Notizie che rimbalzano in rete, stralci di informazione coperta da diritto d’autore che si replicano di pagina web in pagina web, di post in post. Sono notizie che guadagnano una visibilità maggiore di quelle pubblicate sui siti originali.
A rivelarlo è una ricerca effettuata a evidenti fini promozionali da Attributor, servizio che da anni si occupa di scandagliare la rete a favore dei produttori di contenuti monitorando la circolazione non autorizzata delle opere. Attributor ha preso in considerazione le notizie fornite da 100 editori, ha battuto 30 miliardi di pagine nel corso del mese di settembre, ha tenuto conto delle ripubblicazioni non autorizzate di almeno 125 parole che avessero ripreso più della metà dell’articolo originale.
I risultati ? Attributor ha rilevato che la platea dei lettori dei materiali ripubblicati senza autorizzazione è globalmente vasta 1,5 volte rispetto a quella delle fonti originali . Per ogni lettore di una notizia pubblicata da un editore sul proprio sito web, esiste più di un lettore che legge lo stesso contenuto disseminato in siti, blog, profili delle reti sociali e qualsiasi altro canale di ripubblicazione. Una proporzione che pende ancora di più a favore dei contenuti ripubblicati senza autorizzazione qualora ci si misuri con notizie che hanno a che fare con lo sport, con i viaggi, con le recensioni cinematografiche e con le news a sfondo tecnologico.
Attributor tenta di catturare l’attenzione dei propri potenziali clienti aprendo uno scenario sul futuro dell’editoria online: individuando coloro che attingono senza autorizzazione è possibile mettere a frutto la pratica di disseminazione dei contenuti. L’azienda calca la mano sul fatto che gli editori possano trarre vantaggio dal copiaincolla stipulando contratti di revenue sharing per condividere i profitti garantiti dalla pubblicità sulle pagine che ospitano le ripubblicazioni. Ipotizzando un corrispettivo di un dollaro per ogni mille netizen che posino l’occhio su un banner ospitato dalle pagine insieme ai contenuti di cui detengono i diritti, si tratta di operazioni che potrebbero valere dai 50mila ai 250mila dollari all’anno.
L’azienda mette altresì in rilievo il fatto che basterebbe un link perché gli editori traessero vantaggio dal riciclaggio delle notizie in termini di visibilità e di posizionamento sui motori di ricerca . Se anche quella metà abbondante di cittadini della rete che riusano le notizie senza linkare la fonte originale aggiungesse un collegamento, l’editore guadagnerebbe indubbiamente in autorevolezza.
Ma si tratta di dinamiche che i colossi dell’informazione stentano ancora ad interiorizzare. Sono innumerevoli gli editori che non colgono le potenzialità offerte dalla dispersione online delle notizie che producono, e che rifiutano l’opportunità di figurare in vetrine come Google News. Associated Press si serve di Attributor: individua i contenuti riusati, ma non li mette a frutto: si limita a brontolare e intimidire coloro che riciclano le news ed esercitano il proprio diritto al fair use.
Gaia Bottà