Svezia, polizia addosso al P2P

Svezia, polizia addosso al P2P

Una proposta sta per essere consegnata al ministro della Giustizia locale: la polizia chiede più libertà di azione. Chiede di poter indagare anche sui condivisori che non rischiano il carcere
Una proposta sta per essere consegnata al ministro della Giustizia locale: la polizia chiede più libertà di azione. Chiede di poter indagare anche sui condivisori che non rischiano il carcere

Sulla Svezia, patria della Baia dei Pirati, si addensano nubi di apprensione. La polizia finora non poteva indagare su soggetti sospettati di essere coinvolti in piccoli traffici di file: si mormora che ora le forze dell’ordine abbiano formulato una richiesta per avere briglia sciolta nelle indagini condotte su condivisori ordinari.

La proposta dovrebbe finire presto nelle mani del ministro della Giustizia Beatrice Ask: fonti locali riportano come nel documento la polizia suggerisca di rivoluzionare i metodi di indagine . Finora la polizia si è occupata di indagare su casi di file sharing per cui si abbia il sospetto che un’eventuale condanna comporti almeno due anni di carcere. Ma è probabile che la polizia, subissata dalle richieste dell’industria dei contenuti, si senta investita della responsabilità di ottenere più libertà di indagine.

Le pressioni dei detentori dei diritti devono essersi fatte troppo insistenti per non tangere le autorità, l’industria dei contenuti sembra aver perseguito l’obiettivo che rincorre da anni lavorando ai fianchi le istituzioni con una incalzante opera di lobbying . Le forze dell’ordine vorrebbero poter inoltrare ai provider una richiesta per ottenere informazioni riguardo all’abbonato che si cela dietro ad un indirizzo IP, anche se questo netizen non è sospettato di aver commesso un illecito per cui è previsto il carcere.

Nel documento c’è inoltre spazio anche per le proposte di armonizzazione rispetto al quadro normativo europeo che regola la data retention: sulla scia della controversa legge Orwell , che regola il monitoraggio delle comunicazioni che si intessono fra la Svezia e l’estero, le forze dell’ordine suggeriscono al governo di sgombrare il campo dalle esitazioni e di concedere alla polizia la possibilità di monitorare email e telefonate che si scambiano i cittadini svedesi.

I dettagli stentano a trapelare, il report compilato dalle forze dell’ordine deve ancora essere reso pubblico. Ma i cittadini della rete svedese non esitano a commentare l’atteggiamento che il governo ha assunto nei confronti della condivisione online. Rick Falkvinge, a capo del Partito Pirata svedese, non ha dubbi : “non hanno idea di quello di cui stanno parlando e continuano a legiferare in materia”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
22 gen 2009
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