Microsoft, Yahoo e Google, accordo sulla censura

Microsoft, Yahoo e Google, accordo sulla censura

Annunciato un prontuario per gestire le relazioni con i governi che chiedono ai big di tradire i propri utenti. Per prevenire scivoloni d'immagine
Annunciato un prontuario per gestire le relazioni con i governi che chiedono ai big di tradire i propri utenti. Per prevenire scivoloni d'immagine

Sarà un manuale di comportamento per gli intermediari, un codice di condotta per gli operatori della rete che hanno allungato i loro tentacoli nei paesi sorretti da autorità che insidiano i diritti civili dei cittadini della rete. Si chiama Global Network Initiative , fermenta da anni fra gli addetti alla corporate responsibilty delle aziende, e rappresenterà un punto fermo per le aziende che si scontrano con richieste inoltrate da stati che mettono a rischio le libertà dei cittadini .

Aderisce Google , aderisce Yahoo , aderisce Microsoft, meditano di aderire Vodafone e France Télécom. Vogliono cercare di orientarsi in un quadro normativo frammentato , hanno compreso come un’immagine linda possa macchiarsi facilmente: accademici, difensori dei diritti umani e investitori hanno contribuito a tracciare delle linee guida che indirizzeranno i comportamenti delle aziende nelle relazioni con i governi di tutto il mondo.

L’obiettivo, spiega il New York Times , in possesso della versione definitiva dell’accordo programmatico, è quello di “minimizzare l’impatto che i governi possono avere sulla libertà di espressione” e di difendere la privacy dei loro utenti, un “diritto umano a garanzia della dignità dell’individuo”. Le aziende faranno fronte comune per mostrare la loro incrollabilità di fronte alle pretese di governi autoritari e non , faranno convergere i propri sforzi per plasmare un mercato che lo stato non potrà influenzare.

È la stessa Google che in passato ha rifiutato con veemenza di ingabbiare il tema dei diritti umani in una policy, ad anticipare i dettagli dell’iniziativa, in attesa che il sito dedicato venga riempito di contenuti. Sono quattro i principali ambiti di azione: le aziende confronteranno con gli standard internazionali le richieste avanzate da governi che desiderino mettere a tacere la voce dei netizen o pretendano di ottenere informazioni su di loro e soppeseranno opportunità di business e rischi per i cittadini della rete nel momento in cui meditino di affacciarsi su nuovi mercati. Le aziende che aderiscono a Global Network Initiative promettono inoltre di addestrare i propri dipendenti in modo che possano agire in ogni angolo del mondo nel rispetto dei diritti del cittadino. A coronare la dichiarazione di intenti dei tre colossi della rete, la promessa di muoversi con estrema trasparenza per offrire una possibilità di scelta consapevole ai netizen che si vogliano avvalere dei loro servizi.

L’iniziativa, spiega Leslie Harris del Center for Democracy and Technology , che ha offerto alle aziende la propria competenza, è mirata a prevenire l’ingerenza dei governi facendo fronte comune, piuttosto che a limitare i danni. Se è vero che già nel 2007 i pilastri di Global Network Initiative riflettevano sulla possibilità di istituire un codice di condotta a supporto delle loro strategie, è altresì vero che già da anni Microsoft Google e Yahoo hanno dimostrato di rapportarsi con atteggiamenti dissonanti verso governi e pretese liberticide.

Non mancano gli episodi con cui questi paladini della corporate responsibility hanno tradito le loro promesse, accondiscendendo alle richieste dei governi di tutto il mondo. Per citare un esempio, l’atteggiamento tenuto nei confronti delle autorità cinesi accomuna Microsoft, Google e Yahoo. In quanto motori di ricerca, collaborano a vario livello con Pechino rendendo inaccessibili argomenti sensibili ai netizen della Repubblica Popolare: è intervenuto il Congresso a bacchettare le tre aziende, responsabili di adagiarsi in compromessi con le autorità locali pur di tutelare la propria presenza nel mercato. La Global Network Initiative potrebbe porre rimedio a quegli errori di valutazione che hanno gettato sulle aziende lo stigma di ” pigmei, in quanto a statura morale “, potrebbe soprattutto evitare che perseverino nelle violazioni delle libertà di espressione e della privacy, se non altro nel gestire i rapporti con i governi.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
29 ott 2008
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