Stallman: dite no al cloud computing

Stallman: dite no al cloud computing

Il leader del movimento per il software libero contro quella che definisce una moda. Che minaccia la computazione del 21esimo secolo come e peggio del software proprietario
Il leader del movimento per il software libero contro quella che definisce una moda. Che minaccia la computazione del 21esimo secolo come e peggio del software proprietario

“Una stupidaggine. Anzi, peggio di una stupidaggine: una campagna marketing”: senza peli sulla lingua Richard Stallman , paladino della Free Software Foundation, a proposito del cloud computing . L’idea di riporre i propri dati in una webfarm posta chissà dove non pare proprio essere di suo gradimento, anzi spiega che secondo lui si tratta solo dell’ennesimo tentativo delle corporation di ingabbiare gli utenti. Un tentativo da stroncare sul nascere .

Richard Stallman tiene una lezione universitaria “Qualcuno dice che è inevitabile – spiega Stallman al Guardian – e quando sentite qualcuno dire così, è molto probabile che si tratti di una strategia d’affari per renderlo vero”. L’opinione di Richard non è isolata nel panorama IT, ma appare senz’altro una delle più categoriche: non ci sarebbe alcun bisogno di ricorrere alla computazione remota di massa per tirare avanti, bastano e avanzano gli strumenti attualmente in circolazione. Meglio, ovviamente, se free .

“Una ragione per non usare le web application è la perdita del controllo” prosegue Stallman: i dati fluiscono liberamente tra qualsiasi postazione o thin client in giro per il mondo e i datacenter , ma a scapito della capacità del legittimo proprietario di disporne a suo piacimento. Basti pensare a cosa accadrebbe nel caso in cui un account venisse sottratto al suo titolare: da quello stesso account potrebbe partire una reazione a catena, che coinvolgerebbe tutti gli altri servizi ad esso collegati, stravolgendo le attività personali e lavorative di quello stesso individuo.

Ma c’è di più. L’avvento del cloud computing secondo Stallman non fa altro che riproporre l’antica questione del software free contrapposto a quello non libero : “È un male proprio come usare programmi proprietari”. In ballo ci sarebbe persino la libertà personale: “Fate il vostro lavoro su un vostro computer con un programma che rispetti le vostre libertà: usando un programma proprietario sul server di qualcun altro si è senza difese. Vi state mettendo nelle mani di chiunque abbia sviluppato quel software”.

Il rischio , prosegue Stallman, è che se all’inizio questi servizi possono apparire più economici (o addirittura gratuiti) rispetto alle abitudini attuali, nel lungo periodo possano invece rivelarsi oltremodo costosi . E soprattutto, l’intera mole di informazioni personali (foto, appunti, appuntamenti in agenda) o aziendali (budget, bilanci, piani strategici) sarebbe affidata alla onestà e alla solidità di una azienda, esponendosi a tutti i rischi di boicottaggio o incidenti che questo comporta.

Che si tratti o non si tratti di una semplice moda, le aziende impegnate nel settore si stanno rimboccando le maniche per trasformare il cloud computing in una realtà sempre più stabile e efficiente. Se poi tutto questo dovesse tradursi in una breve (ennesima) parentesi passeggera non è dato saperlo: di certo, alla fine, l’informatica avrà fatto degli importanti passi in avanti nella programmazione parallela e nella computazione su vasta scala.

Luca Annunziata

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Pubblicato il 1 ott 2008
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