Compensare il calo delle inserzioni pubblicitarie chiedendo denari ai cittadini italiani . Questa la ricetta del vertice RAI per evitare il peggio. L’idea di Cappon e Petruccioli è quella di chiedere un adeguamento del Canone RAI che vada ben oltre l’inflazione.
“La raccolta pubblicitaria diminuisce – spiega Cappon – e non ha mai più raggiunto il livello che era stato raggiunto nel 2000. Quando negli anni precedenti cresceva del 10% rispetto all’anno prima”. Insieme a Petruccioli ha dichiarato anche che “il canone sarebbe insufficiente anche se il governo lo aumentasse di 1,5 euro all’anno. Anche per noi la lotta all’evasione è una priorità, si è pensato anche alla possibilità di legare il pagamento del canone a quello delle utenze elettriche”.
L’idea di collegare il pagamento del Canone RAI alle utenze elettriche non è nuova: lo stesso Petruccioli la insegue da anni , ritenendo che l’unico modo per contenere l’evasione del Canone sia appunto associarlo al pagamento di bollette “essenziali”. Il fatto che su cosa sia il Canone, o su chi lo debba pagare e perché, permanga a tutt’oggi una situazione di assoluto caos normativo e istituzionale al momento non sembra sfiorare né il mondo politico né i vertici di Viale Mazzini.
Più in generale, ciò che la RAI sconta è da un lato la contrazione finanziaria, che spinge ad una prudenza negli investimenti pubblicitari e soprattutto al rientro di budget da parte di una serie di industrie di primo piano, tra cui l’automotive, dall’altro però è anche la difficoltà di tenere il passo con il calo degli ascolti per gli eventi di punta del palinsesto radiotelevisivo, ascolti che valgono sempre meno in termini di ritorno pubblicitario, e non vale solo per la RAI. Tutto questo, è la tesi dell’azienda, deve essere a carico di chi deve, o vuole, o crede di dover pagare il canone.
A pesare ulteriormente, spiega Petruccioli , è anche il passaggio al DTT : per completare la transizione al digitale terrestre si dovranno spendere almeno 250 ma forse 280 milioni di euro. “Aggiungere alle difficoltà di mercato – ha sottolineato il presidente RAI – una ulteriore contrazione delle entrate di qualche decina di milioni di euro per mancato adeguamento del canone, potrebbe costituire per la RAI un colpo pesantissimo”. Il problema, dunque, non è soltanto adeguare il Canone all’inflazione, perché dichiaratamente non basta più, ma è costituito dal fatto che senza un adeguamento ulteriore allora non si potranno coprire i buchi. Buchi che, ci tiene a sottolineare invece Cappon, non sono in nessun modo ascrivibili ad errori nella gestione dell’azienda.
“Grazie agli interventi sulla spesa presi con grande tempestività – ha dichiarato Cappon – il bilancio 2008 nonostante il calo degli introiti pubblicitari degli ultimi tre mesi dovrebbe portare nelle casse RAI tra i 40 e i 50 milioni di euro in meno, dovrebbe chiudere con perdite contenute in 30-35 milioni di euro”. Cappon ha anche equiparato la RAI del canone RAI ad altre aziende italiane, sottolineando che “la RAI non ha debiti da 5 anni e non so quante aziende di questo Paese si trovino in un’analoga situazione di solidità”.
Sulle richieste di aumento a go-go del canone sono immediatamente intervenuti i consumatori, in primis naturalmente quelli di ADUC , l’Associazione che da anni sta portando avanti due campagne, una per abolire il canone e l’altra per capire che cosa sia. Secondo ADUC le dichiarazioni di Cappon e Petruccioli dimostrano ancora una volta che “non si vuole utilizzare” la soluzione, che c’è, dice ADUC, “ed è come il mitico uovo di Colombo”. ADUC si riferisce alle numerosissime imprese pubbliche e private che, pur possedendo un computer, non vengono invitate a pagare imposta di possesso. “Stiamo parlando – scrivono i consumatori – di mancati ricavi per oltre un miliardo di euro all’anno che, non solo coprirebbero i 200 milioni di sbilancio , ma consentirebbero, per esempio, di pagare i soliti altissimi cachet ad ulteriori ospiti famosi nei vari festival di Sanremo che la RAI organizza e diffonde nelle case dei milioni di contribuenti del servizio pubblico televisivo”.