“Insieme abbiamo difeso al Senato il diritto d’autore”. Così il ministro della Cultura francese, Christine Albanel, ha commentato il voto dei parlamentari transalpini, che nella notte tra giovedì e venerdì scorso hanno dato il via libera ad una versione rivista e corretta della cosiddetta Dottrina Sarkozy , che tanta ammirazione suscita in Italia.
Con una maggioranza schiacciante, 297 a 15, i senatori hanno approvato una misura fortemente sostenuta dalle lobby dell’industria dei contenuti e appoggiata dal Governo: si tratta dell’introduzione in Francia di quella che gli anglofoni definiscono three strikes policy , la politica dei “tre colpi”. Oltralpe ne parlano invece come di una reazione graduale alle violazioni del diritto d’autore. L’utente che commette abusi sarà scoraggiato dal rifarlo via email e, se questo invece continuerà nell’infrazione, potrà essere minacciato, con una lettera tradizionale, di sospensione della connessione ad Internet. L’idea è che se un utente dà prova di non voler cambiare rotta allora potrà perdere l’accesso ad Internet per un tempo variabile, che può essere deciso caso per caso.
Rispetto alla Dottrina Sarkozy originale, quella avallata dal presidente francese e ideata da uomini dell’industria, il Senato ha dunque apportato forme di flessibilità che, visti i numeri con cui è stata approvata, dovrebbe trovare rapidamente approvazione definitiva all’Assemblea Nazionale, dove è calendarizzata per il prossimo gennaio.
Tutto ruota attorno a chi decide cosa. Se in un paese democratico ci si potrebbe attendere che una misura drastica come la sospensione della connessione possa essere decisa esclusivamente da un magistrato, secondo i senatori francesi invece può anche essere decisa da una autorità indipendente dedicata . La chiamano Hadopi , “Alta Autorità sulla disseminazione di opere su Internet e sulla tutela dei diritti d’autore in Internet”. Si tratta di un organismo pubblico ma privato destinato ad essere dominato dalle major dell’industria e gestito da provider. Hadopi avrà un ruolo essenziale: sarà l’Autorità a definire le misure da assumere, sarà l’Autorità ad indicare gli utenti da prendere di mira, all’Autorità si rivolgeranno i detentori dei diritti ed è all’Autorità che i provider dovranno rispondere delle azioni intraprese nei confronti dei propri utenti che venissero posti all’indice.
Ad aver agitato il dibattito è stata la proposta che arrivava dalla commissione Economia, che già aveva analizzato il provvedimento prima dell’Aula, ossia quella di sostituire la sospensione della connettività con una multa, ritenuta assai più efficace nel contrastare l’attività pirata. Una ipotesi che non è stata completamente scartata dai senatori: l’Alta Autorità dopo aver contattato l’utente in almeno due occasioni, quindi per due violazioni diverse, può decidere in una terza occasione che l’accesso ad Internet venga sospeso fino ad un massimo di 12 mesi ma nei casi in cui lo ritenesse opportuno può consentire all’utente di pagare una sanzione per non subire la disconnessione.
Quella che appare una ennesima forma di privatizzazione dell’IP enforcement è stata avallata dai senatori insieme all’approvazione di un altro emendamento: l’idea del relatore del provvedimento che ha anche presentato questo emendamento, Thiollière Michel, è che in caso di sospensione della connessione, servizi come la posta elettronica o l’instant messaging possano comunque essere mantenuti . Nell’emendamento viene anche opportunamente specificato un “laddove tecnicamente possibile”.
“Se ne sono sentite di tutti i colori attorno a questa legge – ha commentato Albanel – Credo invece che abbia un merito notevole: i senatori, tutti insieme, hanno ormai capito che la situazione attuale mette a rischio non solo i grandi player dell’industria ma anche le piccole aziende indipendenti nel cinema e nella musica”.
Dire che tutto questo non è piaciuto ad esperti di rete e consumatori sarebbe un eufemismo. C’è chi si pone anche altre domande: con tutto lo spam e il phishing che arrivano per posta elettronica come farà il povero utente a riconoscere l’email di Hadopi. Ma è soprattutto lo status di questa Autorità a far infuriare gli utenti francesi: ne parlano come di un “organismo parassitario” i cui costi saranno alla fine attribuiti ai contribuenti, qualcuno evoca lo spettro del Grande Fratello e di un network de-umanizzato, sottoposto ad un controllo generale e continuo, altri ancora preconizzano un rilancio delle darknet per sfuggire al Grande Occhio di Parigi.
La celebre associazione dei consumatori UFC-Que Choisir ha lanciato una campagna satirica e di protesta che gira attorno al poliziotto Dedé , pronto a denunciare tutti e tutto con missive minacciose, in realtà per sensibilizzare su quanto sta avvenendo in Parlamento. Su una pagina dedicata Dedé è il protagonista di quattro video che raccontano le nuove misure e le criticano con un linguaggio immediatamente accessibile. Secondo i consumatori, la proposta approvata dal Senato è incostituzionale : UFC-Qui Choisir evidenzia come la legge sia contraria anche all’orientamento della Commissione Europea. Il riferimento, come già avranno capito i lettori di Punto Informatico , è alla sonora bocciatura della Dottrina Sarkozy , affossata sia dal Parlamento Europeo che dalla Commissione in quanto misura eccessiva in cui prevale la tutela del diritto d’autore su diritti assai più rilevanti quale la libertà di informazione, quella di espressione o, per dirla con la Commissione, “i diritti fondamentali della persona”.
Per questo, UFC-Que Choisir, che è anche la più importante rappresentanza dei consumatori e degli utenti in Francia, ha immediatamente notificato un ricorso alla UE affinché rivolga la propria attenzione alle decisioni parigine.
Di seguito il commento di Massimo Mantellini: “Contrappunti/ Tutto pur di spaventare l’utenza”. Roma – Non è ben chiaro se la recente decisione del Senato francese di approvare la strategia a “tre colpi” contro la pirateria informatica possa avere un analogo sviluppo anche in altri paesi europei differenti dalla Francia, in barba alla già espressa posizione contraria del Parlamento europeo.
Nell’ipotesi in cui una simile evenienza possa concretizzarsi, forse è il caso di sottolinearne alcuni aspetti dubbi.
Come è noto la sarkoziana tecnica dei “tre colpi” è l’ultima frontiera, immaginata dell’industria dei contenuti, per tentare di porre un freno alla dilagante pirateria online: tale schema si basa sulla collaborazione coatta da parte dei fornitori di connettività che diventano i soggetti principali della lotta al P2P. Il primo colpo è una mail di avviso che gli ISP saranno tenuti a inviare ai propri clienti sorpresi a scaricare materiale pirata. Il secondo colpo, in caso di reiterazione, è un avvertimento cartaceo, il terzo è la chiusura del contratto di accesso alla rete per un periodo variabile. Una partita di hockey insomma che gli ottimisti d’oltralpe definiscono “risposta graduata”.
Fra gli aspetti dubbi di una simile iniziativa il primo è quello della definizione dei ruoli: nel nostro ordinamento (come del resto in quello francese) esiste un potere legislativo che fa le leggi ed un potere giudiziario che si occupa del loro rispetto. La decisione francese di elevare i fornitori di accesso a soggetti in grado di decidere chi compia atti criminosi come la violazione del diritto d’autore, mina alle fondamenta la definizione di chi sia il soggetto deputato a far rispettare le norme.
In Francia il pirata informatico o chi per lui, non sarebbe più perseguito dalla magistratura e dai suoi emissari ma direttamente dall’industria, attraverso suoi differenti rappresentanti. La deroga decisa dalla politica alla definizione dei vari poteri è fragorosa e potenzialmente assai pericolosa, potendo domani consentire a tutti i soggetti che hanno sufficiente capacità di far ascoltare la propria voce dentro le stanze del Parlamento (ed anche in Italia sarebbero tantissimi) di regolare in privata sede i propri eventuali contenziosi economici.
La seconda questione è quella della responsabilità penale che in ogni paese occidentale è individuale. Questo significa, applicato alla strategia pensata dalla industria multimediale per sconfiggere la pirateria d’oltralpe, che l’arma utilizzata più che un missile balistico di millimetrica precisione è una mina ad ampio raggio, visto che colpisce un indirizzo IP senza preoccuparsi di discernere chi, fra i molti possibili soggetti che accedono alla rete attraverso quell’indirizzo, sia colui che ha commesso la violazione. Ci sono decine di possibili situazioni nelle quali una simile procedura colpirà gli interessi di molti per punire l’azione di pochi e questo francamente apre il fianco a contenziosi senza fine.
Il provvedimento votato con una imbarazzante amplissima maggioranza da parte del Senato francese nei giorni scorsi non solo combatte un potenziale reato penale con una sanzione commerciale (la rescissione di un contratto) ma massimalizza gli effetti di una simile scelta senza curarsi troppo di chi sia effettivamente il soggetto da perseguire. La strada è quella della soluzione extragiudiziale che l’industria multimediale propone già oggi di frequente nei confronti dei navigatori accusati di violazione del diritto d’autore: prima lo si denuncia all’autorità e poi gli si propone una composizione economica del danno. Il nuovo sistema pensato dal governo Sarkozy semplicemente salta la barbosa procedura di dover chiedere ad un giudice se il signor Paolo Rossi sia o non sia un delinquente.
È piuttosto evidente che anche in questo caso, come in gran parte delle campagne di stampa intimidatorie che si sono susseguite in questi anni, il punto focale non è quello di favorire una presa di coscienza di cosa sia e come vada combattuta la pirateria online ma, molto più banalmente, quello di spaventare il maggior numero di persone possibile.
Insomma in Francia la imbarazzante contiguità fra le associazioni pagate dalla industria dei contenuti che talvolta anche da noi dà segno di sé, e gli organi di controllo, non era più sufficiente e viene del tutto superata da una scelta assai più netta.
L’aspetto grottesco per i fornitori di connettività è che il contratto dal quale si obbliga il navigatore a recedere è con loro, che sono un soggetto terzo e sostanzialmente neutrale rispetto alle parti in causa. Fra l’incudine ed il martello i provider sono, non da oggi, in una posizione tanto delicata quanto cruciale.
Lo chiamano “cross-industry agreement” ed è piuttosto significativo e merita di essere sottolineato che questo accordo fra “gentiluomini” non preveda, oltre al punto di vista degli ISP, neanche il punto di vista dei perseguiti. I quali normalmente avrebbero, almeno in linea teorica, ben differente centralità e diritti, visto che è dei loro comportamenti che si parla.
I cittadini – di solito – eleggono rappresentanti in Parlamento deputati a scrivere norme che i medesimi cittadini poi si impegnano a rispettare. Questa idea francese prescinde da un simile antipatico meccanismo di rappresentanza e sceglie direttamente, con uno solo dei soggetti in campo, i comportamenti da imporre ai sudditi, creando un cortocircuito interessante fra poteri forti. Detto in parole povere, siamo di fronte ad una vera e propria lesione della democrazia rappresentativa.
Restano una serie di perplessità tecniche ed una certezza.
Attraverso quali profonde analisi dei pacchetti il mio ISP potrà stabilire il tipo di file che sto scaricando dal P2P? E quanto impiegherà un qualsiasi giudice di provincia interpellato in merito per dichiarare nulla la rescissione di un contratto senza che si sia stabilito chi siano i soggetti realmente coinvolti?
Quanto alla certezza, quella seguirà nel momento in cui altri paesi dovessero percorrere la deprecabile via francese del triplo colpo. E la certezza è che da un punto di vista meramente tecnologico, non ci vorrà molto perché i client P2P si attrezzino per rendere vani per l’ennesima volta i tentativi di chi vorrebbe affrontare una questione centrale e in gran parte culturale della rete Internet con i raffinati distinguo delle manette e del manganello.
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