Non ci sarà nessuna differenza tra uomini e macchine nel 2029 : “Non sarà possibile entrare in una stanza e dire: Ok, umani a sinistra e macchine a destra . Sarà tutto mescolato: ci saranno esseri biologici con macchine elaboratrici nel cervello, e la parte sintetica potrebbe essere molto più complessa della porzione organica. Non ci sarà una distinzione chiara tra dove finiscono gli esseri umani o le intelligenze biologiche e dove iniziano quelle artificiali”.
Ray Kurzweil , futurologo che da tempo teorizza la nascita di una nuova specie con il contributo di umani e macchine, torna a parlare della sua visione del futuro della tecnologia: in una lunga intervista ribadisce la sua teoria della legge del ritorno accelerato , e la pone alla base del progresso e del miglioramento delle condizioni di vita dell’umanità nei prossimi vent’anni. È grazie alla tecnologia, all’avanzare degli studi in tutte le discipline a un ritmo sempre crescente, che entro pochi lustri la promessa di una vita allungata e di macchine coscienti diventerà realtà.
Basti pensare a quanto sta accadendo nel campo della genetica , e di come la conoscenza che gli scienziati stanno acquisendo del corpo umano, del suo metabolismo e della sua evoluzione stia cambiando grazie alle recenti scoperte. Se mille anni fa l’idea di trattenere nel corpo ogni singola caloria ingerita era appropriata per il regime di vita che conducevano i nostri antenati, oggi quella stessa scelta evoluzionistica causa un’epidemia di obesità: ma grazie al progresso siamo oggi in grado di modificare alcuni tratti genetici, di riprogrammare in un certo senso il metabolismo, e forse potremmo persino decidere di debellare per sempre questi e altri difetti dal patrimonio genetico dell’intera umanità.
Ma il progresso non si limita a far aumentare le potenzialità degli esseri viventi. Anche le macchine sono sempre più veloci, complesse, potenti: sempre nel 2029 – questa la stima di Kurzweil – potrebbe scattare l’ora X dell’autocoscienza dell’intelligenza artificiale . Non si tratterà di stabilire se il computer possederà uno spirito (“Abbiamo guardato nel cervello, l’abbiamo osservato in ogni singolo dettaglio: non abbiamo trovato niente che assomigliasse a un’anima”), quanto piuttosto di comprendere se all’aumento di complessità corrisponderà anche la presa di coscienza delle macchine.
All’inizio sarà difficile accettare che una nuova forma di vita nasca da una costola del genere umano: “Io stesso probabilmente non ci crederò” ammette Kurzweil. Ma la macchina, e le macchine che seguiranno la prima, affronteranno lo stesso percorso degli altri esseri senzienti sul Pianeta Terra, impareranno cosa sono le emozioni, riusciranno a padroneggiarle e alla fine si evolveranno anche oltre il limite raggiunto dai loro creatori . Oppure si fonderanno con loro, per dare vita a qualcosa di diverso e ancora superiore.
Certo la tecnologia, lo ammette anche Kurzweil, porta in dote dei rischi : “È un’arma a doppio taglio, Internet verrà usata per diffondere odio e consentire a gruppi distruttivi di organizzarsi. Ma credo si tratti di un aspetto minore, mi preoccuperebbe di più l’abuso della biotecnologia”. Proprio per questo, prosegue, occorre aprirsi alle novità: il rischio altrimenti è che queste tecniche di manipolazione si evolvano al di fuori di ogni controllo, che vengano impugnate unicamente da individui senza scrupoli pronti ad abusarne. Basterà creare appositi standard etici , e implementare le leggi giuste per farli rispettare, per far sì che tutto questo si trasformi in un vantaggio per l’umanità.
Solo così il futuro sarà davvero fatto di vite più lunghe, senza malattie, qualitativamente migliori: alla fine l’intelligenza artificiale sarà in grado di fare tutto quello che fanno oggi gli esseri biologici, e di farlo anche meglio e senza stancarsi. Ci sarà ancora spazio, allora, per il genere umano? “Molti dei lavori più retribuiti di oggi non esistevano 100 anni fa, oppure vengono pagati molto di più o sono più soddisfacenti. È un trend destinato a continuare, il lavoro si farà sempre più intellettuale. Già oggi circa la metà della popolazione contribuisce alla creazione e alla gestione delle informazioni – conclude Kurzweil – e nessuno di questi lavori esisteva 50 anni fa”.