La frase che ripetono in molti è: prima o poi doveva accadere. Anzi, forse è quasi una sorpresa che fino ad oggi sia capitato un numero di volte che si conta – letteralmente – sulle dita di una mano. Con migliaia di satelliti in orbita (la cifra dovrebbe superare le 6mila unità), quasi 18mila detriti catalogati che si affollano sopra le nostre teste, quello avvenuto qualche ora fa è il primo serio incidente spaziale mai registrato. E curiosamente, manco fossimo ripiombati nella Guerra Fredda, ad essere entrati in collisione sono stati un satellite russo e uno statunitense .
Per sgombrare subito il campo da ogni possibile ipotesi complottista, va chiarito quanto segue: i due velivoli coinvolti erano entrambi destinati alle comunicazioni , e uno dei due era alla deriva da anni. Si trattava in un caso di un componente della costellazione Iridium , vale a dire l’azienda privata ex-costola di Motorola che fornisce cellulari satellitari in tutto il mondo a quasi 300mila clienti; nell’altro di un vecchio residuato russo di classe Kosmos , un satellite militare lanciato nel 1993 e andato fuori uso appena due anni più tardi.
Secondo quanto riferito, l’eccentrica orbita dell’Iridium – parte di una squadra di 66 satelliti – si sarebbe incrociata con quella incontrollata e imprevedibile del Kosmos. L’impatto sarebbe stato inevitabile e sarebbe avvenuto ad alta velocità, causando la distruzione completa dei due mezzi coinvolti. Il risultato sono due nuvole di detriti che si muovono in direzioni differenti (a causa dell’inerzia iniziale dei due corpi entrati in collisione), formate da un numero di oggetti grandi e piccoli non inferiore ai 500 pezzi.
Un bel problema, considerato che la massa dell’Iridium si aggirava sui 500 chilogrammi contro i quasi 1.000 del Kosmos. Alcune stime suggeriscono che, considerando anche le parti più piccole, il numero esatto di detriti potrebbe superare il migliaio. In alcuni casi si tratta di semplici particelle da un millimetro di lato (capaci comunque di danni notevoli, vista la velocità con la quale si spostano), in altri di frammenti più grossi. Gli attuali sistemi di rilevazione da Terra, gestiti dagli USA, aggiungeranno questi “nuovi arrivati” alla lista di circa 18mila oggetti più grandi di una pallina da tennis che vengono tenuti d’occhio regolarmente.
Chiarita la dinamica dell’incidente che non dovrebbe causare grossi problemi ad Iridium (l’azienda ha già annunciato di aver avviato le procedure di riposizionamento di un suo satellite di backup già in orbita per coprire la perdita, procedure che conta di completare oggi stesso), gli addetti ai lavori ora si concentrano sulle possibili conseguenze dell’evento. L’impatto è avvenuto circa a 800 chilometri di altezza sopra la Siberia, in una fascia altimetrica densamente popolata da velivoli: altri satelliti, commerciali e non, potrebbero subire conseguenze dirette da questo scontro, finendo prima o poi per incrociare le nuvole di detriti e riportare danni. In passato alcuni progetti prevedevano anche la presenza di materiale radioattivo a bordo.
Nella fascia di massima attenzione ricade pure l’orbita dell’ Hubble Space Telescope , il telescopio spaziale che da anni gli scienziati utilizzano per studiare le profondità dell’Universo. Nel caso la struttura subisse dei danni, visti i recenti sviluppi dell’economia mondiale e del budget della NASA, l’ente spaziale statunitense potrebbe anche decidere di abbandonare questo progetto. Al sicuro invece ci dovrebbero essere i satelliti geostazionari, che orbitano a poco meno di 36mila chilometri d’altezza e dunque ben lontani dal luogo dell’impatto.
Più complessa ma meno problematica la situazione della Stazione Spaziale Internazionale , che orbita a circa 350 chilometri di altezza. Sebbene si trovi ben al di sotto dell’altitudine occupata dai due satelliti distrutti, il rischio che venga prima o poi in contatto con i detriti esiste, sebbene sia piuttosto remoto: gli astronauti a bordo, due statunitensi e un russo, sono stati comunque già avvisati di quanto è accaduto, e la NASA ha già fatto sapere che, se dovesse essere necessario, l’ISS potrebbe compiere una manovra di aggiramento di eventuali detriti come già successo altre 8 volte in passato.
Nessuna novità, ha poi aggiunto NASA, per quanto riguarda il lancio dello Shuttle previsto per questo mese . Le rilevazioni fin qui effettuate per tracciare i nuovi e i vecchi detriti non dovrebbero intralciare il decollo del veicolo spaziale, ma l’ente si è comunque riservato la possibilità di riconsiderare la questione nelle prossime settimane. Secondo gli esperti, in ogni caso, il numero di detriti spaziali è cresciuto a tal punto da trasformare l’eventualità di un impatto catastrofico nella principale fonte di rischio di una missione: più di decollo e atterraggio.
Luca Annunziata