La fine di Yahoo! Music non segnerà anche quella dei brani acquistati e protetti da tecnologie DRM. A brevissima distanza dall’annuncio della chiusura dello store entro il prossimo 30 settembre, Yahoo! si trova costretta a rassicurare tutti quelli che avessero i contenuti imbrigliati in restrizioni anti-copia, garantendo il rimborso completo degli acquisti e l’eventuale decodifica della musica lucchettata in formati universali come l’onnipresente MP3.
Le polemiche scatenate dalla decisione di buttare giù i server per la validazione dei contenuti hanno dunque sortito un effetto quasi istantaneo: Yahoo! aveva già parlato di una generica volontà di non abbandonare i consumatori, ma ora pare che quella volontà si sia trasformata in qualcosa di più concreto.
Fermo restando che gli utenti del servizio basato su sottoscrizioni Yahoo! Music Unlimited verranno trasferiti al corrispondente servizio di RealNetworks Rhapsody , per quanti avessero scaricato i brani dovrebbe essere disponibile nei prossimi giorni la possibilità di ricevere un compenso monetario per gli acquisti, che sono altrimenti destinati a trasformarsi in bit inutili e malfunzionanti alla fine dell’estate.
Un ignoto rappresentante di Yahoo! sostiene poi di essere alla ricerca di una modalità ottimale per fornire agli acquirenti brani sostitutivi in formato MP3 . In quest’ultimo caso ci potrebbero però essere problemi di carattere legale, ipotizza Wired : l’opzione potrebbe non essere gradita alle major .
Si parla anche di un possibile formato di DRM interoperabile , ipotesi che appare poco probabile in quanto Yahoo! faceva affidamento su PlaysForSure .
Sia come sia, l’approccio di Yahoo! all’ affaire music store piace ad Electronic Frontier Foundation , da sempre aspramente critica nei confronti delle tecnologie di inibizione della libera fruizione dei contenuti legalmente acquistati. La decisione di Yahoo! va applaudita, sostiene l’avvocato del gruppo Corynne McSherry, che dice di apprezzare anche la volontà di Microsoft di tenere in piedi le DRM di MSN Music per almeno altri tre anni.
“In entrambi i casi, ciascuna delle società è stata costretta ad ammettere di doversi comportare correttamente con i propri consumatori”, ha sostenuto McSherry, sperando inoltre che i fatti recenti siano di lezione “per qualunque altro distributore” che faccia affidamento sulle tecnologie DRM. Chi decide di inguaiarsi con protezioni anti-copia e anti-utente, sentenzia l’avvocato, ne paga le conseguenze perché sarà costretto “a rimanere legato alle condizioni in cui si trovava quando ha venduto i contenuti”.
Alfonso Maruccia