Quando nel 1984 venne presentato il primo Mac, l’entusiasmo fu tale che l’anno successivo venne subito organizzato il primo Macworld Expo. Per vent’anni, la manifestazione organizzata dalla IDG si tenne a cadenze elevate, con due eventi negli USA (San Francisco a inizio anno e New York o Boston a metà anno) e una a Tokio (a febbraio). Per molti anni Apple ha partecipato a questi ed altri eventi (come l’Apple Expo di Parigi di fine estate, o altre manifestazioni minori) utilizzandoli come trampolini di lancio per la presentazione di nuovi prodotti.
Col passare degli anni le cose sono cambiate. Poco dopo il ritorno di Jobs, Apple decise di abbandonare progressivamente la sua partecipazione a queste manifestazioni. Qualcuna proseguì per qualche anno anche senza Apple, ma alla fine, vista la scarsa partecipazione delle terze parti, la maggior parte degli eventi chiuse i battenti: l’ultimo Expo di Tokio risale al 2002, e il Macworld americano del periodo estivo ha visto la sua ultima edizione nel 2005, dopo 2 anni di assenza di Apple. Anche l’unico evento europeo di una certa importanza, l’Apple Expo di Parigi, a partire dal prossimo anno non sarà più organizzato: l’ultima partecipazione ufficiale della casa di Cupertino risale al 2004.
Con queste premesse non dovrebbe sorprendere più di tanto che Apple abbia deciso, a partire dal prossimo anno, di abbandonare anche il Macworld di San Francisco. C’è chi dà la colpa all’attuale crisi economica mondiale o alla salute di Jobs (che quest’anno non terrà neppure il keynote di apertura), ma non dimentichiamo che altri grossi nomi del settore – come Adobe, Belkin, Seagate – hanno abbandonato la manifestazione già da quest’anno, senza che nessuno dei loro CEO avesse problemi di salute e senza particolari risentimenti della crisi (anche se è innegabile che partecipare a queste fiere implica degli investimenti di una certa consistenza, che in questo periodo di recessione economica potrebbero rivelarsi onerosi e poco redditizi).
Quali sono allora le vere motivazioni che possono spiegare questa decisione di Apple? A mio avviso il motivo principale è legato alle nuove dinamiche del mercato, molto diverse rispetto a quelle di 20 anni fa. Al giorno d’oggi avere degli eventi a scadenza fissa nel corso dei quali si attendono novità può diventare controproducente: c’è un sistematico calo di vendite legato all’attesa dei possibili nuovi prodotti, ancora più evidente negli ultimi anni grazie alla maggior attenzione del pubblico nei confronti di Apple.
La presentazione obbligata di “qualcosa” in corrispondenza dell’evento (e magari anche del “one more thing”) genera poi un inevitabile scontento in quella fascia di utenti che si aspettava “qualcos’altro”, senza considerare le ripercussioni borsistiche legate all’elevato hype generato dalle indiscrezioni, che solitamente trovano pochi riscontri nella realtà delle cose. Al di là di questo, il fatto di avere una data predestinata per mostrare al pubblico le novità, mette Apple a rischio di rilasciare un prodotto immaturo, oppure di annunciare un nuovo hardware senza darne la disponibilità immediata, con conseguente danno d’immagine.
Dopotutto Apple ha dimostrato più volte che se ha bisogno di un evento per presentare qualcosa di nuovo, è perfettamente in grado di crearselo, anche con brevi preavvisi: da diversi anni, pur non essendoci nessuna manifestazione ufficiale, Apple organizza a settembre un evento legato al mondo iPod/iTunes, evento volutamente distinto dall’Apple Expo parigino che si tiene nello stesso periodo.
Altri eventi sono stati poi creati ad hoc in occasione del lancio di nuovi prodotti, come nel caso del nuovo iMac presentato nell’agosto del 2007. Infine, ultimo ma non meno importante, a inizio estate si tiene l’ormai consueta WorldWide Developers Conference (WWDC) – la conferenza degli sviluppatori – unico evento fisso organizzato da Apple (il cui periodo si sovrapponeva con il Macworld di metà anno) e unico evento in cui Apple è libera di annunciare quello che vuole senza troppe preoccupazioni, visto che è un evento focalizzato sui temi dello sviluppo e non una fiera dei prodotti.
A completamento di quanto detto sopra, bisogna inoltre ricordare che se 20 anni fa i ritmi di aggiornamento potevano essere più blandi, e la gente aspettava fiere e manifestazioni per conoscere le novità del settore (magari con i dovuti ritardi della carta stampata) oggi ci sono notizie di nuovi prodotti a cadenza giornaliera, e grazie ad Internet è possibile raggiungere subito la quasi totalità degli utenti (o dei potenziai clienti).
Pur riconoscendo la validità di queste spiegazioni, tanto gli utenti quanto gli investitori non hanno accolto positivamente la notizia dell’abbandono del Macworld da parte di Apple, vuoi perché è stato eliminato un appuntamento abitudinario al quale tutti erano molto interessati, vuoi perché il pensiero vola inevitabilmente alla salute di Jobs, che nelle ultime apparizioni è apparso sempre più magro (e l’idea di una Apple senza Steve Jobs getta molte ombre sul futuro della società).
In ogni caso, nonostante la mancanza di Jobs, Apple dovrebbe riservare delle buone sorprese per questo suo ultimo Expo di gennaio: oltre al tanto atteso Snow Leopard (sul quale si è detto ancora molto poco, ma che potrebbe arrivare prima del previsto) pare che nell’ultimo aggiornamento di Mac OS X siano stati trovati chiari indizi di nuovi modelli di iMac e Mac mini con grafica Nvidia. Con queste tre novità in tasca – e magari qualcos’altro di inatteso – Phil Shiller ha la possibilità di chiudere in maniera onorevole le partecipazioni di Apple al Macworld, anche se qualcuno ha pensato ad una singolare protesta: il silenzio assoluto, da parte del pubblico, a qualsiasi novità presentata durante il keynote.
Domenico Galimberti
(Per contattare l’autore scrivere alla redazione )