Internet non è poi così male

Internet non è poi così male

Un nuovo studio contribuisce a smitizzare l'idea della Rete come ricettacolo di tutti i mali per la gioventù. Anzi, è il luogo ideale per apprendere le basi della comunicazione
Un nuovo studio contribuisce a smitizzare l'idea della Rete come ricettacolo di tutti i mali per la gioventù. Anzi, è il luogo ideale per apprendere le basi della comunicazione

Forse il web non è proprio un bosco oscuro abitato da lupi cattivi che traviano le giovani menti. Dopo lo studio del Berkman Center for Internet and Society sulla correlazione (inesistente) tra crimini sui minori e Internet arriva ora quello della MacArthur Foundation , che sdogana in un certo senso la tendenza ossessivo-compulsiva dei giovani statunitensi a essere “always-on”, con gli SMS, MySpace e tutte quelle attività sociali disponibili on-line.

Passare ore cullati dal social networking non è una perdita di tempo, sentenzia il responsabile dello studio “Living and Learning With New Media”, Mizuko Ito: “la partecipazione” dei giovani utenti alle reti in rete, dice Ito, “gli fornisce le skill tecnologiche e le abilità basilari di cui hanno bisogno per riuscire nel mondo contemporaneo. I ragazzi imparano come andare d’accordo con gli altri, come gestire un’identità pubblica, come creare una homepage”.

Altro che perdita di tempo o, peggio, potenziale veicolo d’incontro con le storture di un mondo degli adulti che dei nuovi media abusa; il web sociale, quello che tende a coinvolgere e a catalizzare l’attenzione dei più giovani è uno strumento importante per diventare grandi in un mondo che è e sarà sempre più innervato di tecnologia e connettività distribuite.

Lo studio, condotto tra l’estate del 2005 e quella del 2008, è focalizzato sulla descrizione dell’uso dei nuovi media tralasciandone gli eventuali effetti. Diversi team di ricercatori hanno intervistato 800 teenager e i rispettivi genitori, tenendo sotto osservazione le “usanze” telematiche dei primi per più di 5.000 ore.

Tra le caratteristiche più rilevanti individuate dallo studio vi è, come detto, la connessione continuata alle reti sociali . Quando i ragazzi sono a scuola c’è la loro pagina di MySpace a testimoniarne la presenza in rete, poi “non appena torno accasa accendo il mio computer” dice un ragazzo quindicenne che ha una pagina su MySpace già da 4 anni.

“Non è un’ossessione; è una necessità” taglia corto il giovane internauta che riceve messaggi sul cellulare quando qualcuno commenta il suo profilo su MySpace. Un’altra giovane netizen, questa volta di quattordici anni, aveva persino provato a tirarsi fuori da Internet ma c’è riuscita solo per una settimana . “Diventi dipendente, poi non puoi vivere senza” confessa la ragazza.

E se a 17 anni c’è chi comincia a esplorare il lato romantico di Internet per poi ritrovarsi, in taluni casi, coinvolto anche dal vivo, lo studio rivela che col passare del tempo i giovani netizen tendono a farsi venire il gusto della scoperta e dell’esplorazione , mollando un po’ la presa sui network sociali accentratori e surfando liberi per Internet alla ricerca di informazioni, acquisti e quant’altro. Un’attitudine alla libertà di pensiero e di scelta che “è meno appariscente in un contesto scolastico”, sentenziano i ricercatori.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
21 nov 2008
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