1,2 milioni di euro. È questa la cifra che SIAE dovrà rimborsare ad un editore italiano . Sono denari che quest’ultimo ha versato tra il 2004 e il 2008 per acquistare i bollini da porre sui supporti che diffonde in allegato alle proprie riviste cartacee, sono bollini che SIAE dal proprio sito dichiara come necessari per mettersi in regola ma che secondo un editore italiano non sono dovuti, tanto che questi ha ottenuto dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo a carico di SIAE. Una procedura, quella di chiedere il rimborso per i bollini acquistati, che potrebbe essere innescata già in questi giorni da molti altri soggetti.
Il decreto ingiuntivo del Tribunale di Roma pubblicato da Punto Informatico qui a lato è diretta conseguenza di quella ormai celebre sentenza della Corte di Giustizia europea che ha messo in chiaro come la mancata formalizzazione nei confronti della Commissione europea abbia di fatto reso inopponibile ai privati l’obbligo dei bollini. Al momento, infatti, il bollino SIAE per i privati non è obbligatorio e non lo sarà fino a quando la Commissione Europea non avrà perfezionato la tardiva procedura di notifica attivata dalle autorità italiane proprio in conseguenza di quella sentenza.
A Punto Informatico Guido Scorza , avvocato che si è occupato anche di questo procedimento, spiega che “il fatto che i bollini oggi non siano necessari è pacifico. La stessa SIAE nella corrispondenza intercorsa a monte del decreto ingiuntivo ha espressamente riconosciuto che, nell’attesa del completamento del processo di notifica a Bruxelles, gli editori devono sì pagare i diritti, naturalmente, ma non sono tenuti all’acquisto del contrassegno”.
Sul sito SIAE ancora si legge , invece, che chiunque a fini di lucro distribuisca “qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento od altro supporto (…) è punito, se il fatto è commesso per uso non personale, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 2.582,00 a 15.493,00 Euro”. Una pagina che probabilmente potrebbe essere aggiornata con la spiegazione della sospensiva de facto dell’obbligo del contrassegno.
Se oggi chi distribuisce CD o DVD non deve acquistare il bollino, cosa succede con il passato, quegli anni in cui il bollino è stato imposto pur non essendo riconosciuto in sede europea e non essendo, nei fatti, dovuto? “Il termine – sottolinea Scorza – è quello di prescrizione. L’editore può tornare indietro di anni, diciamo dal 2001-2002 quando si è iniziato a porre i bollini su CD e DVD”. Il ricorso in sé, come quello che ha portato al decreto ingiuntivo, non è certo procedura complessa. “Basta tirar fuori le fatture emesse da SIAE per il corrispettivo del bollino in modo da provare il pagamento degli importi – spiega Scorza – e mettendo a punto un ricorso, nel giro di un mese, un mese e mezzo, si può ottenere il decreto”.
Contro il decreto, SIAE può porre opposizione, entro 40 giorni dalla notifica, e se questo accadrà sarà di interesse capire in base a quali motivazioni. Punto Informatico ha contattato SIAE nei giorni scorsi sulla questione ma al momento di pubblicare questo articolo non sono ancora giunti commenti. Eppure il destino del bollino appare ormai appeso ad un filo . Mentre qualcuno spera in un intervento politico in Italia, una normativa ad hoc che in qualche modo pratichi la respirazione artificiale al contrassegno SIAE, appare sempre più evidente che la Commissione Europea non si limiterà a svolgere solo un ruolo da passacarte per “attivare” la rilevanza penale del bollino: le critiche della Commissione al bollino sono numerose .
Viene fatto osservare, ad esempio, che si tratta di uno strumento che esiste solo in Italia e che è frutto di una curiosa interpretazione del diritto: “Nessun altro stato membro richiede una certificazione del pagamento delle royalty sul diritto d’autore (…) e questo succede in parte perché se i prodotti sul mercato violano il copyright viene deciso davanti ai tribunali e non attraverso un controllo a priori di una società di raccolta”, scrive la Commissione in una nota trasmessa alle autorità del Belpaese.
Non solo, all’Italia la Commissione chiede di chiarire se il bollino debba o meno essere apposto anche su memory card o penne USB oppure su programmi informatici e sottolinea come l’obbligo di apposizione del bollino possa ostacolare la libera circolazione dei supporti nel mercato unico, quelli cioè importati in Italia dall’estero. Da un lato la Commissione osserva come la normativa italiana sembri indicare che un importatore dovrebbe acquistare i bollini e porli sui supporti, dall’altro sottolinea come non è affatto chiaro per quale ragione SIAE dovrebbe avere titoli a verificare che su quei supporti, provenienti dall’estero e sui quali già si presume siano stati pagati i diritti d’autore, le royalty siano state effettivamente pagate. Tra gli altri busillis la cui soluzione la Commissione attende dall’Italia c’è anche il reclamo dei detentori dei diritti: se non hanno apposto il bollino possono comunque reclamare l’eventuale abuso delle proprie opere? Se così non fosse, avverte la Commissione, verrebbero violati diversi trattati internazionali .
Sebbene SIAE anche su queste pagine dopo la sentenza della Corte europea abbia in passato difeso il proprio bollino come valido strumento antipirateria , a sperare nella definitiva distruzione del contrassegno è anche e sempre più quell’industria multimediale che ne subisce le conseguenze, la cui posizione sul contrassegno è molto critica. La sensazione, infatti, è che i bollini possano rendere ancora più difficile il passaggio a licenze paneuropee , ad accordi che superino gli attuali limiti territoriali e sfruttino le opportunità del mercato digitale. Di questo ha parlato il commissario europeo alla Concorrenza Neelie Kroes nei giorni scorsi, avvertendo l’intera filiera della produzione e distribuzione della musica: se questi soggetti non riusciranno a cambiare le cose, subito, ci penserà la Commissione.
Tra tutti, Punto Informatico ne ha parlato con Enzo Mazza , presidente della Federazione dell’industria musicale italiana FIMI, secondo cui “è chiaro ormai anche ai sassi che le restrizioni territoriali imposte dalle società di collecting degli autori sono un deciso freno allo sviluppo di un mercato unico europeo della musica digitale e sicuramente il tentativo di mantenere rendite di posizione, conservando ulteriori strumenti che impediscano la circolazione delle merci anche nel mondo fisico, finiranno per rallentare ancora di più la definizione di un vero mercato comunitario dei diritti d’autore”. Ma cosa accadrà con i bollini? È la fine per il contrassegno SIAE? “Penso – ha spiegato Mazza a Punto Informatico – che la Commissione finirà per intervenire pesantemente anche sul contrassegno che ha perso la sua funzione primaria per diventare un fardello burocratico. Il preludio di ciò è già scritto nelle recenti osservazioni inviate al Governo italiano”.
Ma allora, se salteranno i bollini e gli attuali schemi di raccolta dei diritti, quale potrebbe essere un futuro accettabile per l’industria musicale nel mercato digitale? “Ritengo – ha sottolineato Mazza – che il sistema adottato dall’industria musicale con la licenza multiterritoriale per il simulcasting nel settore dei diritti connessi sia un buon modello che va incontro alle esigenze della Commissione, non a caso lo stesso Commissario Monti, all’epoca, ne aveva apprezzato la struttura”. Sì, ma la SIAE? “Se le società degli autori, invece di arroccarsi su posizioni di retroguardia, proponessero una seria politica di sviluppo sul fronte delle licenze online e off line – ha continuato il presidente FIMI – il mercato europeo potrebbe veramente rilanciarsi”. Evidentemente non è così, o almeno questa è la percezione che si ha nell’ambiente. “Mi sembra – ha specificato Mazza – che il loro obiettivo sia quello di limitare al minimo la competizione sulle licenze giustificandole con la tutela degli autori. Ma se pensiamo che con i minimi di compenso attuali richiesti in Italia dalla SIAE sui cd in alcuni casi il compenso (basato sul prezzo al rivenditore e non al pubblico) finisce per essere superiore al prezzo finale del cd, possiamo immaginare le difficoltà del settore a trovare un sistema sostenibile. È chiaro che vanno completamente riviste le condizioni per l’accesso ai repertori delle società degli autori per andare incontro ad un mercato che è di fronte ad una radicale rivoluzione che forse qualcuno pensa di poter ancora rimandare”.