Il 2008 è stato un anno difficile, e le vendite soprattutto nel periodo natalizio sono state al di sotto delle attese (e delle speranze) dei negozianti. E c’è a chi è andata peggio che ad altri , come alla catena statunitense Circuit City che a causa del collasso degli ordini al dettaglio, si è vista costretta a dichiarare bancarotta: falliti anche i tentativi di vendita dell’ultimo minuto, con il sito di commercio online unico pezzo pregiato rimasto di quella che un tempo era un’attività fiorente.
A mettere in ginocchio Circuit City, che ora si accinge a chiudere gli oltre 500 punti vendita sparsi in tutti gli Stati Uniti e a mandare a casa oltre 30mila dipendenti , la politica di gestione dei magazzini: la merce veniva ordinata a credito, saldando i debiti solo al momento dell’effettiva vendita al consumatore del prodotto in questione. Venuti meno gli acquisti al dettaglio, dunque, sono venuti meno gli introiti e i debiti hanno iniziato a lievitare: sparito il credito bancario, a causa del recente tracollo finanziario, in breve si sono accumulati 2 miliardi di dollari di insolvenze a cui la società non può più fare fronte.
Il settore della vendita al dettaglio, ricorda Appleinsider , segue di appena due anni quello dell’analoga CompUSA: in quel caso la ristrutturazione fu drastica, tanto che oggi il marchio un tempo nazionale è presente in appena quattro stati dell’Unione. Per Circuit City non resta che sperare di ricavare abbastanza da una ventilata cessione del proprio sito di vendita online ( capace di un giro d’affari da un miliardo di dollari) per tentare di tenere in vita almeno una parte delle proprie attività. A restare in sella è ormai solo Best Buy , che a questo punto ha la possibilità di consolidare la sua posizione a scapito di quelle che un tempo erano dirette concorrenti, prestando tuttavia la massima attenzione alle sue prossime mosse.
Proprio in virtù di questa riscoperta filosofia del risparmio e del basso profilo, anche AMD ha annunciato nelle scorse ore di aver iniziato le procedure per licenziare quasi il 10 per cento della sua attuale forza lavoro , pari a circa 1.100 dipendenti. Questa nuova tornata di congedi segue altri due corposi assestamenti condotti dal chipmaker nel corso del 2008, già costati al personale dell’azienda di Sunnyvale qualcosa come poco meno di 2.300 esuberi. Una decisione che viene comunque definita dai manager come “Difficile, ma prudente”.
Al contempo, AMD ha comunicato anche di aver provveduto a tagliare i compensi di tutto il suo personale di vertice in percentuali comprese tra il 10 e il 20 per cento: una decisione evidentemente presa per dimostrare la buona volontà del management, ma che stride con la sospensione dei piani di accumulo previdenziale per tutto il personale e con gli aumenti contrattuali concessi ai top-executive alla fine del 2007 (quando la situazione finanziaria complessa di AMD era già iniziata). In ogni caso, dalla cima della piramide fanno sapere che queste iniziative “consentiranno di navigare al meglio tra le turbolente condizioni economico, consentendo di conservare la capacità di portare avanti la nostra roadmap tecnologica e ponendo AMD nella condizione di ottenere successi a lungo termine”.
L’arrancare di AMD è legato senz’altro alle difficoltà incontrate dai settori nei quali ripone il massimo delle sue aspettative di guadagno: nonostante i buoni risultati ottenuti nei test dall’ultima generazione delle sue schede grafiche, la flessione dei consumi non ha aiutato a tenere in nero i bilanci dell’ultimo trimestre (i cui risultati saranno comunicati comunque solo il prossimo 22 gennaio). Allo stesso modo, nel settore server le cose non vanno bene per nessuno, visto anche il taglio generale delle startup online. Nè le cose sarebbero potute andare diversamente se AMD avesse avuto, come da molti auspicato, un prodotto da contrapporre al Nano di VIA o all’Atom di Intel: quello dei netbook , piattaforma principe per queste architetture, è un settore poco remunerativo , con vendite senz’altro in crescita ma numeri complessivi ristretti e soprattutto margini talmente esigui da risultare un problema più che un vantaggio.
Le cose, comunque, non vanno bene anche per altre aziende che producono apparecchi o servizi ad alto contenuto di tecnologia. È il caso di Sony-Ericsson , che ha annunciato i propri risultati dell’anno fiscale 2008 che comprendono perdite per 73 milioni di euro con un numero di terminali venduti sceso sotto la soglia psicologica dei 100 milioni, con un valore medio della singola transazione in calo e con il conseguente urgente bisogno di allargare la propria presenza sul ricco mercato nordamericano magari anche grazie ad un cellulare basato su Android.
Le cose comunque non sembrano essere semplici neppure per la seconda classificata tra i vendor di cellulari. Anche Samsung ha annunciato nelle scorse ore una complessa ristrutturazione del suo assetto aziendale, legata ad un esteso rimpasto del proprio management . Da oggi in poi saranno due le divisioni del comparto elettronico del gigante sudcoreano ad operare sul mercato: la prima, denominata Device Solutions Division , si occuperà del ramo produttivo di hardware come memorie NAND e DRAM, sensori CMOS e pannelli LCD. La seconda, la Digital Media and Communications Division , si occuperà invece dei prodotti retail tra cui appunto i telefonini: una decisione pare legata al tentativo di massimizzare i profitti del marchio, anche a scapito dell’innovazione.
Luca Annunziata