Gli intenti originali erano ambiziosi, puntavano a dar vita ad un nuovo polo della scienza europea, capace di innovazione e di spinte propulsive, di progetti e realizzazioni di altissimo livello. Invece EIT , acronimo di European Institute of Innovation and Technology , si dovrà accontentare di essere passacarte, coordinatore e propagatore di e tra i centri della ricerca europei, i labs, le università, le aziende private. In EIT si è tenuta nelle scorse ore la cerimonia inaugurale, che avvia formalmente la nuova struttura , celebrata comunque come l’inizio della riscossa per la ricerca continentale.
Invece dei due miliardi di euro di finanziamenti che la Commissione aveva proposto in origine, dopo lunghi mesi di trattative , EIT parte con una dotazione di 308 milioni di euro . Il suo livello di autonomia sarà senza precedenti assicura la Commissione , il che significa che ogni futuro denaro raccolto da EIT sarà dovuto alla capacità del suo management più che alla politica comunitaria. Un aspetto, questo, tutt’altro che secondario, non solo per le tasche dei cittadini europei ma anche e soprattutto per lo stimolo che può rappresentare per il management di EIT e i network di interessi che via via si costituiranno attorno ad esso.
In carico alla Board, dunque, vi sarà non tanto il ruolo di finanziatore di attività ed enti di ricerca quanto invece quello di ponte tra investitori pubblici e privati e scienziati : EIT, pur osteggiato dall’ostilità di chi teme che possa succhiare troppo dalle già scarse risorse per la ricerca europea, avrà il compito di scegliere e selezionare, proporre e propagandare, trasformarsi in un acceleratore della ricerca attraverso un miglior coordinamento e una capacità, che dovrà dimostrare sul campo, nonostante l’esiguità dei fondi, di vedere lontano e puntare le sue poche fiches sul colore vincente.
Al centro dello statuto di EIT c’è naturalmente l’innovazione tecnologica che verrà perseguita non in modo diretto ma attraverso quelle che sono state definite Comunità della Conoscenza e dell’Innovazione , in buona sostanza reti di aziende, centri di ricerca, laboratori privati e universitari, network coordinati verso obiettivi comuni , il cui lavoro potrebbe beneficiare di una ottimizzazione e di una propulsione che EIT potrebbe riuscire ad infondere.
Il condizionale è d’obbligo, vista la difficoltà con cui EIT è nato e le risorse di startup. Eppure potrebbero crescere se l’Institute di Budapest riuscirà a coinvolgere le imprese come spera, non necessariamente solo le più grandi, ma tutte quelle in cui si “cova” innovazione. Le imprese europee – è stato detto alla cerimonia inaugurale – avranno molto da guadagnare nel partecipare nei progetti EIT, nell’infondere non solo denaro ma anche conoscenza : potranno utilizzare i frutti dell’innovazione, potranno muoversi per primi su nuovi mercati e concorrere al meglio con i competitor internazionali, che è poi lo scopo finale dell’intera operazione.
La sensazione che si tratti dell’ennesimo carrozzone succhiadenaro l’hanno avuta in molti ed è anzi questa percezione ciò che per lungo tempo ha rallentato la nascita di EIT, che pure avrebbe potuto beneficiare da una visione più coraggiosa, ma evidentemente troppo complessa per un mondo della ricerca così frastagliato come quello europeo, scosso anche da interessi economici talvolta contrastanti. Ad ogni modo ora la board, la commissione che dovrà guidare lo sviluppo di EIT e delle sue attività, è ufficialmente insediata e l’ottimismo in queste ore è alle stelle: molti esponenti comunitari hanno dichiarato di attendersi molto da EIT. La prima scadenza tra tre anni: entro il 2011 EIT dovrà presentare alle istituzioni comunitarie un progetto settennale che al centro dovrà porre l’accelerazione sul fronte dell’innovazione tecnologica.