Anima e scuote platee di pubblici, li spinge a fruire di musica e alimenta la passione per artisti emergenti e conosciuti: il dj è un ingranaggio fondamentale della catena del valore dell’industria musicale ma la legge sul diritto d’autore ancora non riconosce la sua posizione. E in alcune condizioni non esita a classificarlo come pirata: non può lavorare sul digitale se non con gli originali delle opere che acquista. Ma la strada di un cambiamento è stata imboccata, spiega a Punto Informatico l’avvocato Deborah De Angelis , presidente dell’associazione A-DJ , per conto della quale ha negoziato con la SIAE un sistema di licenze sperimentali ad uso e consumo dei disc jockey che non intendono rinunciare alla legalità.
Seleziona la musica e la combina con creatività e perizia, cavalca la propria intuizione e sprona brani a artisti nella galoppata verso il successo: se radio e discoteche, etichette e autori non esitano a riconoscere al dj una competenza professionale, nella legge sul diritto d’autore non vi è alcuna menzione della figura del disk jockey . E se il dj non può contare su un profilo giuridico che ne riconosca e tuteli i diritti che scaturiscono dalle routine professionali con cui opera, il profilo dei doveri a cui deve assolvere è chiaramente delineato dalla legge sul diritto d’autore. Si tratta degli stessi doveri a cui deve assolvere un qualsiasi fruitore di musica.
Fino all’avvento del digitale, la legge non sembrava ostacolare il ruolo del disk jockey: il dj si destreggiava con piatti e vinili, combinava il meglio della musica che gli veniva affidata da artisti ed etichette con i brani che selezionava personalmente, rimbalzava da un disco all’altro per intrattenere il pubblico. “Le discoteche devono richiedere alla SIAE la licenza per la concessione del diritto di pubblica esecuzione e pagare i relativi compensi” spiega a Punto Informatico l’avvocato De Angelis: il dj è autore di una esecuzione pubblica, la struttura dalla quale viene ingaggiato lo ricompensa per la prestazione che offre e si occupa di versare alla collecting society di competenza i compensi per retribuire per la pubblica esecuzione i titolari dei diritti dei brani che si avvicendano nel dj set.
Ora i vinili si sono smaterializzati in file, la musica può fluire da un supporto all’altro, è manipolabile con la mediazione di un computer. Con l’avvento del digitale e delle strumentazioni che operano sul digitale, il lavoro del dj si è semplificato: non è costretto a viaggiare con flight case monumentali, può effettuare delle copie lavoro riducendo il proprio repertorio a una manciata di CD o a un hard disk. Ma questa operazione, incoraggiata dalla volatilità, dall’immaterialità e dalla duttilità dei file musicali, non rientra nei diritti concessi al disk jockey. Retate e arresti , denunce e multe : i dj acquistano legalmente la musica sotto forma di file o inscatolata in supporti tradizionali o la ricevono da artisti che intendono promuovere la loro opera, selezionano i brani del repertorio che andranno a comporre il dj set e spesso li trasferiscono su dispositivi di archiviazione come i CD . Pratici da trasportare, adeguati ad essere suonati con le attuali console, sono supporti pirata .
Non basta che i dj retribuiscano i detentori dei diritti corrispondendo l’equo compenso applicato ai dispositivi di archiviazione che acquistano per riversarvi la musica, non basta che corrispondano all’autore il compenso che gli spetta acquistando l’opera che andranno a suonare e a promuovere. Il dj che intenda semplificare il proprio lavoro trasferendo su CD le opere che acquista o riceve viola l’ articolo 171 ter della legge sul diritto d’autore, riproduce abusivamente un’opera di cui si serve per offrire una prestazione lavorativa . Non si tratta dell’eccezione della copia privata, riservata a coloro che desiderino eseguire una copia di backup delle opere che possiedono e per cui hanno ricompensato i detentori dei diritti: “Anche se diverse sentenze di giudici penali – precisa l’avvocato De Angelis – hanno escluso l’elemento psicologico del dolo specifico, in quanto il lucro per il dj non discende direttamente dalla copia che fa dei supporti che poi esegue nel locale ma piuttosto dal cachet o dallo stipendio corrisposto dalla discoteca”, la legge sembrerebbe configurare un reato penale. Il dj si macchierebbe del reato di riproduzione illecita volta alla pubblica esecuzione e rischierebbe fino a tre anni di carcere e multe fino a 15mila euro per aver tratto guadagno economico dalla promozione di un’opera che ha legalmente acquistato e che ha diritto ad eseguire , ma solo in originale .
Si tratta di una situazione che da anni costringe i dj a trovare un equilibrio tra la legalità e le esigenze imprescindibili per il loro lavoro: non sono mancate le rivendicazioni , non sono mancate le offerte provocatorie di un nuovo mercato che sa interpretare l’attuale congiuntura e ha tentato di creare per i dj un corridoio agevole nell’intrico di burocrazia nel quale si sarebbero dovuti muovere. Ma il disk jockey che acquistasse i brani e volesse trasferirli su un supporto come un CD non avrebbe alcuno strumento per mettersi al riparo dalla legge: “Anche acquistando un brano su Beatport, che apre per i dj certe libertà – spiega a Punto Informatico il dj e produttore Piero Fidelfatti – bisogna in ogni caso sottostare alle leggi di ciascun paese”.
Per questo motivo i dj che vogliono assicurarsi di agire nella legalità non possono che inventarsi degli escamotage : ai dj che operano su copie lavoro e che lo contattano nel cuore della notte per chiedere consigli su come affrontare i controlli, Fidelfatti consiglia di conservare sempre l’originale da cui si effettuata la copia. Ma, ammette il dj, se l’originale può servire ad ammorbidire gli ispettori, i giudici o i PM, non consente di regolarizzare una posizione che la legge ancora non riconosce. Non mancano inoltre stratagemmi più ingegnosi: c’è chi fa richiesta all’ufficio DRM SIAE per la riproduzione in copia e per ottenere il contrassegno. Ma la licenza per la riproduzione meccanica, un costo minimo di 0,0437 euro a brano, e l’apposizione del bollino sono un escamotage che non consente al dj né di regolarizzare la propria posizione né di fruire della praticità del supporto CD: questo meccanismo, che pure dimostra come il dj faccia di tutto per affermare la propria professionalità e il proprio desiderio di rispettare la legge, lo obbligherebbe a trasferire un brano per CD e in ogni caso non lo autorizzerebbe a diffondere in pubblico i brani riversati su supporti diversi dall’originale. Fino a una manciata di giorni fa, per scegliere la praticità delle copie lavoro e operare fruendo di attrezzature tecnologicamente avanzate il dj sarebbe dunque stato costretto a violare la legge. Ma ora può disporre di una licenza che lo regolarizza nei confronti della SIAE , che gli consente di guadagnare in maniera immediata il diritto a trasferire su supporti diversi dall’originale la musica che acquista e a suonare le copie lavoro . La licenza è frutto di un processo di negoziazione che le associazioni di categoria, fra cui A-DJ, hanno condotto con la SIAE: i dj che scelgono di fruire della licenza si svincolano dall’originale senza infrangere la legge . Basta registrarsi ai servizi online della SIAE, compilare e inviare il contratto di licenza, e mettere mano al proprio repertorio.
Per un anno di licenza e copie lavoro per 2000 brani sono necessari 200 euro, 400 euro per 5000 brani e 600 euro per repertori da copiare che superano i 5000 brani. Il dj che sceglie di aderire deve prepararsi ad una massiccia opera di data entry: deve inserire i dati relativi a ciascun brano che intende copiare su qualsiasi supporto ed eseguire in pubblico, segnalare la fonte della registrazione, lo status commerciale dell’opera e le modalità con cui è stata acquisita, citare autori, interpreti e titolari di diritti connessi. Un’operazione da ripetere diligentemente per tutte le nuove opere per cui medita di effettuare copie lavoro. Una volta autocertificato il proprio repertorio, assicura l’avvocato De Angelis, il dj che sia in possesso degli originali ottenuti legalmente può affrontare senza timori eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine.
L’avvocato De Angelis spiega a Punto Informatico che, con la licenza, il dj acquisisce il diritto a eseguire una copia delle opere che acquista legalmente, una copia che possa essere utilizzata per essere eseguita in pubblico nel contesto di una esibizione . I compensi raccolti con le licenze? “Ancora non se ne è discusso – chiosa De Angelis – dovranno entrare prima i compensi e poi, quando saranno di entità tale da essere ripartiti, credo che si potrà farlo in modo analitico, considerato il sistema online della licenza dj che prevede l’indicazione di tutte le informazioni dei brani copiati “.
Procedure burocratiche snellite, nessun bollino, ma soprattutto la sicurezza di poter agire nella legalità. Le associazioni di categoria accolgono con entusiasmo l’avvio della sperimentazione e auspicano che si possa ottenere un riconoscimento anche sul fronte della collecting society che opera a favore dei titolari dei diritti connessi. Ad esprimersi con cautela sono invece alcuni degli addetti ai lavori: il disc jockey svolge un ruolo fondamentale nella promozione della musica, contribuisce al successo di artisti e industria e per svolgere al meglio il proprio lavoro si ritrova costretto a corrispondere ai detentori dei diritti una quota per eseguire delle copie che, con l’avvento del digitale, si svuotano di significato.
Anche dalla SIAE si sottolinea la significatività dell’avvio della licenza: “Nei momenti di crisi, è molto importante il lavoro dei dj di diffusione della musica – ha annunciato il presidente SIAE, Assumma – Questa licenza è un riconoscimento e una legittimazione della loro attività”. In un mercato di immaterialità si sarebbe potuto evitare di creare e di regolamentare la nuova fattispecie della copia lavoro? “Come produttore – chiarisce Fidelfatti, ricordando che in passato ha rilasciato opere che prevedevano la libertà dell’esecuzione in pubblico a favore dei dj professionisti – ciò che non mi sta bene è che i dj si scarichino da Emule musica coperta dai diritti d’autore da suonare nei locali”. “Non vediamo la licenza come una tassa ma come un bonus – propone Fidelfatti – se mi serve a darmi professionalità, ben venga”. L’avvento della licenza è un elemento fondamentale di un percorso che è tutt’altro che concluso: “Procediamo per gradi, si è mosso qualcosa, abbiamo potuto dire la nostra in SIAE – osserva Fidelfatti – cambiare la legge non è facile: si tratta di un passo avanti nel riconoscimento della professionalità del dj”.
a cura di Gaia Bottà