Il 2029 si avvicina a grandi passi, e in attesa che si avverino le previsioni di Ray Kurzweil sull’uomo-macchina e la tecnologia auto-cosciente, la nanotecnologia sviluppa soluzioni potenzialmente in grado di rendere tali scenari qualcosa di molto più concreto di una trovata sci-fi cinematografica. Prendi il caso di Proteus , un nanomotore di nuova concezione che porta lo stesso nome del “sottomarino umano” di Fantastic Voyage ma è tutto fuorché fantascienza vintage.
Sviluppato presso la University of Monash in Australia da un team guidato dal professore associato James Friend, Proteus è la risposta alla difficoltà di miniaturizzare i motori elettrici convenzionali, che su scala millimetriche non sono in grado di fornire sufficiente energia ai dispositivi che dovrebbero almeno potersi spostare da un punto a un altro.
La tecnologia elettronica si è evoluta grandemente grazie alla miniaturizzazione, dice Friend, dando origine a “ogni sorta di sensori, LED, chip di memoria” e quant’altro. Storia del tutto diversa è quella dei motori, cambiati di poco rispetto a quanto “disponibile nel 1950” continua il ricercatore.
Proteus, che vorrebbe dare il via allo stesso avanzamento nanotecnologico che attualmente caratterizza i microchip ed gli altri apparati elettronici “statici”, è un motore che sfrutta la capacità dei materiali piezoelettrici (come i cristalli) di espandersi o contrarsi in risposta all’applicazione di un voltaggio, a cui il team di Friend ha applicato una struttura a spirale che permette al micro-dispositivo di sviluppare movimenti rotatori.
È lo stesso principio utilizzato dai batteri con strutture a flagello, che in risposta a una pressione applicata alla loro base producono una forma a elica che spinge i microrganismi all’interno dei fluidi organici dell’ospite. Il prototipo realizzato in Australia è largo un quarto di millimetro, non esattamente un batterio ma sufficiente per ipotizzarne l’impiego in scenari quali interventi chirurgici all’interno del corpo umano senza la necessità di incisioni di sorta.
La forza di Proteus è la semplicità del principio su cui si il dispositivo si basa, una semplicità che fa il paio con gli altri avanzamenti nel campo delle nanotecnologie applicate alla medicina come nel caso delle “micropinze” realizzate presso la Johns Hopkins University , uno strumento chirurgico dalle dimensioni di un granello di polvere in grado di sezionare selettivamente un piccolo gruppo di cellule una volta iniettato nel corpo del paziente.
Per completare la funzionalità di un tale dispositivo per micro-biopsie interne l’elemento mancante è appunto un motore in grado di direzionare l’apparato senza l’obbligo di controllo diretto da remoto, una lacuna che potrebbe essere già stata colmata grazie al lavoro di Friend e colleghi.
Alfonso Maruccia