economisti lasciamo l’onere di definire meglio quanto Internet stia cambiando le dinamiche economiche delle persone nel momento in cui parte delle transazioni si spostano dalle scaffalature del supermercato all’impalpabile trafila di bit di una connessione su server sicuro, a Chris Anderson riconosciamo invece il talento di aver immaginato concetti che avvicinano il comune sentire di molte persone in rete ad una sorta di protocollo culturale ed economico valido per gli anni a venire.

Forse si tratta solo di decidere quale codice adottare per valutare lo scenario, se quello algido della analisi statistica applicata alla rete o quello sentimentale ed immaginifico di chi la rete la abita e la frequenta trasferendo al suo interno parte della propria normale vita di consumatore di contenuti, beni e servizi.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
28 lug 2008
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