Quello scandalo sudcoreano fatto di chip

Quello scandalo sudcoreano fatto di chip

di Lamberto Assenti - In molti si augurano che le colossali accuse rivolte da Micron e Infineon contro Samsung e Hynix siano vere. Ma è una speranza che si sposa con l'ipocrisia di chi difende uno status quo traballante
di Lamberto Assenti - In molti si augurano che le colossali accuse rivolte da Micron e Infineon contro Samsung e Hynix siano vere. Ma è una speranza che si sposa con l'ipocrisia di chi difende uno status quo traballante


Roma – C’è una soddisfazione atavica nel modo in cui certi media, soprattutto americani, hanno ripreso la notizia del presunto scandalo dei microprocessori sudcoreani. Una vicenda internazionale che nasce dall’accusa secondo cui i maggiori produttori coreani sono stati aiutati dal Governo del loro paese nei momenti difficili per mantenersi competitivi sul mercato internazionale dei semiconduttori, dove spopolano da anni.

L’accusa è circostanziata e proviene da due grossi concorrenti delle imprese asiatiche, dalla Infineon tedesca e dalla Micron americana, secondo cui le coreane Hynix e Samsung sarebbero state foraggiate contravvenendo alle regole internazionali e con la conseguenza di turbare i mercati. Il tutto è oggetto di ricorsi ufficiali delle due società presso le autorità di controllo europee ed americane.

Da qui è difficile (pre)dire chi ha ragione. Senz’altro appare suggestiva l’accusa, vista la capacità del tutto straordinaria dei produttori coreani di rimanere a galla con (quasi) tutti gli onori anche nei momenti più difficili attraversati dall’industria dei semiconduttori in questi anni, quando i produttori di Taiwan e quelli nordamericani soffrivano molto di più.

Se l’accusa fosse vera, quindi, risponderebbe ad una sorta di nuova esigenza che si respira da qualche tempo, quella che nasce dalla difficoltà per le grandi industrie del settore americane ed europee di accettare la galvanizzante ascesa di certe imprese asiatiche. Samsung e Hynix sono divenute forti, infatti, in un paese che eccelle su qualsiasi altro in materia di diffusione della banda larga e di penetrazione del computing, in un paese che ha saputo mettere al centro come pochi altri la rivoluzione tecnologica nei propri programmi di sviluppo e che ha senz’altro puntato molto, tutto, forse anche troppo si dice ora, sulla conseguente “rivoluzione industriale”. Un paese… invidiato.

Non è detto che la verità venga a galla, vista la facilità con cui i misteri asiatici riescono ancor oggi in molti diversi campi a rimanere tali anche e nonostante le pressioni internazionali. Eppure se fosse vero sarebbero in molti, e non solo Micron o Infineon, a tirare un sospiro di sollievo, alla faccia di certa ipocrisia.

Lamberto Assenti

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Pubblicato il
26 nov 2002
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