Mediaset: YouTube ci risarcisca con una barca di denaro

Mediaset: YouTube ci risarcisca con una barca di denaro

500 milioni di euro. Li vuole Mediaset per i video di cose sue su YouTube. L'azienda Tv lancia il concetto di giornate di visione perdute. E vuole anche i soldi dei mancati spot. YouTube: ulalà. Parla l'esperto: rischi penali
500 milioni di euro. Li vuole Mediaset per i video di cose sue su YouTube. L'azienda Tv lancia il concetto di giornate di visione perdute. E vuole anche i soldi dei mancati spot. YouTube: ulalà. Parla l'esperto: rischi penali

Una montagna di soldi. 500 milioni di euro per l’esattezza. Questo l’ammontare dei danni che Mediaset ha ieri richiesto formalmente a Google per la diffusione non autorizzata su YouTube di una quantità di video tratti dalle trasmissioni dell’azienda italiana. Una richiesta tanto formale da essere stata concretizzata in una citazione presso il Tribunale di Roma , rivolta tanto a Google quanto alla controllata YouTube.

In particolare, si legge in un comunicato , Mediaset ritiene che su YouTube alla data del 10 giugno 2008 fossero presenti “almeno 4.643 filmati di nostra proprietà, pari a oltre 325 ore di materiale emesso senza possedere i diritti” (vedi qui a lato un esempio).

Per quanto ciò possa stupire molti degli utenti che in buona fede e senza fini di lucro hanno ripubblicato su YouTube video “catturati” dalle trasmissioni di Mediaset, le rivendicazioni dell’azienda milanese non devono sorprendere. Ben prima della società italiana, altri colossi dell’intrattenimento e dell’informazione hanno attaccato YouTube per ragioni del tutto simili. Come si ricorderà, una querelle legale contrappone il sito di videosharing a Viacom, che pretende da tempo un miliardo di dollari di risarcimento . Anche in Francia TF1 ha chiesto a YouTube per ragioni analoghe circa 100 milioni di euro.

Ciò che distingue almeno in parte la posizione di Mediaset da quella di altri pretendenti alle casse di Google, è la rivendicazione del concetto di giornate di visione perdute . Non perdute dall’azienda, come qualcuno potrebbe pensare di primo acchito, ma “da parte dei telespettatori”. In particolare, scrive Mediaset, “alla luce dei contatti rilevati e vista la quantità dei documenti presenti illecitamente sul sito, è possibile stabilire che le tre reti televisive italiane del Gruppo abbiano perduto ben 315.672 giornate di visione da parte dei telespettatori”. Un dato per molti aspetti nuovo, che sembra partire dal presupposto che la pubblicazione di video su YouTube avrebbe tolto occhi e pupille alle emittenti Mediaset, e quindi anche spazi pubblicitari. Una tesi che dovrà essere difesa con energia in tribunale, per dimostrare che la visione inevitabilmente in differita e via Internet di materiali trasmessi da Mediaset su tutt’altro media rappresenti in qualsiasi modo un distogliere ascoltatori dalla pubblicità televisiva. Come già accaduto in passato per casi analoghi, è facile prevedere che qualcuno obietterà come la disseminazione su YouTube di certi tormentoni televisivi, gag e altri materiali ne possa avere invece accresciuta la popolarità anche tra il pubblico televisivo.

Sia come sia, e vada come vada il dibattimento che si dovrebbe aprire in seguito alla denuncia, già si sa che la citazione è accompagnata da una imponente relazione tecnica – si parla di più di 5mila pagine sviluppate con il lavoro del celebre esperto di sicurezza Matteo Flora: una relazione che è andata a rilevare nel dettaglio quali siano i materiali pubblicati “in violazione”.

In questo senso è anche significativo che Mediaset non limiti le proprie richieste a quello che definisce “danno emergente” ma specifichi che “a questo bisognerà aggiungere le perdite subite per la mancata vendita di spazi pubblicitari sui programmi illecitamente diffusi in rete”.

Ma dietro la diffusione su YouTube di quel materiale, pubblicato da telespettatori che frequentano anche Internet e il sito di videosharing, ci sono davvero perdite pubblicitarie? C’era davvero bisogno di una denuncia che in queste ore sta facendo il giro del Mondo? Non sembra pensarla così YouTube che in una breve nota affidata alle agenzie internazionali fa sapere di “rispettare i diritti d’autore e di considerare la questione copyright con grande attenzione”. A detta dell’azienda “non c’è bisogno di azioni legali e di tutti i costi che vi sono associati”.

Nella nota YouTube non ha ribadito una constatazione che tipicamente esprime in casi di questo tipo, ovvero il fatto che i video siano pubblicati sul sito dagli utenti e non certo dai responsabili del sito. Inoltre, ha spesso specificato l’azienda, tutti i video che vengano segnalati perché abusivi vengono prontamente rimossi. Va da sé che con il ritmo impressionante con cui vengono caricati nuovi materiali sul portale di condivisione video, dal punto di vista tecnico appare di estrema difficoltà l’obiettivo di bloccare certi upload a priori , come pure sembrano volere i detentori del diritto d’autore.

Ma quali saranno le tesi giuridiche che si confronteranno in tribunale qualora Mediaset e YouTube non arrivino a qualche genere di intesa? A questa domanda cerca una prima risposta Fulvio Sarzana di S. Ippolito di Lidis.it. Qui di seguito il suo commento. Roma – Le agenzie riferiscono di un’iniziativa giudiziale di Mediaset nei confronti di Google per la violazione dei diritti d’autore sui video scaricati dagli utenti del portale Youtube. La vicenda richiama la ben nota querelle introdotta negli Usa da Viacom contro la stessa Google che ha iniziato da tempo un’azione legale per la violazione dei diritti d’autore relativi a più di 150.000 video.

Nel caso Viacom il risarcimento richiesto è di un miliardo di dollari.
Nel caso italiano si parla di una richiesta risarcitoria (ma solo per il danno emergente) quantificabile in 500 milioni di euro.

Quali le ipotesi di illecito secondo la disciplina italiana?
Non si conoscono allo stato attuale gli atti e i documenti presentati da Mediaset e dunque è possibile fare solo illazioni sulle violazioni contestate e tuttavia possiamo affermare in linea molto generale che le violazioni contestate potrebbero riguardare la responsabilità di Google per la violazione del diritto esclusivo di pubblicare l’opera secondo quanto previsto dall’Art. 12 della legge sul diritto d’autore (Legge 633/41) secondo cui fra l’altro:

a) “L’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare l’opera. Ha altresì il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo, originale o derivato, nei limiti fissati da questa legge, ed in particolare con l’esercizio dei diritti esclusivi indicati negli articoli seguenti”.

Si potrebbe anche ipotizzare una responsabilità da parte di Google per aver consentito o non impedito la riproduzione dell’opera secondo quanto previsto dall’art 13 della già menzionata legge sul diritto d’autore secondo il quale l’autore ha il diritto esclusivo di riproduzione che viene definito come:

1. Il diritto esclusivo di riprodurre ha per oggetto la moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell’opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l’incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione.

La violazione del diritto di riproduzione si realizzerebbe in questo caso mediante la messa a disposizione di strumenti atti a consentire la memorizzazione del video sull’hard disk dello stesso utente.

Ma la norma forse più attinente, considerando anche gli importanti riflessi di carattere penalistico sottesi alla vicenda sembrerebbe quella prevista dal successivo art. 16 della legge sul diritto d’autore che prevede lo specifico diritto di diffusione al pubblico . La diffusione via Internet da parte di YouTube di opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore inciderebbe quindi su uno dei diritti tipici della proprietà intellettuale che la legge assegna all’autore dell’opera (o all’avente causa dei suoi diritti, in questo caso Mediaset).

Questa norma prevede in particolare che

“1. Il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico su filo o senza filo dell’opera ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi, e comprende la comunicazione al pubblico via satellite e la ritrasmissione via cavo, nonché quella codificata con condizioni di accesso particolari; comprende altresì la messa disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.

Vedremo in seguito il collegamento che a questa norma viene effettuato da una disposizione introdotta dal famigerato decreto Urbani e le conseguenze che ne possono derivare in ordine alla responsabilità penale degli autori dell’illecito.

Quali sono le sanzioni applicabili?
In tutti e tre i casi saranno applicabili, qualora si riscontrasse una responsabilità quantomeno agevolativa di Google, le sanzioni civili previste dagli art 156 e seguenti della legge sul diritto d’autore, che prevedono diverse forme di tutela da parte dell’autore (o degli aventi causa) alcune di carattere cautelare o inibitorio (la rimozione dei file stessi, l’inibizione alla diffusione dei file protetti) ed altre a carattere risarcitorio.

Nel caso Mediaset, le agenzie riportano la notizia di un rilevante numero di video monitorati a partire da giugno in poi dal titolare dei diritti di utilizzazione economica, non si comprende in verità se il controllo sia stato effettuato mediante gli ordinari mezzi previsti dal codice di procedura civile e dalla legge sul diritto d’autore a tutela dei detentori dei diritti (ad esempio la descrizione, uno strumento tipico di accertamento preventivo delle violazioni) ovvero utilizzando strumenti di parte senza controllo da parte del Giudice. In ogni caso la Parte sembra sia decisa a richiedere risarcimenti pecuniari basati su una valutazione forfettaria del danno emergente e del lucro cessante (non ancora quantificato) derivante dal mancato introito pubblicitario atteso.

Le sanzioni penali
Ma la vicenda potrebbe assumere contorni ben più gravi se ci si soffermasse su quanto previsto dagli articoli 171 e ss della legge sul diritto d’autore: le condotte contestate potrebbero configurare anche gli illeciti penali previsti dal’articolo a) bis del secondo comma dell’art 171 ter, introdotto dall’ormai famigerato decreto Urbani, che prevede:

“È punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da da euro 2.582 a euro 15.493 chiunque in violazione dell’art. 16, a fini di lucro, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, o parte di essa;”

I vertici di Google potrebbero quindi essere anche indagati in sede penale, qualora si ricontrasse la violazione del diritto di diffusione al pubblico di opere protette attraverso l’immissione in un sistema di reti telematiche di opere dell’ingegno protette da diritto d’autore.

Fulvio Sarzana di S.Ippolito
Studio Legale Sarzana e Associati www.lidis.it

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Pubblicato il
31 lug 2008
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